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Distopie pandemiche 2

martedì, Febbraio 23rd, 2021

La stretta sanitaria in corso ci ha spinto lo scorso autunno ad intraprendere un percorso di analisi e valutazioni finalizzato alla ricerca delle reali motivazioni dietro le scelte di gestione di questa pandemia e delle ambiguità correlate rispetto alla narrazione dei principali media nazionali.

L’affermarsi dell’emergenza pandemica, di questo nuovo ordine sanitario e della burocrazia correlata ci ha messo di fronte all’evidenza che questa stretta repressiva ha comportato privazione delle libertà tra cui il divieto di assembrarsi, le limitazioni alla socialità e il coprifuoco finora inimmaginabili per noi cittadini del cosiddetto primo mondo.

E la crisi sociale non ha riguardato solo questi aspetti ma pare stia accelerando anche i meccanismi di controllo e esclusione sociale, della marginalizzazione di determinate fasce della popolazione, fondamento del prosperare delle classi dominanti. Si stanno già profilando all’orizzonte nuovi vincoli, nuovi obblighi non ultimo il passaporto sanitario.

Con questa valutazione non vogliamo negare la situazione che stiamo attraversando ma cercare di smascherare l’ipocrisia dietro queste prossime imposizioni e obblighi che vengono spacciati come necessari per la salute pubblica.

Si sta profilando all’orizzonte un sistema sanitario centralizzato che con queste imposizioni renderà fattuale il paradigma uomo-macchina, utile e utilizzabile fino a che può lavorare poi può essere rottamato o sostituito o semplicemente escluso.

Il 15 gennaio  scorso la presidente della commissione Ue Ursula Von den Leyen ha prospettato la necessità che si formalizzi un nuovo requisito medico che dimostri che le persone siano vaccinate e l’Oms, la cui idea di sanità è bene nota e in linea con la mercificazione della salute, si è reso disponibile a creare una piattaforma di confronto e progettazione di questo obbligo.

L’ipocrisia di questa sistema che, se da un lato vuole un documento che attesti l’avvenuta vaccinazione che dovrebbe garantire la salute pubblica, dall’altro lo vuole per garantire la nostra utilità ai fini produttivi affinché le attività produttive non debbano fermare, facendo balzare ai nostri occhi il paradosso che indica come siano proprio quelle realtà, inserite nel sistema capitalistico dove il progresso è basato sull’utile, chiaramente contrarie alla salute pubblica e alla sostenibilità ambientale.

Pensate ad una sola attività cha ha come obbiettivo il profitto che comporta o che non sia causa di uno stillicidio di malattie professionali, sprechi, rifiuti e danni ambientali, alla faccia del miraggio dell’economia circolare e della salute collettiva. Pure la sanità, con la trasformazione degli ospedali in aziende sanitarie rientra in questa casistica con le logiche connesse tra cui l’abbattimento delle spese che hanno trasformato gli ospedali in suq affollati di informatori scientifici e agenti di commercio di prodotti farmaceutici.

L’altro paradosso inerente l’istituzione del passaporto sanitario riguarda il blocco degli spostamenti qualora una persona non ne sia provvisto. Questo scardina diversi trattati europei e un principi di libera circolazione che finora parevano intoccabili. Ovviamente per i cittadini occidentali o per quelli ricchi. Senza l’accettazione di tutti i protocolli sanitari, il vaccino per il Covd19 sarà solo il primo, non si potranno avere i documenti necessari per spostarsi, rendendo evidente il parallelo con i migranti che stanno cercando di raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo o lungo la rotta balcanica e che li incontrano muri. Muri che sappiamo come al di la della propaganda, siano spesso sono costruiti per non fare uscire più che per non fare entrare.

Con questo scritto, che non offre spunti o proposte, abbiamo voluto mettere sul piatto una discussione centrale rispetto ai temi libertà, lavoro e salute. senza cadere nel lato oscuro del cosiddetto complottismo o del fantomatico negazionismo.

Una riflessione che si ribalta facilmente nei nostri paesi dove la “crisi” ha acuito la tendenza di sempre che vuole soprattutto le fasce più deboli vittime dei meccanismi del ricatto occupazionale che, con un numero maggiore di persone che stanno restando senza lavoro e con i vincoli sanitari che imporranno, saranno sempre più soggette. Situazione causa di frustrazione, malessere, il tutto a scapito della “salute pubblica” certamente non di quella valutata dai parametri istituzionali ma di quella che ci permette una buona vita.

