Quale riconciliazione

Abbiamo appreso nei giorni scorsi del convegno promosso dall’associazione amici della storia di Vestone dal titolo “Paolo Giacomini: una giovane vita spezzata per amor di patria” che si svolgerà sabato 30 ottobre a cavallo degli abitati di Belprato e Vestone. La celebrazione propone la deposizione di una corona al monumento ai caduti a Belprato, dove è presente anche il nome del Giacomini, e continuerà all’auditorium di Vestone con i vari interventi del convegno.

Già in passato abbiamo scritto del rapporto che intercorre tra storia e memoria, alcuni degli articoli sono stati raccolti nell’omonima sezione di questo blog e anche in questa occasione vogliamo evidenziare, pur non descrivendo cosa sia stata stata la X-mas, la repubblica sociale, il battaglione Fulmine o la figura di Paolo Giacomini povero figlio del suo tempo, quale sia il subdolo tentativo di imporre una nuova narrazione dietro a quel periodo storico.

Sotto la magica parola di riconciliazione, utilizzata da uno dei relatori per la presentazione del convegno, c’è il chiaro intento di far passare dinamiche di pacificazione rispetto a quel periodo e a quei fatti che non possono esistere (ad esclusione della morte,livella sociale, che ha coinvolto anche il Giacomini), soprattutto se l’analisi e il racconto storico derivano da una propaganda tanto subdola quanto gretta.

Oggi tutta questa grettezza la troviamo in manifestazioni come quella di Vestone ove la retorica militarista vuole celebrare quel periodo e i suoi eroi quali “eroi a prescindere”, quindi rimuovendo ogni necessario giudizio storico; italiani che dopo l’armistizio del ‘43 si schierarono con la dittatura e i nazisti contro altri italiani quali erano i partigiani o i civili da loro ammazzati.

La vediamo in molte parole e celebrazioni per il centenario del “Milite Ignoto” (introdotto proprio da un sovrano per imbonire il proprio popolo mandato al massacro senza scrupoli) ove non si celebra la vittima per eccellenza di ogni guerra, ovvero l’umanità massacrata ed abbruttita, ma la figura del “servitore”, di cui si sottolinea l’indubbia italianità, mandato a morire per un astratto “interesse nazionale”, per una “gloria” che è solo quella di chi manda a rotoli il mondo in quanto incapace di guardare ad esso se non con sguardo predatorio.

Come è possibile assistere ancora a questa retorica, prettamente militarista e nazionalista (il feticismo per le armi è solo la punta di questo iceberg), che solleva la guerra e le sue “gesta”, definite sempre eroiche, da ogni giudizio di merito, di contesto, di valutazione etica e per chi si professa credente, da imperativi morali?

Come non stigmatizzare chi vuole assolvere le “gèsta militari” anche quando era dalla parte sbagliata o veniva imposta alle proprie genti abituate al lavoro e desiderose di vivere in pace?

Come non sottolineare la schizofrenia dalle associazioni d’arma quando avallano parole come “servire la Patria” o “morire per amor di Patria” che intenzionalmente vengono pronunciate da questi “relatori” in modo strumentale?

Quale idea di patria hanno queste associazioni d’arma presenti col loro simbolo sulla locandina e con la loro presenza al convegno. Quella della Xmas e della Repubblica Sociale per cui Giacomini è morto o un’altra?

Sarebbe interessante saperlo in considerazione della loro presenza alle numerose commemorazioni partigiane o al “culto” di Mario Rigoni Stern che dopo la Russia fu deportato nei campi di sterminio in Germania dove vi stette due anni.

Siamo di fronte, ancora, ad una intollerabile propaganda che si appoggia ad un becero militarismo che per sua natura è nazionalista, che per esistere necessita di porre popoli contro popoli e che trova origini nella manipolazione dei cittadini, in primis intorbidendo con falsità la memoria storica collettiva.

Difendiamoci da queste retorica, da questa narrazione tossica e falsa, che rimuove ogni responsabilità etica e storica della guerra stessa, le responsabilità collettive e dei singoli e con queste mistificazione confonde vittime e colpevoli, attaccando queste falsità con l’unica verità storica: l’opera del fascismo e dei fascisti prima, durante e pure dopo la seconda guerra mondiale è un crimine e che non può in alcun modo essere oggetto di alcuna riconciliazione.

Valsabbin* Refrattar*

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