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25 Aprile 2022: il tempo delle scelte

domenica, Aprile 24th, 2022

Sono passati 80 anni dalla disfatta militare conseguente all’invasione della Russia, rimasta nella memoria collettiva come “ritirata di Russia” e “battaglia di Nikolajewka”. In Italia e in particolare nella nostra valle, ciò ha rappresentato la presa di coscienza collettiva di un fallimento e nel cuore di molti ha dato la forza per mettere in discussione il ventennale regime fascista.

Oggi da quelle terre ci giungono notizie di una nuova guerra, non meno brutale ma quale non lo è, e a tamburo battente la stampa sta martellando sulla necessità di un intervento e sulla necessità di schierarsi tout court, dividendo il fronte tra buoni e cattivi.

Una semplificazione eccessiva che non tiene minimamente conto della storia di quei luoghi e neanche del percorso politico di chi oggi viene definito come nuovo partigiano, seppur indossi i simboli dei reparti nazisti o condivida con loro l’idea ipernazionalista, squadrista con chi non si allinea e che si è macchiata di terribili crimini dal 2014 ad oggi.

La valanga di polemiche che sono state sollevate nei confronti di chi si è espresso diversamente dal pensiero dominante, ha travolto anche la principale associazione reducistica dei partigiani italiani, la quale, per una volta dopo molto tempo, ha messo in discussione questa linea difendendo valori di internazionalità e pace. Questi episodi dovrebbero davvero farci riflettere sul livello di libertà della nostra società.

Poco ci si può aspettare da chi col pacifismo ha fatto anni di campagne elettorali ed oggi è completamente asservito a logiche economiche e, prono agli interessi atlantisti, sta sostenendo misure e posizioni guerrafondaie e militariste quali l’invio di armi o lo stanziamento di nuovi fondi per le spese militari.

In questo giorno dove si ricorda, si celebra e si festeggia chi della lotta armata ne ha fatto una scelta di vita (e troppo spesso di morte) una riflessione deve essere fatta sul significato di Resistenza e sulla necessità di attualizzare quei valori.

Riflessioni centrali per non confondere parole importanti quali Resistenza, Libertà e Liberazione, strette da un innegabile legame di causa ed effetto, il quale, se frainteso, ci porta erroneamente ad assumere che godere della libertà sia scontato e slegato dalla lotta e dagli sforzi per conquistarla o mantenerla.
L’esistenza di questo legame indissolubile tra questi termini e i concetti che essi richiamano deve essere ben chiaro altrimenti si rischia di svuotare di senso la parola di cui amiamo riempirci la bocca: non ci sarebbe Libertà senza Liberazione, non ci sarà mai Libertà senza Resistenza.

Organizzare eventi mossi da nobili intenti, come pulire i nostri paesi coinvolgendo i più giovani o celebrare le libertà di espressione artistico culturali, che per altro ci vedrebbero attivi partecipanti in altre date, ovviamente sempre muniti di regolare certificazione verde, snatura l’essenza del 25 aprile e porta a recidere il legame storico e umano con gli ideali e l’esempio della Resistenza.

Il 25 Aprile di quest’anno definisce il tempo delle scelte.

Un tempo per una narrazione complessa contro la narrazione guerrafondaia che vuole il male da una parte e il bene dall’altra senza una qualsiasi analisi più approfondita, un tempo necessario per non doversi trovare più costretti a prendere le decisioni di quelle donne e uomini che hanno animato la lotta per la liberazione dal regime fascista.

Ieri come oggi essere contro il pensiero unico rappresenta la sola via di uscita dal vortice e il dissenso può essere manifestato con piccoli ma grandi gesti anche nei nostri paesi.

A Baitoni e Bondone troviamo delle vie che nel 1939 il Podestà di Storo, che allora amministrava anche questi paesi, intitolò a dei conclamati fascisti della prima ora e che nonostante gli 83 anni trascorsi non vediamo essere mai state cambiate. Stiamo parlando di via Tullio Baroni e via Tito Minniti a Bondone e via Aldo Sette a Baitoni.

Tullio Baroni volontario fascista deceduto in combattimento nella guerra civile di Spagna ottenne la medaglia d’oro al valor militare alla memoria come “tempra eccezionale di fascista e di soldato”;
Tito Minniti aviatore e volontario nella guerra di invasione in Etiopia dove il regime fascista utilizzò a tappeto armi letali quali il gas, stupri e violenze di qualsiasi genere per piegare la resistenza;
Aldo Sette uno dei primi squadristi caduto negli scontri delle squadre d’azione che operarono prima della marcia su Roma.

Sarebbe davvero bello che quelle intitolazioni lasciassero spazio al cambiamento.
In contrapposizione a tale scempio e alle biografie di questi figuri vorremmo le vie così rinominate:
ex via Baroni oggi via Volontari Internazionalisti di Spagna;
ex via Minniti oggi Vittime del colonialismo italiano;
ex via Aldo Sette oggi via Barricate di Parma in memoria della Resistenza popolare della città ai fascisti della marcia su Roma.

Una nuova toponomastica, un piccolo gesto, che ci auguriamo possa portare ad una vera presa di coscienza delle responsabilità di quel regime perché è davvero assurdo che a più di 80 anni di distanza ci sia ancora il ricordo di figure che hanno contribuito a rendere il mondo un posto peggiore.

