Archive for Febbraio, 2021

Un sistema malato

domenica, Febbraio 28th, 2021

Prosegue con questo secondo scritto l’analisi del sistema carcerario italiano, un percorso di avvicinamento all’8 marzo, giorno di lotta trans femminista e triste anniversario delle rivolte scoppiate in moltissime carceri italiane un anno fa.

Dopo l’analisi iniziale riguardante il malessere dato dal sovraffollamento che acuito dal covid ha esasperato la situazione provocando le durissime proteste dello scorso anno, con questo scritto ci contreremo su un aspetto importante del carcere, la recidiva.

Al 2018, secondo i dati del ministero della giustizia, la recidiva per i reclusi in Italia era del 68% circa, molto più alta della media europea, con picchi vicini all’80% per quelle città dove la microcriminalità è più presente, mentre per i prigionieri affidati a misure alternative questa scendeva di poco sotto al 20%.

Purtroppo i reati per cui la recidiva è più presente non sono elencati, possiamo immaginare come la detenzione o lo spaccio di sostanze stupefacenti e la permanenza sul suolo italiano senza i documenti necessari siano tra i più comuni e tra quelli con più alta recidività.

La storia recente ci insegna che basta una legge approvata dal parlamento per essere considerati criminali o innocenti, quindi il dato è interessante ma andrebbe accompagnato dal dettaglio per poterlo valutare nel suo complesso.

Va da se che il parallelo è piuttosto inclemente, la domanda che anche il più giustizialista si deve porre è se il carcere stia davvero assolvendo alla sua funzione di riabilitativa  e reinserimento o sia meramente alla parte costrittiva e punitiva?

La domanda è retorica, lo confermano i detenuti che da dentro ci dicono quanto sia facile avere prescritta una terapia a base di psicofarmaci e quanto sia difficile avere una tachipirina o un colloquio e lo attestano le relazioni, non solo quelle indipendenti ma anche quelle ministeriali.

Se analizziamo poi i costi di questo sistema (nel 2019 circa 2,9 miliardi di euro) vediamo come quasi l’80% della spesa sia impiegata per il personale e ciò potrebbe far pensare che i detenuti siano seguiti; nulla di più falso; abbiamo assistito in questi anni ad una costante ed incessante diminuzioni del personale specializzato sia per il reinserimento che per il supporto psicologico o umano all’interno delle mura.

Alla carenza di personale denunciata quasi giornalmente dai numerosi sindacati di polizia penitenziaria assistiamo parallelamente alla scomparsa di certe figure importanti per i detenuti (ad esempio medici o responsabili dei laboratori) e alla diminuzione della specializzazione del personale e ciò dovrebbe corrispondere ad una diminuzione della spesa ma così non è, anzi tira sempre di più la coperta corta chi già sta al caldo,d’altronde nulla di diverso ci si può aspettare dal tipico atteggiamento parassitario di queste le lobby corporative.

Si aggiunte inoltre che da parte loro non è pervenuta nessuna parola di denuncia riferita ai dieci procedimenti penali per gli episodi di tortura che vedono implicati agenti della polizia penitenziaria, alcuni per le rivolte dello scorso marzo e alcuni per episodi precedenti.

Recidiva, libertà e supporto dei detenuti sono un tema unico quando si analizza la situazione carceraria. E se in medicina la recidiva è il riacutizzarsi di una malattia in via di guarigione o apparentemente già guarita, nel carcere è la misura con cui il sistema calcola, se mai ce ne fosse un’ulteriore bisogno, il proprio fallimento.

Al prossimo articolo.

Pernice Nera

Fonti:

Rapporti 2019-2020 Associazione Antigone

Dati statistici ministero giustizia

venerdì, Febbraio 26th, 2021

Distopie pandemiche 2

martedì, Febbraio 23rd, 2021

La stretta sanitaria in corso ci ha spinto lo scorso autunno ad intraprendere un percorso di analisi e valutazioni finalizzato alla ricerca delle reali motivazioni dietro le scelte di gestione di questa pandemia e delle ambiguità correlate rispetto alla narrazione dei principali media nazionali.

L’affermarsi dell’emergenza pandemica, di questo nuovo ordine sanitario e della burocrazia correlata ci ha messo di fronte all’evidenza che questa stretta repressiva ha comportato privazione delle libertà tra cui il divieto di assembrarsi, le limitazioni alla socialità e il coprifuoco finora inimmaginabili per noi cittadini del cosiddetto primo mondo.

