Archive for Marzo, 2020

Per colpa di chi?

domenica, Marzo 22nd, 2020

In questi giorni stiamo sperimentando la reclusione e per certi versi l’annullamento delle libertà costituzionali.

Connessi ai cellulari e ai computer sopportiamo l’isolamento altrimenti impossibile delle nostre vite, aggrappandoci ai contatti virtuali, luoghi dove il bombardamento mediatico è incessante e l’imperativo al bene comune recita di “stare a casa”. Luoghi dove uscire solo per esigenze connesse ristrette ai beni essenziali connessi alla sopravvivenza fisica e a quelli del sistema economico: produrre e consumare.

Ad oggi la letalità del virus (riferendoci e prendendo per veri i dati ufficiali dell’Istituto superiore della sanità) è molto ma molto più alta di tutti gli altri stati dove il virus è comparso. Più che doppia rispetto alla Cina. Numeri utili per giustificare il clima

E questo è sicuramente un dato preliminare ma che già ci permette di fare dei ragionamenti. Senza tornare al tema dell’inquinamento ambientale che caratterizza la pianura padana e che ha presumibilmente reso i nostri apparati respiratori più sensibili, pensiamo a chi ha permesso la diffusione del virus.

Senza essere cospirazionisti, pensiamo ai militari americani (20 o 30 mila) sbarcati in Europa a inizio mese per l’operazione della Nato Defender Europe 20, annullata solo pochi giorni fa. Militari che però sono stati liberi di muoversi, a differenza nostra, senza comunicare l’uso dei dpi adottati o di altri sistemi atti a contenere il contagio. Ma non solo a loro ci riferiamo.

Il virus che è stato diffuso in queste settimane dalla mancata chiusura delle fabbriche e dei posti di lavoro. Chiusura fin da subito osteggiata da Confindustria che connota l’atteggiamento di sempre di mettere il profitto davanti a qualsiasi sicurezza dei lavoratori, persino alla loro vita.

Ma non solo, i lavori del cantiere del TAV della linea Brescia Verona fino all’altro ieri sono proseguiti come da programmi, con decine di lavoratori impegnati. Sono state queste le priorità del governo per contenere il virus?

Parallelamente assistiamo a una campagna di colpevolizzazione e di criminalizzazione di chi oggi non si omologa al coro del “restiamo a casa” che “andrà tutto bene”.

Si colpevolizza il singolo cittadino accusandolo, coi suoi comportamenti, di mettere a repentaglio la salute pubblica. E ciò viene fatto anche per distogliere l’attenzione dalle colpe reali di chi questa crisi non l’ha limitata, chiudendo immediatamente i luoghi di lavoro e nemmeno prevenuta in questi anni in cui il sistema sanitario è stato devastato e saccheggiato.

Devastato esternalizzando servizi, precarizzando il lavoro e non reintegrando i professionisti, medici e infermieri in uscita e saccheggiato di molti miliardi di euro, dirottati ad altri comparti strategici, come le grandi opere o la difesa.

E questa colpevolizzazione porta oggi a episodi di delazione strillata sui social, fatta da chi da casa denuncia e diffama chi esce. E non è un’invenzione ma è una realtà documentata anche da recenti articoli comparsi sulla stampa trentina.

E in questa situazione, degna di uno scritto orwelliano, dove le colpe sono invertite, la ricerca dell’untore serve a sviare l’attenzione su chi oggi sta liberamente circolando favorendo sicuramente la diffusione del virus.

E parallelamente l’inversione delle colpe è finalizzata allo sdoganamento del controllo sociale; non citiamo neanche l’estrapolazione dei dati sensibili dai nostri telefoni, tipo la geo localizzazione, citiamo però un’altra notizia fresca fresca: l’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) ha consentito l’utilizzo dei droni per il monitoraggio dei movimenti delle persone in strada.

Un quadro sconfortante che rende ben evidente la considerazione che nel nome dell’unità nazionale, del fantomatico stare tutti sotto la stessa bandiera, quindi obbedire, non stiamo mettendo in pericolo solo la nostra salute ma stiamo mettendo in gioco le nostre libertà.

Non dimentichiamocelo.

Valsabbin* Refrattr*

Il virus della paura

domenica, Marzo 15th, 2020

Sono questi giorni intensi dal punto di vista emotivo, costretti all’interno delle nostre case dai decreti ma collegati all’esterno grazie ai media e ai social, stiamo cercando di fare chiarezza su questa situazione legata al diffondersi del virus.

