Archive for Ottobre, 2020

A-Socialità Pedagogica

martedì, Ottobre 27th, 2020

Prosegue con questo secondo articolo a firma Winston e Julia l’analisi dello sconcertante periodo che stiamo attraversando.

A quasi due mesi dalla riapertura delle scuole crediamo sia interessante analizzarne la nuova realtà.

Cosa è cambiato, quali sono le motivazioni profonde di questi cambiamenti e che impatto stanno avendo e avranno sulle varie parti in causa e sul concetto stesso d’Istruzione.

Per analizzare ciò che sta succedendo ad oggi nel sistema scolastico e valutare i rischi conseguenti alle misure preventive messe in atto, bisogna forse fare un passo indietro e riflettere su quelli che dovrebbero essere i valori e le caratteristiche proprie di un luogo dedicato all’istruzione, alla cultura e alla formazione personale, secondo il significato stesso della parola, dar forma agli individui nella loro completezza.

Per definirsi tale questo luogo dovrebbe garantire agli studenti la possibilità di sviluppare la capacità di relazionarsi e cooperare con il prossimo, assecondando la natura sociale propria dell’essere umano e di sviluppare un senso critico attraverso lo studio e la cultura.

Presupposti questi che sono in netto contrasto con la situazione attuale in cui siamo costretti a confrontarci con una scuola nella quale se già prima le troppe ore passate in classe erano causa di frustrazione e stress ora gli studenti si trovano vincolati nelle aule e costretti ognuno dietro al proprio banco anche durante la ricreazione, tradizionale momento di decompressione e di ritrovo, impossibilitati in pratica a scambiarsi qualsivoglia oggetto, forma d’aiuto o gesto d’affetto.

Tra le altre restrizioni in atto troviamo ovviamente l’obbligo di mascherina per gli studenti al di sopra dei sei anni e per gli insegnanti anche negli asili, il che rende difficile costruire un rapporto di fiducia tra studenti e tra maestri e bambini.

Sempre nell’ottica di una scuola sana ed equilibrata i bambini sono costretti a sfilare in fila indiana per il controllo della temperatura, e nel caso qualcuno risulti con un paio di tacche di febbre viene isolato in un locale a parte in attesa dell’arrivo dei genitori che devono accorrere immediatamente a dispetto degli impegni lavorativi, familiari o delle possibilità pratiche.

Per finire, se così si può dire, assistiamo inermi alla legittimazione della presenza delle forze dell’ordine all’interno delle strutture scolastiche, tra cui asili e scuole elementari, per effettuare controlli ed ammonire gli insegnanti che non si adattano perfettamente alle norme vigenti interpretando un ruolo che non è di loro pertinenza in quanto proprio del direttore scolastico, il tutto senza considerare l’impatto che queste azioni possono avere sugli insegnanti stessi e sui bambini.

Il risultato è che ci si abitua, in previsione dell’ingresso nel mondo lavorativo, a vivere i momenti a scuola e correlati con stress ed è evidente che in queste condizioni diventa pressoché impossibile sperimentare quel che sono cooperazione, fiducia e umanità per cui è fondamentale un contatto diretto e spontaneo.

Il corto circuito della gestione scolastica in tempo di Covid è messo in evidenza dal paradosso interno all’abbinamento di parole Distanziamento Sociale dove troviamo accostati due termini con significati opposti tra loro.

Distanziamento ossia porre distanza, dividere e sociale da socius,che significa compagno, ove sociare significa unire.

La domanda quindi sorge spontanea, come può funzionare una scuola che in quanto tale dovrebbe favorire lo sviluppo completo degli individui in primo luogo attraverso il processo di  socializzazione,seguendo i crismi del distanziamento sociale?

Bisognerebbe mettere sul piatto della bilancia i rischi sanitari da un lato e dall’altro quelli psicologici e formativi degli studenti, tra cui bambini che stanno sviluppando la loro struttura psicologica e che non riescono a cogliere il fattore emergenziale del momento e assimilano come norme di vita queste misure.

Quando sia dal governo che dai media si ha l’impressione di una diffusione di dati allarmistici, talvolta in contrasto tra di loro, e di misure di dubbia efficacia, sarebbe opportuno prendere in considerazione alcuni dati per poter fare una potenziale valutazione dei rischi effettivi.

