Archive for Ottobre, 2019

Condanna e vendetta

giovedì, Ottobre 31st, 2019

Lo scorso 9 ottobre, la Corte dei Diritti Umani di Strasburgo ha bocciato il ricorso presentato dall’Italia contro la sentenza del 13 giugno che bocciava il regime dell’ergastolo ostativo, il cosiddetto “fine pena mai”.

La motivazione che la Corte ha addotto è che l’ergastolo ostativo si pone in contrasto con l’art. 3 della Convenzione che vieta la tortura, le punizioni degradanti e disumane, con ciò negando di fatto la possibilità per il detenuto di intraprendere un percorso rieducativo, in quanto “al soggetto detenuto non è possibile eliminare anche la speranza di un recupero sociale, ma a costui va riconosciuta la possibilità di pentirsi e di avere una possibilità di miglioramento delle proprie condizioni”.

Il ricorso presentato dall’Italia, sul tema di ergastolo ostativo di cui all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, aveva posto l’accento sulla pericolosità di certe condotte criminali, come quelle legate alle mafie e con ciò legittimando una reazione severa nei confronti di coloro che, aderendo ad una organizzazione mafiosa o terroristica, avessero come obiettivo quello di destabilizzare lo Stato.

Questa decisione, ricordiamo non vincolante per l’Italia, crea sicuramente un precedente importante che, oltre a mettere lo stato dinnanzi alle proprie responsabilità, potrebbe aprire la strada a numerosi altri ricorsi da parte di altrettanti detenuti che oggi versano appunto in condizioni disumane.

Questa sentenza ha avuto molto risalto sui media nazionali e ha scatenato tante reazioni, spesso rabbiose, tra le più comuni 2 domande, come si possa sconfiggere la mafia visto che la lotta si basi su queste pene e come chi è stato vittima possa avere davvero giustizia e vedere i colpevoli pagare per i propri crimini.

Pensare che una legislazione così possa sradicare un fenomeno sociale come è la mafia, nelle sue diverse denominazioni, che fonda le sue radici sulle ingiustizie sociali, è assolutamente folle; sono 30 anni che queste leggi sono attive e quei fenomeni non sono certo calati, anzi, e questo perché ne colpiscono solo i risultati e non certo le cause.

Per quanto riguarda la giustizia richiesta dalle vittime deve essere fatta una considerazione di premessa: i condannati all’ergastolo, possono usufruire di permessi “premio” dopo avere trascorso almeno 26 anni in prigione e questi possono essere accordati o meno. L’ergastolo ostativo, introdotto durante gli anni della legislazione di emergenza e di lotta alla mafia e terrorismo, nega di fatto la possibilità di usufruire di semilibertà o permessi e quindi in destino dell’ergastolano è quello di morire in carcere.

Queste persone devono trascorrere un periodo minimo di 26 anni in custodia dello stato che quindi avrebbe tutto il tempo avviare quei programmi di reinserimento, di recupero sociale che di fatto potrebbero portare in modo quasi naturale ad un cambiamento, all’ammissione e al pentimento. Ma le scelte finora adottate sono state quelle di definire queste persone eternamente colpevoli e quindi non meritevoli di alcun percorso o non meritevoli nemmeno della speranza.

Fatta questa premessa ci risulta davvero difficile comprendere come con questa vendetta rappresentata dal regime ostativo possa dare giustizia a chi è stato vittima e di come privando di qualsiasi legame con l’esterno, spesso anche sensoriale e sentimentale si possa pensare che un a persona possa “redimersi” o possa scegliere di collaborare con lo stato, in quella situazione con la veste di aguzzino. Il carcere duro fortifica gli animi e ne estremizza i tratti ed è fucina per nuovi e vecchi integralismi.

Questo concetto è stato ben espresso da Agnese Moro, che al di là della vicenda personale che l’ha coinvolta, ha saputo rendere l’idea di quale sia la reale intenzione di queste leggi o di chi con la bava alla bocca si augura di vedere marcire persone in una gabbia.

“Ci sono purtroppo tante vittime e il dolore terribile di chi resta che deve essere accolto e curato. E’ una responsabilità di tutti noi farlo. Ma, per esperienza, so che non si attenua e non passa perché il colpevole soffre; ma caso mai perché capisce le proprie responsabilità e cambia. Mi amareggia sempre vedere come, invece, il dolore delle vittime sia troppo spesso sfruttato come un’arma, da utilizzare contro provvedimenti che, se approvati o applicati, potrebbero far perdere qualche voto. Salvo poi dimenticare quelle stesse vittime quando chiedono piena applicazione delle leggi che le riguardano, l’apertura di archivi ancora inaccessibili e un po’ di ricordo e di affetto reale per quelli che furono e saranno sempre i loro cari.”

