Per colpa di chi?
In questi giorni stiamo sperimentando la reclusione e per certi versi l’annullamento delle libertà costituzionali.
Connessi ai cellulari e ai computer sopportiamo l’isolamento altrimenti impossibile delle nostre vite, aggrappandoci ai contatti virtuali, luoghi dove il bombardamento mediatico è incessante e l’imperativo al bene comune recita di “stare a casa”. Luoghi dove uscire solo per esigenze connesse ristrette ai beni essenziali connessi alla sopravvivenza fisica e a quelli del sistema economico: produrre e consumare.
Ad oggi la letalità del virus (riferendoci e prendendo per veri i dati ufficiali dell’Istituto superiore della sanità) è molto ma molto più alta di tutti gli altri stati dove il virus è comparso. Più che doppia rispetto alla Cina. Numeri utili per giustificare il clima
E questo è sicuramente un dato preliminare ma che già ci permette di fare dei ragionamenti. Senza tornare al tema dell’inquinamento ambientale che caratterizza la pianura padana e che ha presumibilmente reso i nostri apparati respiratori più sensibili, pensiamo a chi ha permesso la diffusione del virus.
Senza essere cospirazionisti, pensiamo ai militari americani (20 o 30 mila) sbarcati in Europa a inizio mese per l’operazione della Nato Defender Europe 20, annullata solo pochi giorni fa. Militari che però sono stati liberi di muoversi, a differenza nostra, senza comunicare l’uso dei dpi adottati o di altri sistemi atti a contenere il contagio. Ma non solo a loro ci riferiamo.
Il virus che è stato diffuso in queste settimane dalla mancata chiusura delle fabbriche e dei posti di lavoro. Chiusura fin da subito osteggiata da Confindustria che connota l’atteggiamento di sempre di mettere il profitto davanti a qualsiasi sicurezza dei lavoratori, persino alla loro vita.
Ma non solo, i lavori del cantiere del TAV della linea Brescia Verona fino all’altro ieri sono proseguiti come da programmi, con decine di lavoratori impegnati. Sono state queste le priorità del governo per contenere il virus?
Parallelamente assistiamo a una campagna di colpevolizzazione e di criminalizzazione di chi oggi non si omologa al coro del “restiamo a casa” che “andrà tutto bene”.
Si colpevolizza il singolo cittadino accusandolo, coi suoi comportamenti, di mettere a repentaglio la salute pubblica. E ciò viene fatto anche per distogliere l’attenzione dalle colpe reali di chi questa crisi non l’ha limitata, chiudendo immediatamente i luoghi di lavoro e nemmeno prevenuta in questi anni in cui il sistema sanitario è stato devastato e saccheggiato.
Devastato esternalizzando servizi, precarizzando il lavoro e non reintegrando i professionisti, medici e infermieri in uscita e saccheggiato di molti miliardi di euro, dirottati ad altri comparti strategici, come le grandi opere o la difesa.
E questa colpevolizzazione porta oggi a episodi di delazione strillata sui social, fatta da chi da casa denuncia e diffama chi esce. E non è un’invenzione ma è una realtà documentata anche da recenti articoli comparsi sulla stampa trentina.
E in questa situazione, degna di uno scritto orwelliano, dove le colpe sono invertite, la ricerca dell’untore serve a sviare l’attenzione su chi oggi sta liberamente circolando favorendo sicuramente la diffusione del virus.
E parallelamente l’inversione delle colpe è finalizzata allo sdoganamento del controllo sociale; non citiamo neanche l’estrapolazione dei dati sensibili dai nostri telefoni, tipo la geo localizzazione, citiamo però un’altra notizia fresca fresca: l’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) ha consentito l’utilizzo dei droni per il monitoraggio dei movimenti delle persone in strada.
Un quadro sconfortante che rende ben evidente la considerazione che nel nome dell’unità nazionale, del fantomatico stare tutti sotto la stessa bandiera, quindi obbedire, non stiamo mettendo in pericolo solo la nostra salute ma stiamo mettendo in gioco le nostre libertà.
Non dimentichiamocelo.
Valsabbin* Refrattr*
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