E la crisi sociale non ha riguardato solo questi aspetti ma pare stia accelerando anche i meccanismi di controllo e esclusione sociale, della marginalizzazione di determinate fasce della popolazione, fondamento del prosperare delle classi dominanti. Si stanno già profilando all’orizzonte nuovi vincoli, nuovi obblighi non ultimo il passaporto sanitario.

Con questa valutazione non vogliamo negare la situazione che stiamo attraversando ma cercare di smascherare l’ipocrisia dietro queste prossime imposizioni e obblighi che vengono spacciati come necessari per la salute pubblica.

Si sta profilando all’orizzonte un sistema sanitario centralizzato che con queste imposizioni renderà fattuale il paradigma uomo-macchina, utile e utilizzabile fino a che può lavorare poi può essere rottamato o sostituito o semplicemente escluso.

Il 15 gennaio  scorso la presidente della commissione Ue Ursula Von den Leyen ha prospettato la necessità che si formalizzi un nuovo requisito medico che dimostri che le persone siano vaccinate e l’Oms, la cui idea di sanità è bene nota e in linea con la mercificazione della salute, si è reso disponibile a creare una piattaforma di confronto e progettazione di questo obbligo.

L’ipocrisia di questa sistema che, se da un lato vuole un documento che attesti l’avvenuta vaccinazione che dovrebbe garantire la salute pubblica, dall’altro lo vuole per garantire la nostra utilità ai fini produttivi affinché le attività produttive non debbano fermare, facendo balzare ai nostri occhi il paradosso che indica come siano proprio quelle realtà, inserite nel sistema capitalistico dove il progresso è basato sull’utile, chiaramente contrarie alla salute pubblica e alla sostenibilità ambientale.

Pensate ad una sola attività cha ha come obbiettivo il profitto che comporta o che non sia causa di uno stillicidio di malattie professionali, sprechi, rifiuti e danni ambientali, alla faccia del miraggio dell’economia circolare e della salute collettiva. Pure la sanità, con la trasformazione degli ospedali in aziende sanitarie rientra in questa casistica con le logiche connesse tra cui l’abbattimento delle spese che hanno trasformato gli ospedali in suq affollati di informatori scientifici e agenti di commercio di prodotti farmaceutici.

L’altro paradosso inerente l’istituzione del passaporto sanitario riguarda il blocco degli spostamenti qualora una persona non ne sia provvisto. Questo scardina diversi trattati europei e un principi di libera circolazione che finora parevano intoccabili. Ovviamente per i cittadini occidentali o per quelli ricchi. Senza l’accettazione di tutti i protocolli sanitari, il vaccino per il Covd19 sarà solo il primo, non si potranno avere i documenti necessari per spostarsi, rendendo evidente il parallelo con i migranti che stanno cercando di raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo o lungo la rotta balcanica e che li incontrano muri. Muri che sappiamo come al di la della propaganda, siano spesso sono costruiti per non fare uscire più che per non fare entrare.

Con questo scritto, che non offre spunti o proposte, abbiamo voluto mettere sul piatto una discussione centrale rispetto ai temi libertà, lavoro e salute. senza cadere nel lato oscuro del cosiddetto complottismo o del fantomatico negazionismo.

Una riflessione che si ribalta facilmente nei nostri paesi dove la “crisi” ha acuito la tendenza di sempre che vuole soprattutto le fasce più deboli vittime dei meccanismi del ricatto occupazionale che, con un numero maggiore di persone che stanno restando senza lavoro e con i vincoli sanitari che imporranno, saranno sempre più soggette. Situazione causa di frustrazione, malessere, il tutto a scapito della “salute pubblica” certamente non di quella valutata dai parametri istituzionali ma di quella che ci permette una buona vita.

Concetto difficilmente monetizzabile e quindi marginale nelle politiche sanitarie e non e mai analizzato dai principali indicatori di qualità della vita.

Inverno 2020-2021

Un quadro sconfortante

lunedì, Febbraio 22nd, 2021

A quasi un anno di distanza dalle rivolte carcerarie scoppiate lungo tutto lo stivale, che hanno avuto come triste epilogo la morte di 13 uomini e episodi di violenze poliziesche su cui sta indagando al magistratura, abbiamo deciso di proporre alcune riflessioni sul tema carceri e che verranno strutturate attraverso 3 scritti.

