Il nuovo decreto insicurezza

Il nuovo decreto sicurezza e l’alienazione del sincero democratico.

Con questo articolo prosegue l’analisi delle politiche securitarie che in questi anni stanno segnando la vita legislativa italiana e in particolare con questo scritto ci vogliamo concentrare sul D.L. 130/2020 dal titolo “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione e sicurezza”, il nuovo decreto “sicurezza” approvato in senato lo scorso 18 dicembre e pubblicato in gazzetta ufficiale il giorno successivo.

“I decreti propaganda/Salvini non ci sono più” ha postato sui suoi social il segretario del partito democratico che così ha dato eco all’approvazione del testo; l’ennesima fake news in linea con la gattopardiana massima del “cambiare tutto per non cambiare niente”. Il testo è perfettamente allineato e schierato con quello precedente, non scardinando e non mettendo in discussione l’impostazione che vuole due temi diversi, sicurezza e immigrazione collegati nell’ abbraccio mortale concepito dalle menti razziste del precedente governo (per dovere di cronaca almeno per metà presente in questo).

In questo cortocircuito che ben rappresenta la pochezza di questa classe politica, interessante è l’analisi comunicativa conseguente la promulgazione; grande risalto mediatico è stato dato alla questione migrazioni per cui non sono mancati articoli, servizi tv e post, non un cenno però è stato fatto alla stretta repressiva in atto, in perfetta continuità con i precedenti decreti, perché è ciò che non dicono che deve preoccuparci non solo quello che passa sui media, sempre più e solo megafoni del regime democratico.

Sono sedici gli articoli di questo decreto che seguono il solco sempre più profondo tracciato dal precedente testo e che possiamo racchiudere in tre capitoli: sicurezza urbana, controllo carcerario e immigrazione. In questo articolo analizzeremo solo il primo.

La pubblica sicurezza, perfetto acronimo del controllo totale, viene allargata sempre più alle fasce povere e al dissenso, in particolare a quelle fasce che potenzialmente esasperate dalla crisi, ormai strutturale in questa economia malata terminale, potrebbero alzare o stanno alzando la testa.

Viene ampliato il daspo urbano, misura sperimentata nel mondo ultras e poi allargata e utilizzata per regolare ogni forma di attività non controllabile, che consiste nel divieto di accedere a locali o eventi pubblici o a manifestazioni sportive per un determinato periodo, anni solitamente. Questo decreto allarga l’azione del daspo anche a coloro che hanno riportato, negli ultimi 3 anni, denunce o condanne non definitive per questioni di spaccio effettuato in prossimità di punti “sensibili”, scuole, università o locali pubblici aperti al pubblico, praticamente ovunque. Una presunta pericolosità che può così essere definita arbitrariamente dalla questura o dalla prefettura di turno, elemento a nostro avviso direttamente collegabile all’impalcatura del codice Rocco approvato in piena epoca fascista e della strategia della prevenzione del dissenso, alla faccia del principio di innocenza fino a condanna definitiva.

E in attesa che l’Italia adotti una legislazione sulla tortura e sull’identificazione delle forze dell’ordine, oggi troppo spesso impunite per i loro innumerevoli soprusi, vengono inasprite le pene per coloro che risultano coinvolti in risse prevedendo che, nei casi di morte o lesioni personali, il solo fatto della partecipazione alla medesima risulti punibile con la reclusione da 6 mesi a 6 anni.

Nemmeno questa crisi ha portato ad una cancellazione del piano nazionale sgomberi o del reato di invasione di edifici ennesima riprova di quanto la povertà a loro faccia schifo; stessa cosa per il reato di blocco stradale, balzato alle cronache perché immediatamente applicato per le proteste dei pastori sardi e degli operatori della logistica, a significare da un lato che quel tipo di protesta fa davvero male a chi la subisce, forti sono i contraccolpi economici soprattutto delle aziende del comparto logistica sempre più attive in questo mondo sempre più tecnologico e orientato agli acquisti sulle piattaforme di e-commerce e dall’altro rende evidente il tentativo di riportare, attraverso questa spada di Damocle fatta di anni di galera e sanzioni pesantissime, sotto il controllo dei partiti o dei sindacati padronali quelle proteste spontanee.

E se nemmeno il daspo urbano, le multe e le varie forme di controllo preventivo riescono a fermare il dissenso ci penseranno i taser, la cui sperimentazione pare non avere un limite essendo estesa alla polizia locale delle città con più di 100mila abitanti. Una sperimentazione, neologismo che indica la quotidiana goccia di stricnina, attivata in poche città e che sarà destinata a essere strutturale nel distopico futuro, e forse presente, che pare profilarsi all’orizzonte.

Distratti dal tema migranti, stiamo assistendo ad un continuo assalto con armi convenzionali e non alla povertà, alle nostre libertà e al dissenso, l’ennesimo smacco di questa classe politica che ha completamente svenduto tutti i valori, tra cui l’umanità e la dignità.

Per questi sinceri democratici la sicurezza è fatta di polizia, impunità, controlli preventivi, repressione e taser e la nostra?

La nostra è fatta di libertà e per essere liberi è necessario dissentire e disobbedire.

Valsabbin* Refrattar*

 

 

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