Distopie pandemiche 2
La stretta sanitaria in corso ci ha spinto lo scorso autunno ad intraprendere un percorso di analisi e valutazioni finalizzato alla ricerca delle reali motivazioni dietro le scelte di gestione di questa pandemia e delle ambiguità correlate rispetto alla narrazione dei principali media nazionali.
L’affermarsi dell’emergenza pandemica, di questo nuovo ordine sanitario e della burocrazia correlata ci ha messo di fronte all’evidenza che questa stretta repressiva ha comportato privazione delle libertà tra cui il divieto di assembrarsi, le limitazioni alla socialità e il coprifuoco finora inimmaginabili per noi cittadini del cosiddetto primo mondo.
E la crisi sociale non ha riguardato solo questi aspetti ma pare stia accelerando anche i meccanismi di controllo e esclusione sociale, della marginalizzazione di determinate fasce della popolazione, fondamento del prosperare delle classi dominanti. Si stanno già profilando all’orizzonte nuovi vincoli, nuovi obblighi non ultimo il passaporto sanitario.
Con questa valutazione non vogliamo negare la situazione che stiamo attraversando ma cercare di smascherare l’ipocrisia dietro queste prossime imposizioni e obblighi che vengono spacciati come necessari per la salute pubblica.
Si sta profilando all’orizzonte un sistema sanitario centralizzato che con queste imposizioni renderà fattuale il paradigma uomo-macchina, utile e utilizzabile fino a che può lavorare poi può essere rottamato o sostituito o semplicemente escluso.
Il 15 gennaio scorso la presidente della commissione Ue Ursula Von den Leyen ha prospettato la necessità che si formalizzi un nuovo requisito medico che dimostri che le persone siano vaccinate e l’Oms, la cui idea di sanità è bene nota e in linea con la mercificazione della salute, si è reso disponibile a creare una piattaforma di confronto e progettazione di questo obbligo.
L’ipocrisia di questa sistema che, se da un lato vuole un documento che attesti l’avvenuta vaccinazione che dovrebbe garantire la salute pubblica, dall’altro lo vuole per garantire la nostra utilità ai fini produttivi affinché le attività produttive non debbano fermare, facendo balzare ai nostri occhi il paradosso che indica come siano proprio quelle realtà, inserite nel sistema capitalistico dove il progresso è basato sull’utile, chiaramente contrarie alla salute pubblica e alla sostenibilità ambientale.
Pensate ad una sola attività cha ha come obbiettivo il profitto che comporta o che non sia causa di uno stillicidio di malattie professionali, sprechi, rifiuti e danni ambientali, alla faccia del miraggio dell’economia circolare e della salute collettiva. Pure la sanità, con la trasformazione degli ospedali in aziende sanitarie rientra in questa casistica con le logiche connesse tra cui l’abbattimento delle spese che hanno trasformato gli ospedali in suq affollati di informatori scientifici e agenti di commercio di prodotti farmaceutici.
L’altro paradosso inerente l’istituzione del passaporto sanitario riguarda il blocco degli spostamenti qualora una persona non ne sia provvisto. Questo scardina diversi trattati europei e un principi di libera circolazione che finora parevano intoccabili. Ovviamente per i cittadini occidentali o per quelli ricchi. Senza l’accettazione di tutti i protocolli sanitari, il vaccino per il Covd19 sarà solo il primo, non si potranno avere i documenti necessari per spostarsi, rendendo evidente il parallelo con i migranti che stanno cercando di raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo o lungo la rotta balcanica e che li incontrano muri. Muri che sappiamo come al di la della propaganda, siano spesso sono costruiti per non fare uscire più che per non fare entrare.
Con questo scritto, che non offre spunti o proposte, abbiamo voluto mettere sul piatto una discussione centrale rispetto ai temi libertà, lavoro e salute. senza cadere nel lato oscuro del cosiddetto complottismo o del fantomatico negazionismo.
Una riflessione che si ribalta facilmente nei nostri paesi dove la “crisi” ha acuito la tendenza di sempre che vuole soprattutto le fasce più deboli vittime dei meccanismi del ricatto occupazionale che, con un numero maggiore di persone che stanno restando senza lavoro e con i vincoli sanitari che imporranno, saranno sempre più soggette. Situazione causa di frustrazione, malessere, il tutto a scapito della “salute pubblica” certamente non di quella valutata dai parametri istituzionali ma di quella che ci permette una buona vita.
Concetto difficilmente monetizzabile e quindi marginale nelle politiche sanitarie e non e mai analizzato dai principali indicatori di qualità della vita.
Inverno 2020-2021