La strategia della tensione
Una premessa doverosa e probabilmente superflua per chi in questi anni si è approcciato a questo blog: con i fascisti di qualsiasi sorta non abbiamo nulla da condividere e il disprezzo nei loro confronti è grande quanto quello di chi li sta veicolando.
Detto ciò sui fatti di Roma, quando sabato 9 ottobre in occasione della manifestazione nazionale no green pass un gruppo di fascisti si è messo alla testa del corteo e sotto la sede della cgil di Roma ha contribuito a sfondarne il portone, abbiamo una riflessione da fare.
A Roma quell’accozzaglia neo fascista ha fin dai primi presidi spontanei chiamati dopo il decreto del 23 luglio contenente l’obbligatorietà del green pass e la proroga dello stato di emergenza al 31 dicembre 2021, presenziato a questi con l’esplicito intendo di mettere il cappello sulle auto indette manifestazioni. E fin da subito è stato lasciata agire indisturbato se non incentivata e sostenuta anche in considerazione della concessione di piazza del popolo a Roma.
Già assurdo è pensare come queste persone, colpite da una serie lunga di misure restrittive, deprecabili che non intendiamo avallare nemmeno nei confronti dei fascisti, come daspo, fogli di via e libertà vigilata abbiano potuto, lo scorso sabato, mettersi in prima linea in una delle manifestazioni più grosse indette contro il certificato verde e non siano state in alcun modo limitate nel loro agire da parte delle autorità deputate al controllo.
Autorità che, sicuramente informate, hanno attraverso chirurgici lanci di lacrimogeni e infiltrati (già è divenuto virale il video di uno di questi fedeli servitori che prima picchia un manifestante già fermato e poi è colto nello scuotere un furgone della polizia) esacerbato la situazione contribuendo ad orientare la piazza.
E l’utile idiota fascista proprio a questo è servito, delegittimare qualsiasi critica al lasciapassare sanitario agli occhi dei moderati e centristi di sorta e sollevare i sindacati concertativi, di cui la cgil è tra i principali, dalle responsabilità che sui tema narrazione e restrizioni pandemiche hanno.
Sarebbe sufficiente anche un’analisi superficiale per capire che questi provvedimenti (stato d’emergenza e lasciapassare sanitario in primis) non sono un tentativo di mettere un limite alla pandemia, che almeno nei numeri oggi non c’è, ma un regalo ai padroni e al loro potere di ricatto.
Ma questo sindacato che della lotta e della difesa dei lavoratori non ha che l’ ereditá di un tempo che non vuole ritorni (non è una caso che più della metà dei tesserati siano pensionati) e che sul tema specifico Covid ha perso bussola e forse confuso la difesa del posto di lavoro con la difesa dei lavoratori.
Un sindacato collaborazionista con il governo e i suoi provvedimenti (ad esclusione di buona parte della sua componente fiom), che in questi anni di mediazioni ha contribuito a devastare e saccheggiare il futuro di tanti lavoratori che oggi si trovano ulteriormente ricattati in considerazione anche del lasciapassare sanitario.
Chi ha vissuto in questi mesi di mobilitazioni spontanee ha potuto constatare la variegata composizione dei partecipanti e delle idee e delle motivazioni che li hanno spinti a protestare. Tante diversità accomunate dalla contrarietà all’obbligo di esibizione della certificazione verde e alle dinamiche decisionali parlamentari.
La retorica dei media di regime, strepitosi trombettieri del re Draghi, oggi strilla alla criminalizzazione di decine di migliaia di persone che in centinaia di piazze italiane sono scese pacificamente per protestare paragonandoli ai fascisti di forza nuova; ora che hanno trovato l’utile idiota e la pistola fumante, rappresentata dall’ ”assalto” alla sede della cgil potranno così dare il giro di vite che tanto serve per allineare anche gli altri pericolosi eversivi al nuovo pensiero unico del credere, obbedire, vaccinare.
Qualche anno fa questa situazione l’avrebbero chiamata con un nome specifico: la strategia della tensione che se da un lato serve per delegittimare qualsiasi forma di dissenso dall’altro sdogana una gestione della cosa pubblica illiberale, autoreferenziale e contro qualsiasi dinamica democratica.
In una parola: fascista.
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