Archive for the ‘Antimilitarismo’ Category

Il nemico alle porte

giovedì, Aprile 7th, 2022

Ad un mese e mezzo dell’inizio delle operazioni militari russe in Ucraina sono tante le sensazioni che ci pervadono e ci attraversano e tanta è la rabbia per questa guerra.

Sono stati e sono giorni concitati dove oltre al frastuono delle esplosioni prosegue incessante il bombardamento mediatico di notizie, dove diventa quasi impossibile scindere la realtà dalla finzione e dove la vita e la morte non sono altro che una fiction, una prima tv che ci deve aspetta di fronte al divano.

Ciò che emerso palese è la posizione dell’occidente che al primo squillar di trombe si è attruppato e indossato l’elmetto della propaganda, al grido di armatevi e partite, ha immediatamente appoggiato una linea belligerante e interventista a sostegno tout court di un paese, l’Ucraina, certamente invaso e che ben rappresenta la frontiera delle nuove “land of freedom”: ipernazionaliste e per certi versi reazionarie.

Un po’ di stupore, ma neanche troppo, abbiamo imparato bene a conoscere i nostrani democratici che proni alle indicazioni atlantiste non hanno nemmeno mostrato la solita faccia ipocrita che li contraddistingue e che li ha visti alla meglio girare il viso di fronte ai peggiori massacri in giro per il mondo quando al peggio pure sostenere; la ragion di stato è chiara fin da subito: la pace “non s’ha da fare”.

L’abbiamo conosciuta, affrontata e contrastata in questi anni la loro doppia morale, dove la ratio economica ha sempre avuto il sopravvento rispetto a tutto ed oggi, in prima linea anzi in trincea vediamo gli esponenti di quel partito che porta proprio nel nome la parola democrazia.

In trincea forse no, in fureria come citava Sordi parlando dei romani nello straordinario film di Monicelli “La Grande Guerra” e che sarebbe da rivedere, ma sicuramente all’avanguardia della svolta azionista.

Non è un caso che esponenti di spicco di questo partito oggi ricoprano posizioni chiave in quegli asset definiti strategici del comparto difesa, utilizzando l’ennesimo neologismo che vuole mascherare ciò che in realtà è: l’industria bellica.

Alcuni nomi: Marco Minniti, una vita da democratico, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri (governo D’Alema I e II) e ministro dell’interno del Governo Gentiloni ieri firmatario della legge che istituiva dei lager per migranti in Liba e oggi presidente della Fondazione Med-Or, fondazione che tratta con i principali regimi dal golfo persico al Marocco.

Nicola Latorre prima nei democratici di sinistra poi Ulivo e infine partito democratico, oggi direttore generale di Agenzia industria difesa, Fausto Recchia amministratore delegato di Difesa Servizi ed infine Alessandro Profumo Amministratore delegato di Leonardo Finmeccanica azienda con un fatturato da 13 miliardi attiva nella produzione di cacciabombardieri ed elicotteri pesanti, corvette, navi d’assalto e sottomarini, missili aria-terra e anti-nave, cannoni e mitragliatori e sistemi radar giusto per citarne alcuni.

Sono solo alcuni esempi, forse i più eclatanti, tanto da farci però sorgere il sospetto che questi sinceri democratici stiano appoggiando questa narrazione bellicosa non tanto, o meglio non solo, per supposti principi di internazionalismo e/o solidarietà dei popoli ma per i peggiori fini economici.

Va sottolineato poi come il 18 marzo scorso la camera con 367 voti a favore, 25 contro abbia votato per l’invio di armi in Ucraina e come il governo dei migliori stia cercando di imporre l’aumento della spesa militare al 2% del Pil, ossia da 25 a 38 miliardi; una mostruosità che in tempi di emergenza sanitaria rappresenta uno schiaffo in faccia alle bare di Bergamo e ai morti e alle politiche discriminatorie e illiberali promosse.

