Apatie asintomatiche
Nella nostra rassegna di articoli di analisi sul tema “emergenza pandemica” abbiamo ritenuto necessario riservare uno spazio particolare agli esseri umani internati nelle RSA italiane. Utilizziamo il termine internati consci del forte valore costrittivo che ciò sottintende.
Di fatto costoro da mesi vivono una situazione per certi versi paragonabile al regime di massima sicurezza riservato ai detenuti considerati particolarmente pericolosi.
Attraverso questo scritto intendiamo dare risalto a delle problematiche quasi totalmente eluse dalla copertura mediatica, e ridare così voce e dignità a migliaia di persone attualmente spogliate dei più elementari diritti dell’individuo.
Una premessa è d’obbligo: la situazione nelle RSA italiane non era certo rosea neppure prima dell’epoca Covid, quest’ultima non ha fatto altro che cristallizzare grossi deficit sedimentati da decenni.
La mentalità aziendale, incoraggiata dalle istituzioni, ha da tempo occupato la sfera dell’assistenza alla terza età; una miriade di fondazioni private e S.P.A. (fra queste vi sono veri e propri colossi come la KOS del noto imprenditore Carlo De Benedetti, con 116 strutture sul territorio nazionale) si sono negli ultimi decenni sostituite al pubblico, trasformando in un affare colossale la gestione degli ospizi attraverso la solita ricetta neoliberista che ogni impresa dedita al profitto mette in pratica.
Tagli al personale, al costo del personale stesso, riduzione di tutte le spese vive a partire dal vitto, riduzione di tutte le attività ricreative e stimolanti tese a rallentare il deterioramento cognitivo e fisico ( a compensazione di ciò si privilegia una posologia farmaceutica ricchissima di sedativi e psicofarmaci).
Con regolare cadenza negli ultimi anni sono emersi episodi che chiamare di degrado è un eufemismo; vessazioni e maltrattamenti ai danni degli utenti sono più volte stati documentati da indagini di polizia e giornalismo d’inchiesta. Tutto lascia presumere che i casi venuti alla luce rappresentino solo la punta dell’iceberg.
Ed ecco che dal mese di marzo (ufficialmente) si abbatte su questo già di per sè desolante panorama l’incubo del virus. Gli anziani nelle RSA vengono immediatamente isolati dai loro affetti e le visite dall’esterno inibite. Nel contempo però su indicazione di una delibera del consiglio regionale lombardo, ma non solo in Lombardia, pazienti positivi con sintomatologia lieve vengono ricoverati negli ospizi. Si dirà poi in condizioni di isolamento rispetto agli altri, ma il personale che li cura è innegabilmente lo stesso. I dispositivi di protezione forniti agli operatori sono del tutto deficitari, come inadeguato è il monitoraggio delle infezioni.
Ad una percentuale rilevante di lavoratori che finiscono col tempo positivi in quarantena , si aggiunge la defezione (per non chiamarla diserzione come fece un dirigente del 118 ad aprile) di un numero elevato di personale sanitario. Si badi bene, il nostro non è un attacco alla categoria e neanche un giudizio umano, ma una semplice costatazione. Probabilmente molti di costoro si sono sentiti poco tutelati, oltre che spaventati dall’ isteria mediatica che dava (e continua a farlo) una rappresentazione del Covid in linea con l’ebola. Il risultato di questi fattori è che nel periodo che va dal 15 marzo al 15 maggio la maggioranza delle RSA italiane si trova ad operare con organici (già di per sé stringati) ridotti con percentuali picco dell’ 80 %. In che misura ciò abbia contribuito al torrente di decessi per/con covid negli ospizi (oltre la metà del totale nazionale) non ci è dato sapere.
Queste gravissime mancanze di tutela degli utenti, rendono se possibile ancor più inaccettabili le misure di totale isolamento dalle famiglie. In attesa di una morte biologica non lontana, già di per se ostacolata da un eccessivo accanimento terapeutico non in sintonia con il ciclo naturale della vita, questi dannati sperimentano una morte affettiva continuata ed ostativa.
Molte anime belle auspicavano l’emergenza pandemica potesse essere un’opportunità per ridiscutere l’impegno pubblico nella sanità e nell’assistenza ai bisognosi. L’inazione dello stato negli ultimi mesi (che altro aspettarsi dalla stessa classe politica che ha tagliato solo dal 2012 ad oggi 37 miliardi di euro dal bilancio sanitario) ha ampiamente dimostrato che si tratta di una pia illusione. La gestione privata , che per decenni hanno tentato di venderci come più efficiente e sostenibile, ovviamente ricerca il profitto a discapito della salute.
E la religione del Dio Denaro porta ineluttabilmente alla morte dello spirito. Fintanto che questi saranno i principi regolatori della nostra società, continueremo ad assistere alla marginalizzazione degli anziani come di tutti gli individui giudicati improduttivi.
L’orribile cinismo del capitale ha provocato nei più una mutazione antropologica che ha scalzato i nostri vecchi dal venerato ruolo avuto in ogni società preindustriale, quello di memoria e guida di un popolo.
Ridare loro centralità e rispetto è dovere di ogni essere umano degno di questo nome.
Perché gli anziani sono il nostro passato e il nostro futuro allo stesso tempo, custodi della nostra
memoria e specchio del nostro divenire.
Winston e Julia, Novembre 2020 o 1984?
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