Il tricolore dell’ipocrisia

In questo periodo di isteria collettiva nel vuoto delle nostre case stiamo assistendo, alla finestra non potendo uscire o peggio attaccati alla televisione, alla divisione dell’Italia in tre aree, a seconda dell’incisività di questa ondata pandemica.

A definire i criteri di questa ripartizione c’è un super logaritmo che raccoglie, analizza ed elabora molti dati tra cui i contagi, decessi, tamponi e posti letto occupati nelle terapie intensive.

Il potere decisionale demandato ad una tecnologia che chiaramente se da un lato rende fattuali le decisioni perché collegate e conseguenti a dei dati inconfutabili, che non possono in alcun modo essere messi in discussione, dall’altro rende evidente la precarietà su cui basa i fondamenti della raccolta delle informazioni, plasmati sulle necessità del momento.

Il quadro che ne esce è impietoso e allarmante, in questa conclamata sudditanza alla tecnologia e alle sue applicazioni la classe politica ha così l’alibi per prendere le decisioni più dure senza esserne direttamente responsabile e può così gettare la maschera per sperimentare in questa società le politiche securitarie e repressive verificandone le reazioni e constatando la lente e incessante assuefazione ad esse. Perché il loro desiderio è quello di sempre, avere una massa di schiavi obbedienti sopra cui prosperare.

E per facilitare la fruizione dei risultati di queste iper tecnologie e dei metadati correlati difficilissimi da comprendere e accettare, soprattutto per i sintomatici del dubbio, tra le varie modalità di comunicazioni hanno utilizzato quella non verbale, visiva nello specifico e per indicarci la terapia da seguire nelle nostre quotidianità hanno colorato la penisola con tre colori, il giallo, l’arancione e il rosso. Colori caldi che l’istinto animale che in noi ancora è presente ci ricorda essere collegati all’allerta e ai pericoli, non solo per il virus ma anche per questa nuova strategia della tensione.

Ed è da questa tavolozza tricromatica che vengono presi i colori per pennellare con dei decreti la nostra vita e le nostre libertà

Molti sono i paralleli tra questi colori e il loro significato atavico o collegato al periodo virulento, dal rosso colore del sangue all’arancione che brilla sulle divise degli operatori sanitari o sulle pettorine delle forze dell’ordine sempre più massicciamente per le strade, ma è sul giallo che si vuole proporre una riflessione.

Giallo, il colore dell’oro simbolo della ricchezza o della vergogna ma anche delle stelle che gli ebrei furono obbligati a portare cucite sul petto a causa delle leggi razziali. Le stesse che oggi molti politici e non solo vorrebbero applicare ai non vaccinati o ai presunti negazionisti, figura pseudo mitologica su cui si concentra la tensione della ricerca di un fantomatico utile idiota da esporre al pubblico ludibrio e da additare come untore. Indicare di negazionismo chi si pone degli interrogativi sulla gestione e propone una lettura diversa dei fatti e delle responsabilità sarà il nuovo simbolo del nemico che dovrà essere immediatamente riconoscibile con l’identico atteggiamento di pochi decenni fa, modus che non possiamo dimenticare o relegare al passato e che in questo presente non vogliamo ritorni.

E così la nostra vita, i nostri rapporti umani, famigliari o amicali, all’ora precisa dal lampeggiare del nuovo colore, sono soggetti alle disposizione della nuova tinta di turno e che sia gialla, arancione o rossa poco cambia, la direzione auspicata va verso l’acromatico nero del coprifuoco, dove si sa non esserci né colori né ombre.

E per completare questo arcobaleno ci viene chiesto di appendere l’italico tricolore ai nostri balconi, servirà per sconfiggere il virus, mostrare la nostra straordinaria umanità e rinsaldare la nostra identità nazionale.

D’altronde ce lo chiedono in tanti, anche chi nemmeno troppi anni fa lo utilizzava per pulirsi il culo, figuriamoci se non lo possono usare per pulire qualcos’altro.

Tipo le loro coscienze dai morti e da queste ipocrisie…

Pernice Nera

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