Mentre i numeri dei decessi rimangono invariati tra i dati diffusi dalla protezione civile italiana e quelli risultanti da studi sierologici il numero dei contagi è ben differente.

Secondo questi studi il numero dei contagiati in Italia sarebbe di molto maggiore rispetto ai dati diffusi dalla protezione civile, di conseguenza il tasso di letalità del virus crollerebbe drasticamente.

Non si può dire lo stesso riguardo i decessi causati da malattie cardiovascolari e tumori che da marzo ad ora sono rispettivamente il triplo ed il doppio rispetto al numero di decessi ufficiali per coronavirus, e sui quali volutamente non viene posta alcuna attenzione.

Viene spontaneo domandarsi allora se il fine giustifica i mezzi, se realmente vi sia la necessità di queste misure preventive e in caso contrario a chi giova tutta questa caotica situazione.

Ragioniamo quindi sulle direzioni che sta prendendo questa faccenda, direzioni le cui forme in alcuni casi si presentano come delle novità, mentre in altri casi sembra di assistere ad un acceleramento di meccanismi che già da parecchi anni sono stati messi in luogo nel sistema scolastico e non solo.

Cerchiamo di individuare il punto d’arrivo verso cui la scuola si sta muovendo già da anni attraverso un’analisi della sua struttura organizzativa e formativa.

Pensiamo ad esempio al sistema di debiti e crediti così come alla scelta di terminologie quali offerta didattica e competenza tecnica, risulta evidente che questi non possono che essere elementi peculiari di una scuola che fonda i suoi valori e le sue finalità su concetti di produttività, specializzazione e profitto in piena ottica imprenditoriale.

Non per nulla da anni assistiamo ad un abbandono delle facoltà umanistiche, che attraverso un percorso di analisi storica favoriscono lo sviluppo di un senso critico in favore di quelle tecniche e scientifiche che permettono di sviluppare conoscenze di settore specifiche e parziali e che formano individui che altro non sono che ingranaggi di una grande macchina interdipendenti gli uni dagli altri.

Cosa significa questo in una società che ci spinge a percepire il prossimo come un fattore di rischio da tenere a distanza?

Significa che questi rapporti di interdipendenza lavorativa sono possibili grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici, che ci permettono di entrare in comunicazione con individui sparsi sul globo che possono colmare le nostre lacune formative con le loro competenze parziali favorendo un processo di normalizzazione ed interiorizzazione di un individualismo che già ci ha contaminati da tempo, favorendo un iper socializzazione digitale a discapito di rapporti umani con le persone che ci circondano per i quali è fondamentale un confronto diretto, fatto di incontro e scontro che permette di formarci anche in relazione all’altro e alla comunità.

Per seguire la parabola di questo processo in atto basti pensare a quanto negli ultimi anni la tecnologia si è inserita nelle scuole dall’avvento del registro elettronico, dei computer individuali e dei tablet e che raggiunge l’apice oggi nella didattica online con tutte le sue sottili sfumature.

Pare assurdo che in un presente nel quale sempre piu’ giovani trascorrono troppo tempo relazionandosi a tecnologie e social network la scuola li ponga ormai praticamente nella condizione di abusarne anche all’interno della struttura scolastica.

In questo articolo ci concentriamo sulla scuola perchè crediamo sia bene ricordare che ciò che avviene al suo interno e i meccanismi che la muovono ci toccano in massa in qualità di genitori, studenti o insegnanti.

Sembra proprio che si stia assistendo ad un capovolgimento totale, quello che dovrebbe essere un luogo sicuro di incontro di giovani menti in pieno sviluppo viene utilizzato sia come terreno di dottrina che come detonatore sociale per far si che nuovi valori si radichino nella coscienza di giovani e bambini e quindi si diffondano nella società.

Bisogna forse fermarsi un attimo e domandarsi seriamente se siamo disposti ad assecondare questo status quo delle cose per timore di un possibile contagio e soprattutto se questo contagio sia davvero piu allarmante di quello in atto sul piano morale e sociale, che sembra aprire la strada ad una nuovo totalitarismo del quale tecnologia e terapia sono strumenti con un peso specifico non indifferente.

