Archive for Gennaio, 2023

Legalità e Legittimità, il sinistro lato della sinistra

martedì, Gennaio 31st, 2023

Questo scritto vuole fornire un’analisi su quel pensiero di sinistra legato alla retorica costituzionalista e incarnato perfettamente dal Pd. Un percorso che dalle origini all’attualità è sempre più cambiato, diventando a tratti più conservatore della destra. Ora con l’emergere della critica, sollevata da Cospito, al 41bis nel discorso pubblico, questa degenerazione si vede sempre più chiaramente.

A fronte della sproporzione della pena, che nemmeno per gli autori materiali dell’attentato di Capaci è stato formulato questo capo d’accusa, pochissime sono state le voci critiche che si sono levate, al di fuori della galassia anarchica.

Ed è nell’assenza totale di critica da parte della sinistra istituzionale che si è evidenziata questa deriva.

Le origini della sinistra erano radicate nelle lotte sociali che vedevano nella legalità del tempo una fonte di ingiustizia e quindi non la ritenevano legittima, quantomeno in alcuni aspetti; basti pensare alle lotte per la casa e la terra, al concetto di potere oppressione e libertà e a tutti quei temi sociali che hanno alimentato diverse lotte a partire dalle origini dell’era moderna e contemporanea. Quello di sinistra era un pensiero critico caratterizzato da una tensione verso l’ordine stabilito legalmente.

Col tempo questo approccio è cambiato, man mano che da lotta diretta si è trasformata in ricerca del potere istituzionale tramite le delega. La difesa dello stato (prima visto con sospetto in odore di fascio) si è fatta lampante già nel caso di Tangentopoli e da Berlusconi in poi si è visto anche con l’emergenza Covid, nell’invocare repressione per chi non seguiva i dettami statali.

Si è iniziato da lì ad invocare le manette per gli avversari politici anziché la libertà per i “compagni”.

Unico argomento della sinistra istituzionale: difendere le leggi e chi le applica, con l’ipocrita benedizione della frase: “nate dalla resistenza”.

Quindi quello che è successo negli anni è che il focus della sinistra, che prima era centrato sulle condizioni sociali che stanno all’origine di certi comportamenti, è passato ad essere quello del rispetto assoluto dell’ordine stabilito, riconoscendo come legittima solo l’azione prevista dalla legge.

Che cos’è il dissenso se non si può separare il concetto di legalità da quello di legittimità? Quanta forza toglie alla possibilità di opporsi nelle lotte sociali questo pensiero?

Il cambiamento sociale ridotto ai modi previsti dalla legge, lo insegna la storia, svuota di legittimità l’azione e i movimenti, portando come conseguenza il mantenimento dello status quo e l’affermazione dell’autoritarismo nella società. Lo stato diventa autoreferenziale.

Ieri come oggi i ricchi hanno in mano il potere politico e statale, mentre le genti la capacità di opporsi inceppando il normale scorrere del tempo riappropriandosi della spontanea capacità di agire e organizzarsi. se questa possibilità viene tolta, con l’aumento della repressione e la retorica della fiducia totale nello stato, la tirannide ne è il risultato.

I rappresentati delle classi subalterne sono piacevolmente incastrati nel meccanismo lobbistico democratico e le loro genti, votando, credono di essere esse stesse attrici del potere politico statale. Senza vedersi in contrapposizione al potere perdono ogni “possibilità contrattuale” perché si credono fautori dello stesso.

Questa sinistra si aggrappa alla costituzione, rivendicandola come Stalin fece con la Rivoluzione d’ottobre, per poter alzarsi moralmente sulla sua controparte di destra, in una sfida a chi è più ligio all’ordine dell’altro. Trasformando il “giogo democratico” in una corsa verso lo stato di polizia.

E se una azienda fa migliaia di vittime queste poco valgono se era tutto a norma di legge, mentre se uno gambizza un lobbista responsabile di un possibile ritorno del nucleare dopo l’ennesima catastrofe nucleare (vedi Fukushima) è un abominio per cui la motivazione non merita nemmeno di essere presa in considerazione. Sale un atteggiamento di indignazione compiacente del sistema repressivo, democratico, che trasforma la sinistra nel primo giudice, di ciò che lei stessa era.

Forse manca il coraggio di capire da che parte stare, aldilà dell’ordine costituito. Manca forse quella lucidità nell’opinione pubblica democratica, come nei loro rappresentanti, che permette di capire cosa significhi il monopolio della violenza e riconoscere e dove sta la violenza nella società.

Se in un fiume in piena o negli argini che lo costringono.

Non stupisce quindi che un regime carcerario finalizzato a annichilire qualsiasi pulsione umana, considerato tortura anche da organismi internazionali, venga considerato democraticamente valido se non addirittura un pilastro della società dell’ordine democratico appunto, pilastro della destra ma anche della sinistra che lega legalità e legittimità in un abbraccio mortale.

“Nessuno” sente la puzza di un sistema marcio con “l’arresto” di Messina Denaro, “tutti” credono alla poetica e fantomatica della riabilitazione del carcerato, “nessuno” si sente preso per il culo, “nessuno” crede che il 41 bis sia una vendetta, una vigliaccata senza utilità.

L’importante è difendere le istituzioni che ci garantiscono la democrazia a costo di sacrificare qualsiasi libertà.

Traghettaci oh sinistra verso la nuova campagna di Russia!

“Compagni”! A noi!