Scrivendo questo articolo non può che venirci in mente Mario Trudu, la cui storia è stata raccontata in questo articolo http://www.vallesabbianews.it/notizie-it/Morir%C3%B2-il-99/99/9999-50563.html e nell’articolo che trattava della presentazione della mostra che si è svolta a Salò dal 12 al 19 ottobre dei suoi libri e disegni.

Mario purtroppo non potrà vedere gli effetti di questa sentenza perché a seguito di alcune complicazioni successive all’operazione per un tumore, mal diagnosticato e non gestito per tempo, ha dovuto aspettare molti mesi per una tac, ci ha lasciati pochi giorni fa, dopo quasi 41 anni di carcere ininterrotto e senza potere vedere uno spiraglio di giustizia in tutta la sua vicenda.

Il nostro pensiero va a lui e a chi oggi, cerca giustizia, perché non è con le leggi o con la vendetta che si può sperare di vivere in un mondo giusto.

Valsabbin* Refrattar*

L’Italia sostiene la guerra

giovedì, Ottobre 31st, 2019

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

L’Italia oggi, ha impiegato più di 6000 militari in 40 missioni militari, 24 di occupazione di stati liberi quali Libia, Somalia, Niger, Afganistan, Iraq e Libano, missioni causa delle migrazioni degli ultimi decenni.

Il costo annuo per le spese militari è pari a 27 miliardi di euro ovvero un obolo di 70 milioni al giorno, spese in costante aumento in questi ultimi anni. Una cifra astronomica, che equivale al costo di una manovra economica, pari a vari multipli del costo sostenuto per la manovra degli 80 euro, il cosiddetto reddito di cittadinanza o la quota 100.

Un costo anche sociale, che inquina l’economia e le imprese costringendole alla produzione di armamenti e bloccandole poi con la scusa del ricatto occupazionale, ci si informi sull’attività degli stabilimenti della Leonardo o della RWM in Sardegna e Ghedi, e sulle recenti mobilitazioni portuali a Genova, e che inquina anche la scuola, con le università che si trasformano in fucine finalizzate alla programmazione e progettazione dei più raffinati sistemi tecnologici di morte,

 

Basterebbe solo questo stillicidio di dati per farci rendere conto di quanto la costituzione venga puntualmente disattesa per degli interessi economici e l’articolo 11 non fa certo eccezione.

L’Italia promuove la vendita di armi e la fornitura di tecnologie militare a paesi in guerra e colpevoli di crimini contro l’umanità come l’Arabia Saudita impiegata in un terribile guerra in Yemen, e la Turchia, con la fornitura dei micidiali elicotteri A129 Mangusta, fiore all’occhiello della Leonardo, in grado di sparare più di 600 colpi al minuto e che proprio in questi giorni sta portando avanti un’offensiva contro le popolazioni del Rojava, il territorio curdo nel nord est della Siria.

Proprio la Turchia che grazie anche alle armi italiane sta attuando una pulizia etnica contro uno stato impotente e con l’ennesima minoranza, quella dei curdi.

Vittime come sempre, civili e bambini.

I curdi sono popolazione multietnica che negli anni recenti oltre ad aver combattuto e sconfitto daesh ha dato prova della capacità di costruire una società diversa, nella quale l’uguaglianza delle diversità è elemento fondante e la democrazia qualcosa di tangibile, tanto da mettere in vita molteplici progetti umanitari e ugualitari all’interno del confederalismo democratico.

L’Italia di fronte a questa ennesima guerra ha cercato di salvare la faccia dichiarando, successivamente ad altri stati europei, di avere sospeso la vendita forniture militari alla Turchia, embargo tardivo e ipocrita che ci fa davvero riflettere sulle responsabilità e sui reali interessi che muovono queste scelte.

Perché gli interessi economici impongono costante espansione, impongono avanzamento oltre ogni sentimento, umanità, senso, oltre ogni vita e la guerra è il modo migliore per fare avanzare sempre questa crescita.

Potrebbe essere per questo che sostenere la guerra turca contro uno stato impotente e soprattutto una minoranza pacifica, venga giustificato come chissà quale progetto politico internazionale o con la lotta a dei fantomatici terroristi, come vengono definiti i curdi dai turchi nonostante abbiamo contribuito a sconfiggere i veri terroristi dell’isis in quei territori.