Quando tutti camminano in una direzione univoca rendersi conto che forse non per forza è la direzione corretta e decidere di far marcia indietro in mezzo alla folla diventa ben complicato, forse sarebbe il caso di ricordarselo.

Darsi il tempo di riflettere prima di muovere il primo passo potrebbe essere un punto di partenza verso un recupero di consapevolezza quanto mai necessario in questo momento storico.

 

Al prossimo articolo.

Winston e Julia, Ottobre 2020

Distopie pandemiche

mercoledì, Ottobre 21st, 2020

Sulla scia di quanto espresso su questo portale mesi fa WWW.vallesabbianews.it/notizie-/-it/(Lettere,Salute,Politica-e-Territorio)-Dubito-ergo-sum…-anche-in-epoca-Corona-Virus-53616.html , e delle analisi a firma “Valsabbin* Refrattar*, torniamo ad affrontare il tema “emergenza pandemica”, attraverso una serie di articoli e con il medesimo proposito di mettere in essere un dibattito orizzontale per scalfire il monolite del pensiero unico che, sotto il suo peso, pretende schiacciare ogni pensiero critico.

Per neutralizzare l’infamante accusa di negazionismo (categoria storicamente utilizzata per chi nega l’olocausto ed ora piazzata ad arte per squalificare chiunque esprima dubbi sulla gestione dell’epidemia), facciamo una necessaria premessa, il virus esiste e la terra non è piatta.

Detto ciò, lasciando da parte eccessi emotivi da tifoserie e dietrologie spicce, non intendiamo accettare il concetto ora in voga di Scienza con la maiuscola, che ci propone dogmi non dimostrati, abbandonando così i principi cardine di “sensate esperienze” (Galileo) e “possibilità di confutazione” (Popper).

La comunità scientifica non ha in assoluto posizioni univoche riguardo la questione Covid, fra i tanti medici e scienziati che dissentono dalla narrazione dominante vi sono illustri virologi come Tarro e premi Nobel come Montagnier.

Semplicemente però, chi non ha posizioni che si conciliano con l’ordine del discorso imposto viene totalmente ostracizzato mediaticamente e subisce attacchi personali senza diritto di replica.

Senza un dibattito vivo e in sviluppo la scienza non è più tale, e prende le sembianze di una religione.

I componenti del Comitato Tecnico Scientifico, coacervo di top manager calati dall’alto ed intrisi di clamorosi conflitti di interesse, assumono il ruolo di Sacerdoti del Tempio.

Il governo si deresponsabilizza di ogni decisione, e smette di essere tale, affidando a costoro decisioni e previsioni insindacabili e ingiudicabili. Persino dopo che, spargendo terrore a piene mani, ad aprile costoro annunciarono proiezioni con un calcolo di 151.000 terapie intensive per giugno, e che quelle cifre che si rivelassero poi errate di 150753 unità, nessuno dovette rendere conto del clamoroso procurato allarme.

La valanga che sta travolgendo innegabilmente le più elementari libertà individuali e di impresa muove da presupposti per nulla trasparenti.

Il bollettino di guerra che ogni giorno martella la popolazione snocciola dati elaborati con modalità nebulose, e presentati ad arte per dipingere un quadro con le tinte più fosche a disposizione.

Perché non si palesano mai età e patologie pregresse dei nuovi ingressi in terapia intensiva?

Qual è il fine nell’effettuare tamponi post mortem a tappeto se non quello di gonfiare artificiosamente le statistiche dei morti per Covid inserendovi anche decessi avvenuti per conclamate altre cause??

A tal proposito aggiungiamo che nei mesi a venire i numeri giocoforza cresceranno, nelle stagioni autunnali ed invernali la mortalità per questioni fisiologiche schizza, come anche la pressione sugli ospedali, in emergenza ormai ciclicamente da tempo dopo trenta anni di continui tagli alla sanità!

Per quale ragione non si accoglie come incoraggiante il dato che in media il 95% dei positivi giornalieri è asintomatico?

Questa figura dell’asintomatico, che è cardine per l’ordine del discorso emergenziale, merita poi un discorso a parte.