 

Un uomo sepolto-Vivo

sabato, Gennaio 21st, 2023

Ha suscitato grande clamore l’arresto di Matteo Messina Denaro capo dei capi della Cosa Nostra siciliana che avrebbe preso le redini dell’organizzazione dopo la cattura di Provenzano e Riina.

Sotto falso nome in cura per un tumore è stato sorpreso e fermato in una clinica palermitana e subito trasferito al carcere dell’Aquila, dove, nonostante le sue condizioni di salute forse la sua storia ha prevalso, è stato considerato idoneo al regime carcerario più duro, il famigerato 41 bis.

Il 41 bis è una disposizione dell’ordinamento penitenziario introdotta nel 1986 durante la “guerra alla mafia”, ed è stata istituita con molteplici finalità tra cui limitare le manifestazioni di dissenso all’interno delle carceri e favorire il sistema premiante di delazione, dissociazione e pentimento dei mafiosi.

È doveroso constatare che in quasi 40 anni dalla sua istituzione non ha certamente contenuto i fenomeni per cui è stata propagandata, diversamente forse non si parlerebbe con così tanta enfasi dell’arresto di Messina Denaro, ma anzi come tutte le misure repressive introdotte con carattere temporaneo è finita per diventare strutturale e ha trovato negli anni un’applicazione maggiore.

Per la prima volta dalla sua istituzione, lo scorso ottobre, è stata affibbiata ad un anarchico, Alfredo Cospito già da 10 anni in carcere (di cui sei trascorsi in massima sicurezza) per avere gambizzato nel 2012 Roberto Adinolfi lobbista e amministratore di Ansaldo nucleare che da anni, in barba ai numerosi referendum sul tema, portava avanti l’agenda nucleare in Italia.

Durante la carcerazione Cospito è stato dapprima accusato di avere piazzato due ordigni esplosivi fuori da una caserma dei carabinieri a Fossano (Cuneo) nel 2006 e di essere “capo e organizzatore di un’associazione con finalità di terrorismo” (parlare di capo in un’organizzazione anarchica fa già ridere se non fosse tragico per le sue conseguenze) e poi condannato nei primi due gradi di giudizio per strage, che non ha provocato né morti né feriti ma solo dei danneggiamenti.

Lo scorso mese di luglio la Cassazione ha modificato il capo di imputazione condannandolo a strage contro la sicurezza dello Stato, che prevede tra l’altro il 41 bis e l’ergastolo ostativo il “fine pena mai” trattato anche in altri nostri scritti https://lavallerefrattaria.noblogs.org/post/category/gabbie-e-liberta/ .

Davanti a questa sproporzione, nemmeno per l’attentato di Capaci è stato ipotizzato questo reato, Alfredo Cospito e Anna Beniamino dal carcere di Rebibbia (coimputata e che come Cospito mai ha rivendicato l’azione di Fossano) hanno intrapreso uno sciopero della fame contro questa violenza.

Cospito è da dieci anni nelle mani dello stato, e da ottobre è sottoposto al carcere duro (come se ne esistesse uno morbido) senza potere beneficiare in alcun modo dei benefici penitenziari previsti per gli altri regimi detentivi.

Egli è senza legami con l’esterno, la posta è sottoposta a censura (quando arriva), d’altronde un capo degli anarchici non ravveduto è un problema, con l’ora d’aria limitata in un cubicolo di cemento e pure con restrizioni riguardanti la socialità con gli altri detenuti; immagino che il suo esterno sia nella mente, nel cuore e nei ricordi e a volte negli incontri col proprio avvocato.

Nemmeno le foto dei genitori morti può tenere nella sua cella, la burocrazia da questo punto di vista è tremenda e le vieta in quanto non è stato richiesto il riconoscimento formale dell’identità dei genitori da parte del sindaco del paese d’origine.

Di fronte a questa assenza di umanità viene da pensare quale sia l’intento di chi ha scritto certe norme..

Alfredo da quasi 100 giorni sta portando avanti una battaglia che sarà a suo dire “fino all’ultimo respiro” che pare purtroppo ogni giorno sempre più vicino, o almeno lo desumiamo dalle parole dell’avvocato che, riferendosi alle sue condizioni di salute, pochi giorni fa affermava: “siamo sull’orlo del precipizio”.

In questa società benaltrista, dove pur di non affrontare un problema si fa un continuo richiamo ad altri problemi sempre ben più pressanti del primo e che puntualmente non vengono mai trattati, un uomo, con la sua storia, è rinchiuso tra 4 mura.

Un uomo tombato che si vorrebbe morto, almeno dal punto di vista intellettuale, ma vivo, sottoposto ad un trattamento ingiusto e inumano, pensato per annichilire e svilire e per svuotare l’uomo di qualsiasi pulsione di libertà.

Un uomo vivo che sta mettendo la sua vita in pericolo, per ricordarci tra le tante cose quanto il regime democratico sia nella sua struttura fragile, ipocrita, violento e sottomesso ai più bassi istinti umani e quanto sia compito di tutti mantenere viva l’idea innata di giustizia e libertà che non troviamo espresse nelle carte costituzionali.

Un uomo vivo che col suo esempio, col suo sacrificio, sta mandando in soffitta qualsiasi idea di finalità rieducativa della pena mettendo in discussione l’esistenza stessa del sistema detentivo con tutte le sue insopportabili falsità.

Un uomo vivo, sepolto è ben altro.