E se il pesce puzza dalla testa ci chiediamo come sia messo il resto del corpo, la base di questi partiti, che di fronte a questo scempio, a questo pacifismo di facciata, a questo interventismo acritico e interessato, allo stigma dato al nemico di turno, non alzi una voce forte e chiara contro la guerra, qualsiasi essa sia, e contro l’industria bellica che sta, lentamente come un cancro, uccidendo le nostre libertà.

Negli anni abbiamo potuto constatare come tutti quei valori, per loro democratici, siano pian piano stati sostituiti dall’unica cosa importante per questi politici, la gestione del potere a scapito proprio di quei principi dove il whatever it takes, a qualsiasi costo, non è orientato alla tutela dei propri ideali e della propria integrità ma alla difesa dei propri privilegi.

Il nemico è rappresentato oggi da chi finanzia l’industria bellica, da chi la dirige, da chi falsamente propugna ideali di pace seminando guerra e da chi difronte a tutto questo scempio tace.

Il nemico è alle porte, non dimentichiamolo.

Valsabbin* Refrattar*

 

Vaccino e moschetto, democratico perfetto!

giovedì, Marzo 24th, 2022

Dell’attitudine terribilmente reazionaria dei cosiddetti democratici ne abbiamo parlato in numerosi scritti pubblicati su questo blog che spaziavano dalla questione memorialistica dalla prima guerra mondiale, passando per la Resistenza arrivando poi alla questione confine orientale ma anche a quella della gestione “pandemica” e che li ha sempre visti come avanguardie della repressione e della falsificazione storica.

In questi giorni i novelli istituti “Lvce”, i mezzi di informazione del regime democratico, solo per un soffio sono riusciti ad allinearsi alla nuova narrazione belligerante che spezzando le reni al racconto pandemico ha in brevissimo recuperato il terreno che pareva perso e a reti unificate ha dichiarato la nuova guerra che questa disgraziata terra si sta trovando a combattere.

E dopo la battaglia al covid, col petto gonfio, il perfetto democratico dopo avere sostenuto leggi emergenziali, isolamento, segregazione sociale e un lasciapassare che di sanitario ha ben poco tant’è che tuttora è lontano dall’essere tolto, in nome della sicurezza e di una presunta libertà, ha tolto il cerotto dal braccio punturato ha indossato l’elmetto e imbracciato il fucile.

Il parlamento contro oltre ogni sua legge, contro pure la costituzione più bella del mondo, la stessa che viene utilizzata o evocata come un magico talismano o una taumaturgica reliquia ad uso e consumo del caso, di fronte alle operazioni russe (esecrabili come ogni guerra d’invasione) ha votato a spron battuto l’invio di armi in Ucraina e senza un minimo dibattito o discussione ha aumentato la spese militare che sarà pari al 2% del Pil, pari a circa 36 miliardi l’anno.

E senza porsi nemmeno una domanda completamente refrattari ad una analisi che considerasse non diciamo l’ultimo secolo ma almeno gli ultimi otto anni questi ipocriti democratici hanno così mostrato il loro essere pacifisti a corrente alternata.

E così da noti democratici abbiamo sentito stigmatizzare chi non si sia allineato a questa narrazione e a questa svolta guerrafondaia tacciandoli come pericolosi disertori, con l’accezione tipica di chi la diserzione non l’ha mai accettata e la guerra, l’idea militarista della società, in fin dei conti l’ha sempre sostenuta.

Il grande varietà bellico si è completato pochi giorni fa con la diretta alla camera del presidente ucraino accolto, ascoltato e omaggiato con 92 minuti di applausi. Peggio è andata a quei mostri, immediatamente sbattuti in prima pagina, che hanno avuto la sola colpa di declinare l’invito di applaudire a reti unificate e non hanno partecipato all’imperdibile show.

Oggi ci troviamo ad affrontare un’economia di guerra fatta di razionamenti, dell’ennesimo stato di emergenza militare che così può giustificare qualsiasi abominio e di un invio di armi forse prologo all’invio di truppe e manna per le aziende armiere principali contribuenti al Pil nazionale, in parte grazie all’assenza di un movimento per la pace che nel ‘900 ci ha contraddistinto e che dobbiamo con forza ricostruire e grazie all’ipocrisia dell’intero arco parlamentare che della pace poco importa e che sa quanto la guerra, all’economia occidentale malata terminale, faccia bene.

