Ma chi c’era?

Pochi giorni fa, esattamente il 4 novembre, anniversario dell’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti che mise fine al bagno di sangue della prima guerra mondiale, abbiamo potuto leggere la lettera destinata agli studenti delle Marche scritta di pugno da Marco Ugo Filisetti direttore generale dell’ufficio scolastico regionale. Il messaggio, riportato di seguito, vuole ricordare le vittime della Grande Guerra.

In questo giorno il reverente pensiero va a tutti i figli d’Italia che dettero la vita per la Patria, una gioventù che andò al fronte e la vi rimase. Una gioventù lontana dai prudenti, dai pavidi, coloro che scendono in strada a cose fatte per dire: “io c’ero”.

Giovani che vollero essere altro, non con le declamazioni, ma con le opere, con l’esempio consapevoli che Un uomo è vero uomo se è martire delle sue idee. Non solo le confessa e le professa, ma le attesta, le prova e le realizza’.

Combatterono per dare un senso alla vita, alla vita di tutti, comunque essi la pensino.

Per questo quello che siamo e saremo lo dobbiamo anche a Loro e per questo ricordando i loro nomi sentiamo rispondere, come nelle trincee della Grande Guerra all’appello serale del comandante: presente!”

Difficile scrivere cose peggiori in 11 righe scarse, una macedonia patriottica che al di là dei toni nostalgici e del termine “presente!”, tanto caro alle destre, concentra falsità e letture storiche virulente. Ma chi c’era?

Quello che oggi sappiamo, che abbiamo letto e studiato e che abbiamo potuto apprendere dalle cronache di allora sfuggite alla censura, riporta delle devastanti condizioni di vita nelle trincee, dell’abitudine alla morte che spesso portò a episodi di autolesionismo, dei soprusi e delle decimazioni e dei giovani figli d’Italia, tanto cari alla patria, mandati al massacro senza il minimo rispetto per la loro vita.

Parla di carriere militari e politiche fatte sui cadaveri.

Parla delle diserzioni di massa dei contadini del sud che tornati a casa per dei periodi di licenza si resero irreperibili rifiutandosi di tornare al fronte e che furono ripresi dai carabinieri armi in mano.

Parla di un sistema brutale e verticistico, militarista, di licenze sospese per una serie infinita futili motivi e di un sistema sanzionatorio pervasivo; si stima, ma purtroppo il dato non è ancora certo e definitivo, che ci furono almeno 350mila processi, 170mila condanne e oltre 4mila a morte.

Sì, loro c’erano davvero.

Parla anche dei cosiddetti patrioti redenti, dei volontari trentini che combatterono volontari con il regio esercito italiano nel Battaglione Volontari Trentini; un grandioso contingente di 800 uomini tra l’altro mai distintosi in nulla. Altro che eroi della quarta guerra risorgimentale.

E la retorica, racchiusa nelle 11 righe scarse lette sopra, mira a cancellare nella memoria tutte queste violenze, privazioni, soprusi e forse verità, e lo fa per un presunto bene superiore: l’unità nazionale.

E non è un caso che l’anniversario del 4 novembre sia stato istituzionalizzato nella “Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate”, a dettare l’assoluto e indissolubile binomio stato-gendarme. Senza uno l’altro non può esistere.

Lo stato che per sostenersi infiltra i propri gendarmi nelle scuole per imporre la cultura militarista e la sua agenda retorica.

È triste constatare come nei piani di studio delle scuole medie superiori il ‘900 venga già difficilmente trattato e quando viene approfondito sia spesso letto con gli occhi velati dalla congiuntivite politica. Possiamo ben immaginare come il disegno sia chiaro e volto a forgiare nuove generazioni di soldati ubbidienti, pronti a sacrificare la propria vita o la propria libertà per lo stato, che di nuovi figli pronti per il massacro ne ha sempre bisogno.

C’è chi di fronte alle parole di Filisetti chiede le sue dimissioni, chi si indigna, chi fa appelli.

Il sentimento di schifo, di rabbia e d’odio oggi come allora sono immutati, altro che eroismo viva i disertori, sabotatori, i renitenti, tutti quelli che la guerra e l’ignoranza l’hanno odiata e combattuta.

Loro sì che sentiamo presenti nelle nostre quotidianità.

Pernice Nera

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