Se Erdogan è un dittatore l’Italia è collaborazionista
Con le mani grondanti di sangue.
Hanno fatto molto clamore le parole pronunciate dal presidente del consiglio italiano pochi giorni fa a margine di una delle sue periodiche conferenze stampa.
Questo breve discorso, il cui estratto viene riportato fedelmente di seguito, ha scatenato subito le ire dell’amministrazione turca che ha convocato l’ambasciatore italiano e ha immediatamente attivato i principali media italiani, che subito si sono lanciati nel fomentare quel teatrino tipico della politica e dei giochi di palazzo che ha tutto l’interesse a non far emergere il reale significato dietro questo discorso.
“Non condivido assolutamente le posizione del presidente Erdogan, credo sia stato un comportamento inappropriato ,mi è dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che la presidente delle commissione europea Von der Leyen ha dovuto subire. (l’assenza di un posto dove sedere durante il loro ultimo incontro ndr)
La considerazione da fare, e forse l’ho già fatta in un’altra conferenza stampa, con questi diciamo, chiamiamoli per quello che sono dittatori, di cui però si ha bisogno per collaborare perché poi, uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute, di opinioni, di comportamenti,di visioni della società e deve essere anche pronto a collaborare a cooperare, più che collaborare cooperare per assicurare gli interessi del proprio paese. Questo è importante, bisogna trovare l’equilibrio giusto”
Analizzate queste parole capiamo immediatamente che non ci si trova innanzi al bambino che puntando il dito fa scoprire che il re è nudo, ma ci troviamo nella situazione in cui i registi di questo paese stanno gettando la maschera, veicolando il concetto che unisce in binomio, in un abbraccio mortale, le parole libertà e interessi economici. Siamo liberi e siamo utili fino a che siamo funzionali a questo sistema. Non si spiega come questo cinismo possa essere così sbandierato ed è per questo che di tutto il discorso venga dato eco solo alla parole dittatura e non alla vergogna di questa spregiudicatezza. E i media appecorati in questo intorbidire le acque sono maestri.
E inoltre, può esistere un equilibrio giusto tra l’accettazione di un regime dittatoriale e gli interessi economici? No, ovvio.
Quindi se Erdogan è il ditattore di uno stato dittatorato l’Italia per bocca del suo presidente del consiglio è chiaramente collaborazionista, certo rispettando le proprie diversità di vedute, di opinioni, di comportamenti,di visioni della società.
Collaborazionista è chi, pur conoscendo bene la caratura dei propri interlocutori e le assenze di libertà nei loro stati, tratta per le forniture di armi (non dimentichiamo le recenti forniture all’Egitto o all’Arabia Saudita), tratta per la tutela delle aziende italiane espatriate per sfruttare meglio la manodopera a basso costo o per pagare meno tasse, tratta perché la Turchia tenga bloccati nei propri lager i migranti siriani o afgani, ceceni o iracheni.
Tratta e tratterà sempre sulla pelle delle e dei giornalisti in carcere, delle torture inflitte ai prigionieri e di chi cerca di attraversare quel paese per cercare un futuro migliore in Europa. Tratta sugli anni di carcere degli oppositori politici o delle minoranze come i curdi o gli armeni sempre oggetto di feroce repressione.
E il governo “dei migliori” collaborazionista lo fa e lo dice per bocca del suo presidente, santificando così il concetto che vede gli interessi economici prima delle libertà e della salute, soldi unico e reale interesse nazionale che viene difeso.
Alla faccia di tutto il resto.
Valsabbin* Refrattar*
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