Aggrappati ai contatti virtuali, gli unici concessi in tempi di beni essenziali, riceviamo continue informazioni.

Dalla tv e dai social è una continua condivisione di dati e statistiche, di pareri di esperti opinionisti e politici, di rassicurazioni e raccomandazioni, di obblighi, divieti e allarmi.

È, come sempre, un abbondare di notizie e chiacchiere in cui la verità si disperde sullo sfondo di un clima catastrofico.

E ed è per certi versi frustante, per noi che abbiamo fatto del dubbio nei confronti dell’informazione mainstream una verità, prendere atto che forse una parte di quelle notizie possano essere vere. Intendiamoci, una parte, non tutte.

E quindi, razionalmente, abbiamo approfondito quelli che sono i dati più certi e attendibili, cercando di esprimere un giudizio il più informato possibile, ma in questo lavoro ci siano resi conto che stavamo valutando dei dati asettici senza renderci conto che questi derivano da delle cause e che di queste sono delle conseguenze.

E così le abbiamo indagate cercando i fattori che non possono essere esclusi nella valutazione delle cause di diffusione del virus. Per esempio, la maggiore sensibilità a una malattia respiratoria può essere sovrapposta alla conduzione della propria esistenza nella zona con l’aria più inquinata a livello europeo (la pianura padana) o nell’area in cui c’è la più alta concentrazione di allevamenti intensivi al mondo, dopo Israele.

Ma ovviamente, per ora, sono tutte supposizioni, magari con un fondamento, magari no, e che ci auspichiamo possano essere approfondite, studiate e confermate. Se non altro per porvi rimedio.

Ma anche facendo queste speculazioni, ci siamo resi conto di essere parte di un coro, di un insieme colpito e affondato dalle bombe chimiche sparate dagli schermi televisivi.

E occupati dal primo virus ci siamo resi conto che questa guerra batteriologica ne sta inoculando un altro, ben più aggressivo, ben peggiore dell’ebola o del coronavirus, quello della paura.

La paura è il peggior male che ci può colpire perché provoca l’irrazionalità e che sta finendo per snaturare quello che siamo: uomini e donne liberi/e e uguali.

La paura del virus è la stessa che è stata fomentata in questi anni da molti partiti che l’hanno considerata elemento base della loro propaganda.

Inizialmente, almeno in tempi recenti, verso i meridionali, e per molti qui al nord non è certo sopita, e poi verso chi ha la pelle qualche tonalità più scura della media italiana. Genti accusate di non lavarsi, di rubare soldi o lavoro e anche di essere clandestini, ovviamente grazie a delle leggi fatte ad hoc.

E oggi?

Oggi che l’italiano è l’appestato da evitare e che dalle frontiere è scacciato, forse ci si può rende conto di cosa possa voler dire migrare o non avere i documenti in regola. Chi lavora all’estero o anche in qualche città italiana ora si rende conto di quanto pochi chilometri lontani dai propri affetti possano sembrare distanze incolmabili. È un sentimento di empatia che da solo dovrebbe riuscire ad abbattere i muri che oggi, dei pazzi, continuano a voler costruire ai confini nazionali.

La paura che, alla notizia dell’estensione della zona rossa in tutta la Lombardia, ha spinto tanti meridionali e non a prendere d’assalto i treni per fuggire dai nordici untori. È evidente costatare come di fronte al pericolo più o meno reale di morte tendiamo a fuggire per cercare un futuro migliore; un po’ come i migranti no?

La stessa paura che ha spinto masse di disorientati a fare incetta di beni di prima necessità, cibo e acqua, medicinali e mascherine manco fossimo in uno scenario post apocalittico con zombie mangia cervello. Anche perché, con i cervelli che ci sono in giro, durerebbero comunque poco…

Questi comportamenti dettati dalla paura, ci devono fare riflettere, da un lato per trovare la serenità e la forza d’animo, perché passeremo davvero anche questa, anche se, senza cambiare radicalmente l’approccio e lo stile di vita, saremo costretti un giorno o l’altro a rivivere queste situazioni, e dall’altro perché la paura è un sentimento veicolabile che ci frega e ci fa prendere scelte avventate e i politici e i militari lo sa bene.