Il fine è quello di fornire un quadro generale del sistema carcerario italiano e un approfondimento delle rivolte dello scorso 8 marzo e della situazione Covid che ha acuito e acutizzato il problema strutturale delle situazione carceraria.

La direzione di questo sistema è in mano al Dap, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria istituito nel 1990 con compiti di gestione amministrativa del personale e dei beni della amministrazione penitenziaria, relativi alla esecuzione delle misure cautelari, delle pene e delle misure di sicurezza detentive e previsti dalle leggi per il trattamento dei detenuti e degli internati.

Dal Dap dipendono quindi le varie forze e unità speciale deputate al controllo dei prigionieri il cui numero è disponibile dai report disponibili nella sezione statistica e pubblicati mensilmente sul sito del Ministero della Giustizia. Da questi apprendiamo che a fronte di una capienza regolamentare di 50551 posti gli internati totali sono 53329 di cui 17691 stranieri e 2250 donne a cui vanno aggiunti circa 30000 che stanno scontando la pena fuori dal carcere, ai domiciliari o in specifiche strutture. Una situazione di sovraffollamento strutturale anche se in lentissima attenuazione basti pensare che a fine 2019 i detenuti erano circa 61000 ma comunque ben lontana da livelli dignitosi, se mai possano essercene.

Dei carcerati di origine straniera, troviamo 5790 europei, 9261 africani, 1311 asiatici, 964 americani e 18 apolidi o nativi in altri luoghi del mondo.

Il numero dei posti è calcolato sulla base del criterio di 9 mq per singolo detenuto + 5 mq per gli altri,ma il dato sulla capienza non tiene conto di eventuali situazioni transitorie che comportano scostamenti temporanei dal valore indicato. Quindi il regime di deroga è strutturale.

In queste condizioni di sovraffollamento le restrizioni dovute alla pandemia hanno trovato immediata applicazione. Il Dpcm del 3 marzo 2020 ha tolto la possibilità ai prigionieri di effettuare i colloqui con i famigliari e l’unica interfaccia con l’esterno e le informazioni legate al Covid è stata la televisione, che da allora ci ha bombardato quotidianamente.

Ma fosse solo questo, con la scusa del pandemia le varie amministrazioni penitenziarie hanno avuto carta bianca per togliere le piccole libertà personali e numerose sono state le segnalazioni di divieto anche per i colloqui telefonici sia con i famigliari che con i propri legali. (tutte poi confermate dai legali).

La situazione è quindi diventata esplosiva, isolati, sovraffollati e terrorizzati i prigionieri si sono ribellati e la reazione è stata terribile, lo scenario che si prospetta ci parla di violenze, torture e privazioni di una  sospensione della libertà umane al pari dei fatti del G8 di Genova.

Provate ad immaginare alla condizione dei detenuti del carcere di Poggioreale a Napoli che reclude 2300 prigionieri (pari a più di uno dei nostri paesi) su una capienza di 1650 posti più del 42% , senza informazioni, senza tutele e senza la possibilità di comunicare con l’esterno?

C’è chi di fronte a questa situazione ha prospettato la costruzione di carceri, forse spinto dalle lobby del cemento sempre pronte a lucrare in queste situazioni, così da garantire una detenzione “giusta e dignitosa”.

Qualcuno ha proposto di farle private, su modello americano dove in quelle strutture è attuato un imprigionamento di massa forse neanche paragonabile al sistema stalinista, con più di 2,25 milioni di persone recluse, 4,8 milioni in libertà vigilata a si aggiungono 5 milioni di ex detenuti che hanno perso il diritto di voto.

Un sistema gestito per buona parte da privati che sappiamo quali priorità e quali interessi vogliano difendere e tra la rieducazione e il reinserimento nella vita extracarceraria e la recidiva che ne garantirebbe un profitto immaginiamo bene da che parte stiano.

Lo sappiamo bene perché a loro abbiamo già delegato l’ambiente e la salute con i risultati che ben conosciamo, e delegare anche la vita di queste persone recluse sarebbe solo la ciliegina sulla torta di questo sistema già assassino.

Al prossimo articolo.