Perché la ragion di stato, direzionata dalla ragione economica prevale su ogni senso di umanità, facendoci chiaramente comprendere la realtà, che l’Italia sostiene la guerra, l’ha sempre sostenuta e senza una chiara presa di posizione individuale la sosterrà, alla faccia di tutte le leggi, le morali e di tutti i pezzi di carta tra cui la costituzione…

Valsabbin* Refrattar*

 

Sui Curdi spariamo anche “Noi”

domenica, Ottobre 20th, 2019

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Questo l’articolo 11 della costituzione. L’Italia ripudia la guerra. Questo dovrebbe bastare ad impedire la vendita di armi ed il sostegno economico e militare a Paesi in guerra e colpevoli di crimini contro l’umanità come l’Arabia Saudita in Yemen (ci si informi sull’attività degli stabilimenti RWM in Sardegna e sulle recenti mobilitazioni portuali a genova) e la Turchia, che da ormai molti giorni sta invadendo e bombardando la Siria avvalendosi del fatto che nel nord-est, territorio del Rojava a maggioranza curda è in atto un progetto di amministrazione autonoma, convivenza e rivoluzione sociale multietnica, egualitaria e concretamente democratica.

 

Dovrebbe bastare ma non basta, perché gli interessi del capitale impongono costante espansione, impongono avanzamento oltre ogni sentimento, umanità, senso, oltre ogni vita.  Non basta e infatti la seconda parte di questo bellissimo articolo spiega che “promuove le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”… Potrebbe essere per questo che sostenere la guerra Turca contro uno stato impotente e soprattutto una minoranza venga giustificato come chissà quale progetto politico internazionale. In realtà come sempre ci sono altre ragioni come quella del petrolio, come sempre, e poi al potere è sempre interessato più uniformare che concedere modi – e mondi- diversi di società.

Il punto è che qualunque sia la forza politica al governo, c’è anche nel nostro Paese un apparato bellico-militare industriale che fa affari e si muove in maniera indipendente con la tendenza a porsi al di sopra della “cosa pubblica” e bypassare il parlamento e anche le leggi costituzionali il cui valore viene evidentemente smentito dalla realtà dei fatti.  Un esempio è quello della legge 185 del 1990 che disciplina il commercio delle armi e vieta la vendita a stati in guerra. Sarà per collezionismo che la Repubblica Italiana investe nella spesa militare 27 miliardi di euro l’anno cifra pari a 70 milioni al giorno?

Aziende come Iveco, Beretta, Oto Melara, Fincantieri, Selex ES, Piaggio Aerospace, Leonardo (ex Finmeccanica), Augusta Westland, RWM producono aerei militari, elicotteri, veicoli corazzati, bombe, cannoni, munizioni, radar, avionica, missili, artiglierie. La guerra – 36 se ne contano sparse per il mondo in atto in questo momento – non è mai finita, si è solo spostata.

E a giocarle, sulla pelle dei vinti, sono sempre le stesse forze.

 

Banche armate. Per quanto riguarda le banche i dati sulle transizioni in ambito di armamento sono di parziale tracciabilità, comunque anche se dichiarati genericamente raggiungono tra cosiddetti importi segnalati e non, valori di miliardi di euro annui. Un dato per quanto riguarda la Banca Valsabbina, banca armata attiva sul nostro territorio, è nel 2018 un totale di più di  93 milioni di euro tra importi e importi accessori segnalati tra cui una rilevante operazione da 25 milioni relativa alla fornitura di 19.675 bombe aeree della classe MK 80 da parte di RWM Italia all’Arabia Saudita. Come pubblicato dal sito ufficiale di disarmo.org la modalità di pubblicazione attuale dei dati relativi all’export militare non consente un concreto controllo da parte di parlamento e opinione pubblica su un argomento così delicato.

 

La guerra oggi come ieri è il terreno in cui le potenze dispiegano i surplus di forze economiche e tecnologiche, sono il campo di prova e sperimentazione di quello che poi viene trasferito in campo civile, in termini di controllo e repressione ma specialmente in campo chimico-farmaceutico, alimentare, industriale, etc. La maggior parte dei pesticidi e insetticidi prodotti da potentissime multinazionali nascono come armi chimiche tali e quali ora vengono utilizzati in campo agricolo. Armi per le forze dell’ordine, sistemi di controllo e vigilanza urbana ed extraurbana, droni per i censimenti della popolazione, telecamere di riconoscimento facciale, e chissà cosa ancora ci spetta.

WAR IS PEACE, FREEDOM IS SLAVERY, IGNORANCE IS STRENGHT.

 

FONTI

disarmo.org

www.retekurdistan.it

www.banchearmate.it