A 20 anni dal G8 di Genova 3

Con questo terzo articolo concludiamo il breve percorso di racconto delle giornate del G8 di Genova e dopo avere ripercorso i fatti principali e le vicende giudiziarie che hanno coinvolto gli allora responsabili dell’”ordine” pubblico e le loro violenze pianificate  in questo articolo parleremo delle vicende che sono occorse ai manifestanti.

Gli scontri di quelle giornate portarono a numerosissimi fermi che spesso si risolsero in multe e sanzioni amministrative ma anche rimpatri forzati e che diedero il via anche a numerosi processi. Quello che più ha avuto eco mediatico è stato quello contro il cosiddetto blocco nero, o processo dei 25, in cui sono stati condannati in primo grado in 24 per un totale di 110 anni, 10 per il reato di devastazione e saccheggio, 13 per danneggiamento e 1 per lesioni. Pene poi riviste in secondo grado e in cassazione.

Sul reato di devastazione e saccheggio ci sarebbe molto da dire: previsto dal codice Rocco in piena epoca fascista e di tempi dove era necessario reprimere qualsiasi forma di dissenso e quasi mai utilizzato dal dopoguerra se non per rari casi negli anni sessanta, è stato rispolverato e applicato prima per punire chi aveva partecipato alla manifestazione organizzata a seguito della morte di Baleno (anarchico morto suicida)  poi proprio per il G8 per punire quei fenomeni di piazza.

Come tutti i reati e le misure che provengono direttamente dal codice Rocco, come la sorveglianza speciale o i fogli di via, anche questo si inserisce nel tentativo dello stato di seppellire sotto anni di isolamento o carcere qualsiasi forma di conflitto o di limitare preventivamente qualsiasi forma protesta pubblica.

Oggi quasi tutti i condannati per quei processi sono in libertà; tra i pochi che sono riusciti a sottrarsi al carcere c’è Vincenzo Vecchi rifugiatosi in Francia. Pochi mesi fa però è giunta anche per lui la richiesta di estradizione ma la Francia, come accaduto per altre situazioni, spinta anche dalle centinaia di mobilitazioni in tutto il territorio transalpino ha vietato l’estradizione e ha passato la palla della decisione alla Corte Europea, considerando la condanna inflitta dai tribunali italiani ingiusta e sproporzionata rispetto alla realtà dei fatti.

Meno bene invece sta andando a Luca che sta terminando di scontare la condanna per devastazione e saccheggio nel carcere di Cremona e che nei giorni del ventennale ha potuto sentire dalla sua cella la solidarietà di chi non l’ha certo dimenticato.

Le verità processuali hanno solo in parte accertato le violenze e come sempre accade quelle che più hanno fatto clamore sono state quelle compiute dai manifestanti. Troppo spesso si è taciuto sulle condanne della corte europea dei diritti dell’uomo all’Italia per le sospensioni delle libertà, per la gestione inumana e per le torture in piazza, nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto.

Oggi troppo spesso si parla di verità e giustizia, ma sappiamo benissimo che quella che può uscire da un tribunale può essere una giustizia che di giusto non ha nulla perché la vendetta rancorosa è stata il sentimento predominante di chi ha giudicato gli altri senza avere mai fatto i conti con le proprie responsabilità.

Quelle giornate sono state una delle pagine più buie di questo ventunesimo secolo che tante, troppe, analogie hanno con quelli che sono passati alla storia come anni di piombo dove a pagare caro sono state solo le vittime di quella strategia e i carnefici e i mandanti sono rimasti impuniti se non premiati per il loro operato.

A 20 anni di distanza sappiamo che quelle idee e quelle proteste sono davvero sempre più attuali e necessarie in questo mondo dove quell’idea di sviluppo capitalista proposta da quei vertici sta portando alla devastazione e al saccheggio delle nostre vite e dei nostri territori.

Da Genova ad oggi, in ogni caso nessun rimorso!

Valsabbin* Refrattar*

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