Pernice Nera

Fonti:

Dati statistici ministero giustizia

Pena di morte viva

giovedì, Febbraio 18th, 2021

Questo articolo è stato scritto d’impeto mentre si stanno ultimando gli articoli per il triste anniversario delle rivolte carcerarie scoppiate lo scorso 8 marzo in tutta Italia.

La notizia della morte di Raffaele Cutolo non è giunta d’improvviso, le condizioni di salute erano note da tempo, ma è stata immediatamente rilanciata da tutti i media nazionali. Per chi non lo conoscesse Raffaele Cutolo è stato uno dei principali protagonisti delle lotte di potere all’interno dell’universo camorristico degli anni ’80 e ’90 e di numerose oscure vicende italiane.

Una breve biografia: Cutolo nasce a Ottaviano nel 1941, a 22 anni viene condannato all’ergastolo, poi trasformato a 24 anni, per l’omicidio di un giovane al termine di una rissa. Scarcerato nel 1970 per decorrenza dei termini quando gli viene confermata la condanna si rende latitante, breve, fino al marzo 1971. Rimane nel carcere di Poggioreale fino al 1977 quando gli viene riconosciuta l’infermità mentale e viene recluso in un ospedale psichiatrico dal quale evade e resta libero da febbraio 1978 a maggio 1979.

Nuovamente arrestato da allora è recluso prima nelle sezioni di massima sicurezza poi, da quando è stato istituito, in regime di 41 bis; non si è mai pentito né dissociato e non ha mai voluto collaborare con la magistratura.

Solo negli ultimi anni il suo avvocato ha inoltrato delle richieste di scarcerazione per i gravi motivi di salute che lo affliggevano e l’ultima, 3 giorni prima di morire, conteneva l’istanza di attenuazione del regime detentivo, ma il giudice se per le prime ha sempre risposto negativamente per questa non l’aveva ancora presa in considerazione. Pare che pochi giorni prima della dipartita fosse arrivato a pesare 40 chili.

E così è morto la sera di mercoledì 17 febbraio mentre la moglie stava attendendo il permesso per andarlo a trovare all’ospedale di Parma dove si trovava degente da diversi mesi.

Lo scorso febbraio Cutolo è stato ricoverato per problemi respiratori ed è stato dimesso ad aprile. Di fronte alla richiesta di scarcerazione il tribunale di sorveglianza di Bologna aveva sottolineato, a giugno 2020, come le sue condizioni fossero compatibili con la detenzione, quasi elogiando l’utilità dell’isolamento del regime di 41 bis nel contenimento e nella prevenzione della diffusione del virus e ribadendo quanto la sua pericolosità fosse ancora alta: “Nonostante l’età e la perdurante detenzione rappresenta un “simbolo” per gruppi criminali”, simbolo per la nuova camorra organizzata sciolta da anni i cui membri se non dissociati o pentiti sono morti.

Sempre lo scorso anno il suo nome è tornato alla cronaca quando è stato inserito nelle liste dei possibili detenuti scarcerabili per l’emergenza pandemica, fatto che aveva creato sdegno su molti giornali.

Di ciò che ha fatto o di ciò che hanno stabilito le sentenze della magistratura non ce ne possiamo occupare in questo articolo, vogliamo però aggiungere un piccola riflessione sul tema carcere e sull’uomo che in regime di isolamento ha, secondo le verità giudiziarie, costituito un impero criminale, ordinato omicidi, tramato con apparati deviati dello stato (deviati per modo di dire) e chissà cos’altro, uomo che ha trascorso ininterrottamente gli ultimi 34 anni e 2 mesi nel regime di isolamento dell’ergastolo ostativo che la corte europea dei diritti dell’uomo ha definito inumano con una storica sentenza nell’ottobre 2019.

La realtà è che Cutolo ha pagato caro il suo silenzio, lo stato non lo può tollerare e quindi l’ha trasformato nella bestia ideale da mostrare nella gabbia, la cui bocca sporca di sangue è servita a giustificare delle sbarre sempre più resistenti. E pure da morto sta assolvendo a questo triste compito, a giustificare la necessità di questo sistema.