Ma il democratico queste cose non le vuole sapere.

Putin oggi è il nemico su cui concentrare i quotidiani 2 minuti di odio, indossando l’elmetto della propaganda resistente a qualsiasi dubbio e imbracciando le armi spuntate del vaccino e del moschetto che per questo democratico perfetto, sempre in prima linea a combattere il nemico di turno, rappresentano l’immunizzazione dalla più terribile delle malattie che lo può affliggere: la Libertà.

Lunga vita ai disertori, ai sabotatori e a chi della guerra non ne vuole sentire parlare e che della pace ne fa una ragione di vita.

Fecce tricolori

giovedì, Giugno 17th, 2021

Lo scorso mercoledì abbiamo assistito allo spettacolo che solitamente si compie annualmente ai primi giorni di maggio e che in questo secondo anno dal Covid è stato posticipato, la partenza della Mille Miglia, evento tra i più attesi nel capoluogo bresciano.

Quest’anno la kermesse è stata anticipata dal passaggio delle frecce tricolori che con lo loro volo hanno benedetto l’avvio di questa anacronistica competizione.

Così col naso all’insù ammantati dalla scia colorata di questi velivoli abbiamo potuto assistere a come nonostante tutto e nonostante i morti anche in questa occasione si sia scelto di destinare dei soldi a questo spettacolo da corea del nord anziché ad affrontare e chissà mai risolvere i problemi contingenti.

Travolti dal loro rombo abbiamo apprezzato l’uso in-civile di quei mezzi creati per seminare morte; sopra le nostre teste sono passati ospedali, medici, infermieri, lavoro e vita, con gli stessi aerei, ma verniciati con un diverso colore, che sono progettati per abbatterli e distruggerli nelle guerre neo-coloniali, oggi chiamate missioni di pace, dove l’Italia è coinvolta. Nella scia colorata abbiamo visto le decine e decine di migliaia di euro spesi per l’edizione e i milioni di euro per il progetto Pan, pattuglia acrobatica nazionale che così hanno fatto la loro trionfale sfilata in una delle città che avuto le peggiori conseguente da questo periodo più o meno pandemico.

Uno spettacolo indecente, l’ennesima prova di forza e di desiderio di affermazione di un’identità nazionale inesistente imposta grazie alle guerre coloniali di invasione e agli omicidi di massa del periodo risorgimentale e della prima guerra mondiale che oggi viene rinfocolata grazie a questo avanspettacolo da cinegiornale luce.

L’unità nazionale sotto la cui egida siamo chiamati oggi a fare la nostra parte e sotto cui ogni spirito critico è costretto al silenzio.

In questo periodo di crisi e tensioni sociali non possiamo che concludere parafrasando la celebre frase attribuita a Maria Antonietta: “Se non hanno più pane che mangino le brioches”; e se per lei al popolo affamato dovevano essere dati dei croissant oggi al popolo malato devono essere somministrate le frecce tricolori, non certo come antidoto ma come concausa perfetta della peggiore malattia dei nostri tempi: il nazionalismo.

Valsabbin* Refrattar*

 

Nella foto un pilota della Royal Saudi Air Force accusata di crimini di guerra per i bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile in Yemen e ospite di riguardo dell’annuale Air Show delle Frecce Tricolori svoltosi il 5 e 6 settembre 2015 a Rivolto.

 

Ma chi c’era?

sabato, Novembre 14th, 2020

Pochi giorni fa, esattamente il 4 novembre, anniversario dell’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti che mise fine al bagno di sangue della prima guerra mondiale, abbiamo potuto leggere la lettera destinata agli studenti delle Marche scritta di pugno da Marco Ugo Filisetti direttore generale dell’ufficio scolastico regionale. Il messaggio, riportato di seguito, vuole ricordare le vittime della Grande Guerra.

In questo giorno il reverente pensiero va a tutti i figli d’Italia che dettero la vita per la Patria, una gioventù che andò al fronte e la vi rimase. Una gioventù lontana dai prudenti, dai pavidi, coloro che scendono in strada a cose fatte per dire: “io c’ero”.