Concetto difficilmente monetizzabile e quindi marginale nelle politiche sanitarie e non e mai analizzato dai principali indicatori di qualità della vita.

Inverno 2020-2021

Il tricolore dell’ipocrisia

giovedì, Dicembre 24th, 2020

In questo periodo di isteria collettiva nel vuoto delle nostre case stiamo assistendo, alla finestra non potendo uscire o peggio attaccati alla televisione, alla divisione dell’Italia in tre aree, a seconda dell’incisività di questa ondata pandemica.

A definire i criteri di questa ripartizione c’è un super logaritmo che raccoglie, analizza ed elabora molti dati tra cui i contagi, decessi, tamponi e posti letto occupati nelle terapie intensive.

Il potere decisionale demandato ad una tecnologia che chiaramente se da un lato rende fattuali le decisioni perché collegate e conseguenti a dei dati inconfutabili, che non possono in alcun modo essere messi in discussione, dall’altro rende evidente la precarietà su cui basa i fondamenti della raccolta delle informazioni, plasmati sulle necessità del momento.

Il quadro che ne esce è impietoso e allarmante, in questa conclamata sudditanza alla tecnologia e alle sue applicazioni la classe politica ha così l’alibi per prendere le decisioni più dure senza esserne direttamente responsabile e può così gettare la maschera per sperimentare in questa società le politiche securitarie e repressive verificandone le reazioni e constatando la lente e incessante assuefazione ad esse. Perché il loro desiderio è quello di sempre, avere una massa di schiavi obbedienti sopra cui prosperare.

E per facilitare la fruizione dei risultati di queste iper tecnologie e dei metadati correlati difficilissimi da comprendere e accettare, soprattutto per i sintomatici del dubbio, tra le varie modalità di comunicazioni hanno utilizzato quella non verbale, visiva nello specifico e per indicarci la terapia da seguire nelle nostre quotidianità hanno colorato la penisola con tre colori, il giallo, l’arancione e il rosso. Colori caldi che l’istinto animale che in noi ancora è presente ci ricorda essere collegati all’allerta e ai pericoli, non solo per il virus ma anche per questa nuova strategia della tensione.

Ed è da questa tavolozza tricromatica che vengono presi i colori per pennellare con dei decreti la nostra vita e le nostre libertà

Molti sono i paralleli tra questi colori e il loro significato atavico o collegato al periodo virulento, dal rosso colore del sangue all’arancione che brilla sulle divise degli operatori sanitari o sulle pettorine delle forze dell’ordine sempre più massicciamente per le strade, ma è sul giallo che si vuole proporre una riflessione.

Giallo, il colore dell’oro simbolo della ricchezza o della vergogna ma anche delle stelle che gli ebrei furono obbligati a portare cucite sul petto a causa delle leggi razziali. Le stesse che oggi molti politici e non solo vorrebbero applicare ai non vaccinati o ai presunti negazionisti, figura pseudo mitologica su cui si concentra la tensione della ricerca di un fantomatico utile idiota da esporre al pubblico ludibrio e da additare come untore. Indicare di negazionismo chi si pone degli interrogativi sulla gestione e propone una lettura diversa dei fatti e delle responsabilità sarà il nuovo simbolo del nemico che dovrà essere immediatamente riconoscibile con l’identico atteggiamento di pochi decenni fa, modus che non possiamo dimenticare o relegare al passato e che in questo presente non vogliamo ritorni.

E così la nostra vita, i nostri rapporti umani, famigliari o amicali, all’ora precisa dal lampeggiare del nuovo colore, sono soggetti alle disposizione della nuova tinta di turno e che sia gialla, arancione o rossa poco cambia, la direzione auspicata va verso l’acromatico nero del coprifuoco, dove si sa non esserci né colori né ombre.

E per completare questo arcobaleno ci viene chiesto di appendere l’italico tricolore ai nostri balconi, servirà per sconfiggere il virus, mostrare la nostra straordinaria umanità e rinsaldare la nostra identità nazionale.

D’altronde ce lo chiedono in tanti, anche chi nemmeno troppi anni fa lo utilizzava per pulirsi il culo, figuriamoci se non lo possono usare per pulire qualcos’altro.

Tipo le loro coscienze dai morti e da queste ipocrisie…

Pernice Nera