Un violento esperimento sociale portato avanti da uomini privi di dignità, mediocri impiegati col gusto per la tortura, che dal tribunale di sorveglianza di Bologna di fronte alla richiesta di scarcerazione della famiglia, motivata dalle precarie condizione di salute, hanno sentenziato la sua pena di morte viva* con un semplice: “sarebbe un accadimento eclatante” con “effetti dirompenti” sugli equilibri criminali in Campania.

Dei perfetti ingranaggi di questo stato assassino.

Pernice Nera

* La pena di morte viva è la definizione data al regime di ergastolo ostativo da Carmelo Musumeci unico ergastolano ad oggi a cui è stato revocato.

 

L’ammucchiata sediziosa

sabato, Febbraio 13th, 2021

Ebbene sì, è successo quello che solo qualche tempo fa si sarebbe potuto solo immaginare. I politici hanno trovato i 209 buoni motivi che li hanno fatto tornare amici e hanno creato il più grande governo che la storia moderna di questo paese ricorda.

Grande lavoro in questi giorni per il ministero della verità , lo smart working non li aiuta ma grande è la dedizione di questi eccezionali servitori del potere di turno.

Lo sanno, sarà difficile cancellare dalla memoria collettiva tutti gli attestati di stima che i politici in questi anni si sono scambiati. Ma sarà sicuramente un lavoro facile per i giornalisti italiani, che con la loro libertà, indipendenza e solerzia hanno collocato l’Italia al 41° posto nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter Without Borders.

Sarà facile per questi coprofagi che dopo l’ennesimo grande banchetto a base di culo di drago si stanno pure leccando i baffi in attesa della grande fatica. Indomito sarà lo sforzo e sarà fantastico leggere i loro mirabolanti voli pindarici per giustificare gli antichi screzi già cominciati con la sostituzione al grido di governo hunità hunità del vecchio grido di Honestà honestà..

Li vedo riportare le cronache di chi si chiamava psico nano o mafioso di Arcore, orango, Giggino il bibitaro o quelli del mai col partito di Bibbiano o di prima il nord diventato poi prima gli italiani e oggi prima gli europei.

Non sarà facile ma ce la faranno anche perché una cosa c’è da dire, quello che accomuna questa classe politica: sono indistintamente maestri a spartirsi soldi e potere.

Come faranno a farci credere che l’opposizione a questa accozzaglia orgiastica e incestuosa e quindi il futuro visto le lacrime e sangue che presumibilmente ci stanno aspettando, è rappresentata dai fratellini e dalle sorelline d’Italia, che in ordine hanno votato Ruby nipote di Mubarack, le manovre lacrime e sangue del governo Monti, il salva Italia, la legge Fornero (sì proprio lei), il fiscal compat e un’altra serie di mannaie calate non certo sui ricchi.

Una favola a lieto fine, incredibile se non fosse terribilmente vera…Ce la faranno abbiate fede. Ce la faranno come quando torneranno a chiedere il vostro voto.

Ecco pensateci bene, ma non adesso che siete ancora frastornati e eccitati/e da questa quintalata di carne aggrovigliata nei preliminari prima della grande spartizione, pensateci quando quella feccia chiederà il vostro voto, promettendovi mirabolanti riscatti, condizioni di vita migliori e tutte le sovranità che vi possono italicamente eccitare.

Pensateci perché non è una delega che può cambiare le cose ma solo il vostro impegno quotidiano. Alla prossime elezioni camminate, salite su una cima sarà l’occasione perfetta per respirare dell’aria sana e salubre che aiuta corpo e spirito perché è dalle montagne sono scese le migliori ventate di libertà.

 

Il giorno del ricordo

mercoledì, Febbraio 3rd, 2021

Come ogni anno il 10 febbraio ci troviamo a parlare del giorno del ricordo istituito nel 2004 dal governo Berlusconi II, su spinta della componente nazionalista di quel governo, con l’intento di commemorare le  vittime delle foibe e dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel dopoguerra.

Abbiamo già trattato l’argomento in numerosi articoli in parte raccolti nella dossier “Storia e memoria” al link https://lavallerefrattaria.noblogs.org/post/category/storia-e-memoria/confine-orientale/ e anche quest’anno abbiamo deciso di non fare mancare il nostro contributo.

Lo vogliamo fare non raccontando quello che è accaduto nel confine orientale ma ciò che è successo agli alleati del regime fascista, ai tedeschi nazisti.