Giovani che vollero essere altro, non con le declamazioni, ma con le opere, con l’esempio consapevoli che Un uomo è vero uomo se è martire delle sue idee. Non solo le confessa e le professa, ma le attesta, le prova e le realizza’.

Combatterono per dare un senso alla vita, alla vita di tutti, comunque essi la pensino.

Per questo quello che siamo e saremo lo dobbiamo anche a Loro e per questo ricordando i loro nomi sentiamo rispondere, come nelle trincee della Grande Guerra all’appello serale del comandante: presente!”

Difficile scrivere cose peggiori in 11 righe scarse, una macedonia patriottica che al di là dei toni nostalgici e del termine “presente!”, tanto caro alle destre, concentra falsità e letture storiche virulente. Ma chi c’era?

Quello che oggi sappiamo, che abbiamo letto e studiato e che abbiamo potuto apprendere dalle cronache di allora sfuggite alla censura, riporta delle devastanti condizioni di vita nelle trincee, dell’abitudine alla morte che spesso portò a episodi di autolesionismo, dei soprusi e delle decimazioni e dei giovani figli d’Italia, tanto cari alla patria, mandati al massacro senza il minimo rispetto per la loro vita.

Parla di carriere militari e politiche fatte sui cadaveri.

Parla delle diserzioni di massa dei contadini del sud che tornati a casa per dei periodi di licenza si resero irreperibili rifiutandosi di tornare al fronte e che furono ripresi dai carabinieri armi in mano.

Parla di un sistema brutale e verticistico, militarista, di licenze sospese per una serie infinita futili motivi e di un sistema sanzionatorio pervasivo; si stima, ma purtroppo il dato non è ancora certo e definitivo, che ci furono almeno 350mila processi, 170mila condanne e oltre 4mila a morte.

Sì, loro c’erano davvero.

Parla anche dei cosiddetti patrioti redenti, dei volontari trentini che combatterono volontari con il regio esercito italiano nel Battaglione Volontari Trentini; un grandioso contingente di 800 uomini tra l’altro mai distintosi in nulla. Altro che eroi della quarta guerra risorgimentale.

E la retorica, racchiusa nelle 11 righe scarse lette sopra, mira a cancellare nella memoria tutte queste violenze, privazioni, soprusi e forse verità, e lo fa per un presunto bene superiore: l’unità nazionale.

E non è un caso che l’anniversario del 4 novembre sia stato istituzionalizzato nella “Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate”, a dettare l’assoluto e indissolubile binomio stato-gendarme. Senza uno l’altro non può esistere.

Lo stato che per sostenersi infiltra i propri gendarmi nelle scuole per imporre la cultura militarista e la sua agenda retorica.

È triste constatare come nei piani di studio delle scuole medie superiori il ‘900 venga già difficilmente trattato e quando viene approfondito sia spesso letto con gli occhi velati dalla congiuntivite politica. Possiamo ben immaginare come il disegno sia chiaro e volto a forgiare nuove generazioni di soldati ubbidienti, pronti a sacrificare la propria vita o la propria libertà per lo stato, che di nuovi figli pronti per il massacro ne ha sempre bisogno.

C’è chi di fronte alle parole di Filisetti chiede le sue dimissioni, chi si indigna, chi fa appelli.

Il sentimento di schifo, di rabbia e d’odio oggi come allora sono immutati, altro che eroismo viva i disertori, sabotatori, i renitenti, tutti quelli che la guerra e l’ignoranza l’hanno odiata e combattuta.

Loro sì che sentiamo presenti nelle nostre quotidianità.

Pernice Nera

70 Milioni al giorno

giovedì, Novembre 5th, 2020

70 milioni non è l’incredibile numero di notizie sul coronavirus con cui siamo continuamente bombardati, ma sono gli euro quotidiani della spesa militare italiana.