Non è per nulla dimostrato che possa contagiare, come si è lasciata scappare in una recente conferenza

stampa Maria Van Kerkhove, funzionario a capo del gruppo tecnico dell’Organizzazione mondiale della

sanità !! (costretta per la cronaca a nebulose ritrattazioni il giorno successivo).

Definire inoltre contagiata una persona senza sintomo alcuno, per poi dichiararla guarita al successivo tampone negativo dovrebbe portare ogni persona di buon senso a fare una grassa risata.

Si può definire contagiato un individuo colpito da una malattia che altera le normali funzioni biologiche, e non una persona portatrice sana di un Virus (ne ospitiamo a centinaia!!).

Generalmente per eludere queste e altre argomentazioni vengono puntualmente tirati in ballo i morti di marzo e aprile, omettendo di analizzare che quei decessi si sono registrati in totale assenza di cure, con i medici di base interdetti dal visitare, con le RSA piagate dal ricovero nelle stesse di pazienti Covid, con il tardivo ricovero ospedaliero di moribondi intubati in ventilazione profonda (prassi poi rivelatasi persino nociva).

Avremmo potuto acriticamente accettare i provvedimenti di marzo, attribuendo le troppe distopie e negligenze agli errori in buona fede di chi si è trovato ad affrontare qualcosa di nuovo ed extraordinario. Ma da quando, da metà aprile, con le prime

autopsie (inspiegabilmente omesse in precedenza) si è capito che il virus colpisce attraverso trombi che

danno luogo a embolie polmonari, e che è contrastabile con successo attraverso l’utilizzo di correnti

anticoagulanti (non a caso da quel momento la mortalità è implosa) ci facciamo sempre più domande.

Una di queste e’ : ” Perchè il virus ha colpito con veemenza straordinariamente maggiore le province di

BG e Bs ?” L’inquinamento atmosferico?? Le massicce campagne vaccinali messe in atto in quelle zone

nei mesi precedenti??

Noi non abbiamo una risposta certa, e pare che a nessuno nelle istituzioni interessi averla. Essì che dovrebbero preoccuparsi di fare assoluta chiarezza su un fenomeno come quello dell’interferenza virale dovuto alle vaccinazioni di massa, quantomeno per un principio di precauzione, prima di pretendere, come già successo in alcune regioni, che l’antiinfluenzale venga resa obbligatoria per gli over 65.

Crediamo che in molti abbiano iniziato a capire che “andrà tutto bene” è uno slogan che può calzare solo per i grandi colossi della farmaceutica, dell’informatica, della tecnologia, del credito e dell’e-commerce che in questo periodo emergenziale hanno visto decuplicare i loro profitti; può calzare per le schiere dei loro amministratori scodinzolanti a busta paga che distribuiscono appalti senza gare ai soliti noti ( uno su tutti i 27 milioni di mascherine al giorno al gruppo Fiat).

La cura somministrata alla classe media e lavoratrice è ben peggiore della malattia ed a breve potremo apprezzarne le conseguenze in tutta la loro gravità.

Migliaia di piccole-medie aziende falliranno, e un esercito di disoccupati si troverà, nel migliore dei casi, a svendere la propria forza lavoro per condizioni miserrime (vi invitiamo ad informarvi sulle condizioni lavorative da Amazon ad exemplum).

Proprio per non privarci dell’unica arma a disposizione di un popolo oppresso, l’unione, rifiutiamo il

concetto di distanziamento sociale (non fisico, si badi bene le parole non vengono scelte a caso).

Rifiutiamo i meschini appelli in salsa Gestapo alla delazione riguardo le abitudini del vicino.

Continuiamo a creare tessuto sociale, a guardare negli occhi il nostro prossimo senza vedervi un untore, ad

insegnare a i nostri figli condivisione e aggregazione solidale.

Rivendichiamo il diritto di riunirci ed assembrarci.

Perché oltre che inumano, il divieto di assembramento, sarà un caso, resta il tratto distintivo che accomuna tutti i regimi autoritari della storia.

 

Al prossimo articolo.

 

Winston e Julia, Ottobre 2020 o 1984?