La capitolazione della Germania nazista ha portato allo smembramento dei territori che la componevano, sia delle regioni più periferiche che della città di Berlino che allora fu divisa in 4 zone di influenza. Ma fu nei territori più lontani, per lo più annessi militarmente negli anni precedenti che avvenne la scorporazione più significativa e dove si verificarono le espulsioni più pesanti. Dalla Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Paesi Bassi , Romania solo per citarne alcuni  cominciò un incessante esodo che subì delle accelerazioni nel quinquennio successivo alla fine della guerra e che si stima interessò dai 12 ai 16 milioni di cittadini origine tedesca espulsa da quei territori e che comportò uno stillicidio di soprusi e violenze impartiti alla popolazione dai vari eserciti vincitori occupanti.

Senza dimenticarsi mai delle tragedie umane che una uccisione o l’esilio provocano vediamo come i numeri in Italia siano ben diversi; le ricerche dell’Irsec (Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia) e le interessanti pubblicazioni di numerosi studiosi delle Università friulane e non ci indicano come l’esodo, più o meno forzato, delle genti giuliane e dalmate si attesti attorno a 150-200mila persone e i morti trovati nelle foibe poche migliaia di persone, più probabilmente tre o quattro.

Per molti di loro potrebbe comunque trattarsi di un controesodo in considerazione delle politiche demografiche promosse da i governi regi dalla fine della prima guerra mondiale e finalizzate a italianizzare e di sostituire etnicamente quelle popolazioni che fino ad allora erano vissute in pace.

Ribadendo che dietro questi numeri ci sono vite e drammi e contestualizzando storicamente la situazione non possiamo non renderci conto di come gli esodi siano stati un fenomeno di proporzioni europee promosso dai governanti di turno con delle politiche mirate per garantire dei bacini elettorali etnicamente omogenei o per liberare delle aree ricche di materie prime o centrali rispetto a interessi economici o strategici. E parallelamente di come quei sistemi politici utilizzassero l’omicidio, più o meno preventivo, per garantirsi quei fini. E le uccisioni delle foibe, tra l’altro non ben identificabili anche perche furono ampiamente utilizzate per nascondere i propri crimini dai tedeschi e dai fascisti, devono essere lette in questo senso, certamente terribile, e non possono essere stigmatizzate a senso unico o peggio essere ingrandite a dismisura; non possiamo dimenticare il milione di morti di Gasparri, pari all’intera popolazione della Venezia Giulia o delle decine o centinaia di migliaia dello “storico” Paolo Mieli.

In Europa e in Germania questo aspetto l’hanno forse compreso meglio degli italiani. Vi potete immaginare la cancelleria Merkel che parla di pulizia etnica nei confronti delle popolazioni tedesche? Ve la immaginate berciare di sciagura nazionale o delle terribili sofferenze senza proferire una parola sulle cause come hanno fatto gli ultimi due presidenti della repubblica italiana che con la stessa leggerezza sono passati dai bei discorsi a Sant’Anna di Stazzema a quelli a Basovizza? Parole pesanti come lapidi che di fatto avallano l’impianto voluto dall’estrema destra nazionalista che vuole imporre un’antistoria sulle foibe per equipararle ai crimini fascisti e nazisti.

Ovvio no. Per un semplice motivo, che i tedeschi i conti con la storia e con le proprie responsabilità forse li hanno fatti e hanno compreso che certi accadimenti non sono altro che effetti dati da delle cause ben precise. Forse hanno capito che il seme malato dell’ignoranza più o meno voluta può essere sconfitto con la consapevolezza, non certo con le leggi che rendono illegale il fascismo o il nazismo o che istituiscono un giorno di commemorazione e raccoglimento sia esso della memoria o del ricordo e con gli anticorpi che una società ha e che si crea combattendo con il nemico invisibile e sottile che sono le proprie responsabilità storiche.

Esodi e uccisioni sono i risultati dei calcoli politici, della difesa del potere istituzionale e sono i frutti amari dei regimi totalitari novecenteschi comunisti o fascisti e delle ideologie nazionaliste, patriarcali e militariste.

Le stesse portate avanti da chi oggi vorrebbe questo giorno eretto a monumento nazionale.

Valsabbin* Refrattar*

Foto:1942 eccidio Podhum Croazia dove il regio esercito italiano fucilò 91 civili, inviò ai campi di annientamento circa 800 persone e bruciò le loro 320 case.