Dei circa 25,5 miliardi annui che lo stato italiano dedica alle armi nel suo bilancio, 15 miliardi circa vanno per l’acquisto dei caccia F35, 6 miliardi per le fregate FREMM (nomen omen) non certo strumenti di pace o per portare aiuti umanitari, ma per bombardare distruggere e uccidere e circa 7 miliardi è la spesa dedicata agli armamenti leggeri e ai mezzi blindati con aziende come Iveco, Fincantieri e Leonardo tra i principali beneficiari.

Vanno alle 36 missioni militari all’estero, con migliaia di militari a difesa degli interessi economici delle grandi corporation, una su tutte l’Eni. La sovrapposizione tra gli stati dove sono attive delle missioni militari italiane e gli interessi dell’Eni è quasi totale. Vanno a finanziare milizie pubbliche a protezione di interessi privati, situazione emersa alle cronache con la vicenda dei marò.

Lo scorso marzo, in pieno clima virus, col decreto “Cura Italia” il governo ha stanziato 25 miliardi di misure economiche straordinarie per rispondere all’emergenza sanitaria. Stesso importo del bilancio annuale per la Difesa.

Il parallelo è inclemente, senza le spese militari avremmo potuto avere strutture, attrezzature, personale, insomma salute e molte vite in più.

Quanti soldi vengono gettati, quanti ospedali vale una freccia tricolore, quelle passate sopra la testa di Mattarella proprio ieri 4 novembre, feste delle forze armate?

E se già questo aspetto dovrebbe indignarci, a rendere ancora più indigeribile la pillola c’è la Nato che nonostante tutto tira dritto e pretende che venga investito il 2% del Pil nazionale nelle spese militari.

Ma questa analisi non vuole limitarsi alla mera questione economica.

Vogliamo evidenziare come i conflitti sociali ed economici latenti, si badi bene non più chiamati guerre perché è un termine non più politicamente corretto, stiano emergendo sempre più con veemenza e la contrapposizione e frattura tra chi sta in alto e comanda e chi sta in basso è sempre più ampia.

Nel momento in cui, con le ultime crisi economiche e il virus, la ricchezza globale è sempre più concentrata nelle mani di pochi, è naturale pensare come l’insistere sulla spesa militare sia finalizzata alla difesa non di fantomatici confini ma di quelle posizioni di privilegio e di potere affermatesi in questo sistema capitalista.

A questo aggiungiamo che le anamnesi mediche che vanno oltre il quadro clinico e che indagano anche gli aspetti sociali dei pazienti ci indicano chiaramente come le fasce sociali a bassa scolarizzazione, a rischio povertà o povere e che vivono in ambienti di periferia o degradati siano più colpite dalle malattie e anche da questo virus

Parallelamente queste fasce sociali sono quelle che di fronte a queste ingiustizie sono scese in piazza a gridare lo sdegno e sono state colpite molto duramente per avere messo in discussione lo stato attuale delle cose.

E alla faccia anche dei richiami alla pacificazione e alla responsabilità questo non è più il tempo per stare chiusi in casa aspettando che anche questa crisi passi, muti, miti e isolati.

Ci stanno dividendo e schiacciando e stanno raffinando sempre di più i sistemi di controllo ma soprattutto si stanno armando, stanno infiltrando la società con la cultura militarista, dalle scuole alle fabbriche e stanno mettendo in essere tutta una serie di azioni per reprimere i fermenti sociali che stanno ribollendo e che non hanno ancora trovato una direzione univoca.

Si vis pacem, para bellum se vuoi la pace, prepara la guerra è una locuzione latina di 1500 anni fa. E se della loro pace non sappiamo che farcene della loro guerra dobbiamo ben guardarcene, perché siamo noi i nemici.

Lo siamo nella misura in cui repressione, soldi, guerra-conflitti sociali e salute sono argomenti assolutamente collegati, perché la guerra si fa con chi non è allineato al pensiero unico e si prepara con tanti, tanti soldi, gli stessi che mancano nel sistema sanitario e nelle nostre vite ma che in fondo sappiamo bene esistere.

Basta solo prenderli o pretenderli.

Valsabbin* Refrattar*

 

Fonti consultate per questo articolo:

Rete italiana per il Disarmo

Osservatorio Mil€x

Fondazione Gimbe