La storia scritta dalla politica
Con questo sesto scritto concludiamo la prima serie di analisi riguardanti lo stretto rapporto esistente tra storia e memoria e delle loro mistificazioni in questi anni inserite nell’agenda politica e che si inquadrano nella riscrittura di un passato che sta compromettendo un futuro libero.
Oggi che il vento soffia nelle vele della propaganda dei partiti nazionalisti e identitari e la narrazione storica sta pian piano sostituendo delle verità con il ricordo e la memoria, si cominciano già a vedere alcuni dei risultati di questo processo.
La sostituzione di verità storiche con la memoria o il ricordo, porta alla commemorazione di alcune vittime, decontestualizzando le loro morti dalle cause, mistificandone i numeri ed equiparando episodi di violenza da una parte pianificati a tavolino e dall’altra contingentati in uno scenario di guerra.
Perché si può essere uniti nel momento ultimo della morte ma ciò non può in alcun modo cancellare le responsabilità che si hanno avuto in vita.
Tutto ciò è funzionale e finalizzato a dimenticare e edulcorare ciò che è stato il ventennio fascista e intorbidendo la memoria perché certe dinamiche tipiche di quegli anni anche oggi si stanno riproponendo.
La riabilitazione di ciò che è stato il regime fascista, dei suoi crimini e responsabilità, si collega con un aspetto odierno: la sempre più costante presenza delle forze armate nelle nostre quotidianità.
Dalle serie televisive spuntate come funghi nei palinsesti televisivi i cui protagonisti sono poliziotti, carabinieri o militari, alla presenza dell’industria bellica nell’economia fino alla presenza nei luoghi deputati all’istruzione, per la loro formazione nelle università o per il loro proselitismo nelle scuole.
Una presenza sempre più assidua anche nei nostri paesi e che abbiamo riscontrato in 2 fatti accaduti nei mesi scorsi: la presenza di un generale degli alpini a Odolo a parlare delle missioni di “pace” neologismo per nascondere la realtà, un neocolonialismo finalizzato alla predazione e la giornata di tesseramento della sezione paracadutisti di Idro le cui parole d’ordine “dio patria e famiglia” sono state riprese dal cappellano militare nell’omelia.
Parole pesantissime, definite come valori inscindibili, presi in prestito dalla peggiore e più becera propaganda e retorica nazionalista del regime fascista.
E questa loro presenza è assolutamente collegata con la riscrittura della storia.
Basti pensare che la gente se solo qualche anno fa avesse visto i militari nelle università, nelle scuole o nelle fabbriche, avrebbe immediatamente pensato a qualcosa di molto preoccupante per la democrazia.
Ma come è collegata?
Lo sdoganamento del regime fascista è lo sdoganamento anche del suo sistema valoriale, basato sull’obbedienza, sulla de-responsabilizzazione e sulla creazione di una identità fatta escludendo il diverso, dove diverso assume svariate accezioni.
Si può essere diversi per provenienza, lingua o dialetto, etnia, religione, appartenenza politica o più semplicemente il diverso è chi non si omologa.
Valori che riteniamo in parte essere condivisi dal sistema militare.
Cancellare il proprio passato, riscrivere una storia dove i criminali diventano le vittime, dove le colpe diventano meriti pone le basi per la promozione di precise politiche e strategie.
Politiche e strategie fatte per la difesa degli interessi economici sia interni che esterni ai confini nazionali, interessi che devono essere militarmente difesi.
E un dato di fatto, non un’opinione, che la spesa militare italiana stimata al ribasso sia pari a 76 milioni di euro al giorno, 28 miliardi di euro all’anno, pari a quasi 2 manovre economiche.
E che la Nato vorrebbe che questa salisse fino a raggiungere il 2% del Pil (oggi siamo all’1,15%).
Ed è altrettanto noto che le politiche di quei partiti che quotidianamente vomitano odio contro il “diverso” di turno accusato di rubare soldi e futuro agli “italiani” assolutamente non si sognano di chiedere i soldi dove ci sono.
E parallelamente non è un caso la sovrapposizione degli stati dove è presente un contingente militare italiano e la presenza degli interessi economici dell’Eni sia pressoché totale, per l’esattezza all’85%.
L’esaltazione della nazione, dell’identità nazionale porta da un lato a giustificare e dare un senso all’occupazione militare di territori liberi come avviene per le missioni di pace o di peace keeping perché spesso un inglesismo garantisce più appeal, e dall’altro all’accettazione di una gerarchia e di una sorta di intoccabilità della divisa indipendentemente dai comportamenti adottati.
E di fatto queste sono solo alcune delle conseguenze della riscrittura ella storica, perché oggi dovremmo sapere cos’è stato il colonialismo e cosa una società militarizzata ha prodotto.
Interessi nazionali da difendere e mettere davanti all’interesse globale o meglio universale, a maggior ragione oggi che le dinamiche sono internazionali,ci fanno dimenticare quella che è la realtà: i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi.
E allo stesso tempo sono la base per creare un esercito di schiavi, di omicidi e di martiri, martiri che vengono acriticamente commemorati.
Oggi l’umanità libera ha bisogno di spirito critico e di una sana disobbedienza, di conoscere bene la storia non di quella che sta scrivendo oggi la politica.
Valsabbin* Refrattar*
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