E oggi quali anticorpi abbiamo per difenderci o meglio sconfiggere questo virus?

Oggi presi dal desiderio di sopravvivenza o sopraffazione, stiamo perdendo pian piano libertà e l’umanità, due aspetti che forse danno un reale valore alla nostra vita e che possono essere il disinfettante a questa infezione virale.

Quindi non facciamoci fregare, coltiviamo il dubbio, restiamo umani perché solo così forse saremo davvero immuni e liberi. Perché se c’è una cosa certa è che ad oggi ha ucciso molto di più la paura che tutti virus messi assieme.

Valsabbin* Refrattar*

Andrà tutto bene

giovedì, Marzo 12th, 2020

In questi giorni di coronavirus e di reclusione domestica è aumentato il tempo per pensare e quindi non possiamo esimerci dal proporvi una nostra riflessione, partendo dall’hashtag divenuto virale in questi giorni “Andrà tutto bene” a cui Noi aggiungiamo: certo, ma a quale normalità vogliamo tornare?

Alla normalità che in questi anni ha visto il sistema sanitario spolpato da interessi personali e dai finanziamenti a favore delle cliniche private. Finanziamenti che oggi hanno come risultato che i costi di gestione e di ricerca del virus siano a carico del sistema nazionale e quindi della collettività. Normalità che ha visto la continua chiusura dei reparti negli ospedali periferici, uno su tutti il punto nascite, proprio nelle zone più isolate come possono essere le nostre.

Un confronto interessante riguarda i posti letto nei reparti di rianimazione, in Germania 28000 mentre in Italia 5000 (fonte Deutsche Krankenhausgesellschaft, la confederazione degli ospedali tedeschi). Il 450 % di posti in più a fronte del 40% di popolazione in più, uno squilibrio evidente.

Oggi il sistema sanitario, saturo dai ricoveri, si rende bene conto dei risultati di quelle politiche e anche noi ci rendiamo conto di quanto i soldi spesi per le grandi opere come il Tav o il Mose o per le armi siano sottratti al nostro futuro. E non parliamo di bruscolini, le spese militari sono pari a 25-28 miliardi di euro all’anno, circa 70 milioni di euro al giorno (fonte libro bianco della difesa). Quanti ospedali possono essere costruiti con quei soldi o quanti infermieri, medici possono essere formati? Un singolo aereo F35 costa come più di 7000 ventilatori polmonari. E non stiamo parlando solo di soldi, perché i primi portano morte i ventilatori salvano vite!

Alla normalità che in questi anni ha visto le carceri riempirsi a dismisura (oggi 61000 reclusi su poco più di 50000 posti. Dati ministero della giustizia, ma è stato anche peggio), stipando persone in condizioni di vita durissime, anzi disumane come nel caso dell’ergastolo ostativo dichiarato così dalla corte europea dei diritti dell’uomo . Carceri che in questi giorni sono in rivolta contro questo sistema che li rende soggetti a un pericolo enorme derivante dalla diffusione del virus che, nel sovraffollamento e negli spazi stretti, prospera. Come può oggi lo stato condannare le rivolte, esigere legalità e pretendere la redenzione dei carcerati quando è il primo a violare le proprie leggi?

Alla normalità che vede una classe politica che ha fomentato in questi anni l’odio contro il diverso accusandolo delle peggiori colpe perfino di essere il portatore di malattie e disgrazie. Ed oggi che i portatori delle malattie sono gli italiani, rimbalzati ai confini nazionali, questa classe politica che dice? Nulla perché è troppa l’evidenza della pochezza di quella propaganda.

Oggi è noto che la malattia, non sia venuta dai barconi, ma da una classe business di un aereo. E di fronte a questo, da vili, non possono fare altro che tacere.

Alla normalità che vede grandi mobilitazioni di solidarietà solo in occasione di gravi disgrazie, come il ponte Morandi nei periodici disastri che colpiscono l’Italia.

Encomiabili certo ma limitate, a volte sterili e pietiste carità che vanno a mettere una pezza alle conseguenze non alle cause. Forse indicatori di un preoccupante atteggiamento di quotidiano disinteresse. Perché la solidarietà non si fa solo con l’elemosina, si fa con la lotta!

E di fronte a tutto ciò siamo sicuri che andrà tutto bene, ma a quella normalità non vogliamo certo tornare!

Valsabbin* Refrattar*