Il 25 Aprile di quest’anno definisce il tempo delle scelte, l’orologio verso un nuovo regime totalitario corre più forte che mai e noi sappiamo da che parte stare, la stessa di sempre.

Ora e sempre Resistenza!                                               Antifasciste e Antifascisti

Il nemico alle porte

giovedì, Aprile 7th, 2022

Ad un mese e mezzo dell’inizio delle operazioni militari russe in Ucraina sono tante le sensazioni che ci pervadono e ci attraversano e tanta è la rabbia per questa guerra.

Sono stati e sono giorni concitati dove oltre al frastuono delle esplosioni prosegue incessante il bombardamento mediatico di notizie, dove diventa quasi impossibile scindere la realtà dalla finzione e dove la vita e la morte non sono altro che una fiction, una prima tv che ci deve aspetta di fronte al divano.

Ciò che emerso palese è la posizione dell’occidente che al primo squillar di trombe si è attruppato e indossato l’elmetto della propaganda, al grido di armatevi e partite, ha immediatamente appoggiato una linea belligerante e interventista a sostegno tout court di un paese, l’Ucraina, certamente invaso e che ben rappresenta la frontiera delle nuove “land of freedom”: ipernazionaliste e per certi versi reazionarie.

Un po’ di stupore, ma neanche troppo, abbiamo imparato bene a conoscere i nostrani democratici che proni alle indicazioni atlantiste non hanno nemmeno mostrato la solita faccia ipocrita che li contraddistingue e che li ha visti alla meglio girare il viso di fronte ai peggiori massacri in giro per il mondo quando al peggio pure sostenere; la ragion di stato è chiara fin da subito: la pace “non s’ha da fare”.

L’abbiamo conosciuta, affrontata e contrastata in questi anni la loro doppia morale, dove la ratio economica ha sempre avuto il sopravvento rispetto a tutto ed oggi, in prima linea anzi in trincea vediamo gli esponenti di quel partito che porta proprio nel nome la parola democrazia.

In trincea forse no, in fureria come citava Sordi parlando dei romani nello straordinario film di Monicelli “La Grande Guerra” e che sarebbe da rivedere, ma sicuramente all’avanguardia della svolta azionista.

Non è un caso che esponenti di spicco di questo partito oggi ricoprano posizioni chiave in quegli asset definiti strategici del comparto difesa, utilizzando l’ennesimo neologismo che vuole mascherare ciò che in realtà è: l’industria bellica.

Alcuni nomi: Marco Minniti, una vita da democratico, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri (governo D’Alema I e II) e ministro dell’interno del Governo Gentiloni ieri firmatario della legge che istituiva dei lager per migranti in Liba e oggi presidente della Fondazione Med-Or, fondazione che tratta con i principali regimi dal golfo persico al Marocco.

Nicola Latorre prima nei democratici di sinistra poi Ulivo e infine partito democratico, oggi direttore generale di Agenzia industria difesa, Fausto Recchia amministratore delegato di Difesa Servizi ed infine Alessandro Profumo Amministratore delegato di Leonardo Finmeccanica azienda con un fatturato da 13 miliardi attiva nella produzione di cacciabombardieri ed elicotteri pesanti, corvette, navi d’assalto e sottomarini, missili aria-terra e anti-nave, cannoni e mitragliatori e sistemi radar giusto per citarne alcuni.

Sono solo alcuni esempi, forse i più eclatanti, tanto da farci però sorgere il sospetto che questi sinceri democratici stiano appoggiando questa narrazione bellicosa non tanto, o meglio non solo, per supposti principi di internazionalismo e/o solidarietà dei popoli ma per i peggiori fini economici.

Va sottolineato poi come il 18 marzo scorso la camera con 367 voti a favore, 25 contro abbia votato per l’invio di armi in Ucraina e come il governo dei migliori stia cercando di imporre l’aumento della spesa militare al 2% del Pil, ossia da 25 a 38 miliardi; una mostruosità che in tempi di emergenza sanitaria rappresenta uno schiaffo in faccia alle bare di Bergamo e ai morti e alle politiche discriminatorie e illiberali promosse.

E se il pesce puzza dalla testa ci chiediamo come sia messo il resto del corpo, la base di questi partiti, che di fronte a questo scempio, a questo pacifismo di facciata, a questo interventismo acritico e interessato, allo stigma dato al nemico di turno, non alzi una voce forte e chiara contro la guerra, qualsiasi essa sia, e contro l’industria bellica che sta, lentamente come un cancro, uccidendo le nostre libertà.

Negli anni abbiamo potuto constatare come tutti quei valori, per loro democratici, siano pian piano stati sostituiti dall’unica cosa importante per questi politici, la gestione del potere a scapito proprio di quei principi dove il whatever it takes, a qualsiasi costo, non è orientato alla tutela dei propri ideali e della propria integrità ma alla difesa dei propri privilegi.

Il nemico è rappresentato oggi da chi finanzia l’industria bellica, da chi la dirige, da chi falsamente propugna ideali di pace seminando guerra e da chi difronte a tutto questo scempio tace.

Il nemico è alle porte, non dimentichiamolo.

Valsabbin* Refrattar*