L’Italia è una “repubblica” fondata sulla discriminazione

Ed ecco varcata un ulteriore meta nella corsa alla costante soppressione delle libertà personali che dall’inizio della narrazione pandemica vede una escalation senza apparenti limiti.

Alla già lunga lista di ricatti morali e materiali che il potere ha posto in essere per estorcere un consenso informato ai renitenti alla nuova eucarestia si aggiunge, dal 15 ottobre prossimo venturo, l’impossibilità di svolgere una qualsiasi professione in assenza del lasciapassare governativo.

Il definitivo funerale dello stato di diritto, che pur con tutti i suoi limiti aveva regolato la nostra società fino alla dichiarata emergenza pandemica, è stato annunciato dai suoi becchini con le modalità alle quali ci hanno oramai abituati.

Provvedimenti che vanno a ledere il diritto al lavoro di milioni di individui vengono emanati dalla sera alla mattina da un potere assolutista che non conosce opposizione né in parlamento, né tanto meno nelle parti sociali, grazie alla decennale deriva collaborazionista dei principali sindacati. Il nostro paese, abitato da un popolo in maggioranza bue e con una classe politica di quasi soli vili affaristi, offre le condizioni ideali per porre in atto esperimenti di ingegneria sociale, tesi al raggiungimento dello spesso citato grande reset. Per mesi abbiamo messo in evidenza l’assenza di fondamenti sanitari per queste strette liberticide.

Sappiamo di come i dati siano stati costantemente manipolati nella loro elaborazione e presentazione al pubblico, al fine di presentare sempre e comunque il peggior scenario possibile.

Sappiamo di come ogni terapia precoce sia stata denigrata e ostracizzata.

Sappiamo che lo stato mentre ci terrorizza con il cavallo di battaglia della possibile saturazione delle terapie intensive nulla ha fatto per aumentarne la capacità.

Sappiamo che i vaccinati si contagiano e contagiano, e che l’unico indicatore certo di immunità, ovvero il titolo anticorpale di un individuo, non è ammesso come base per ottenere il lasciapassare.

La lista dei paradossi potrebbe essere infinita, ma insistere sul piano logico/analitico, pur essendo sempre importante, non può rimanere l’unica via.

Per fermare questa deriva autoritaria ed impedire che la perenne emergenzialità diventi la nuova normalità, la disobbedienza civile deve fare da argine. Questo nuovo modo di governare, che ci trasforma palesemente in sudditi, se non viene fermato in tempo si farà schema costante, la questione dello pseudo vaccino in prospettiva è il dito e non la luna. In futuro il governo si riserverà di applicare gli stessi parametri, per imporci qualsiasi scelta a vantaggio dei potentati economici di cui è palesemente a libro paga, cavalcando altre emergenze che non gli sarà difficile alimentare (fra terrorismo, catastrofi ambientali, nuove pandemie alle quali già apertamente si insinua, vi sarà l’imbarazzo della scelta).

Nel 1931 su oltre 1.200 docenti universitari a cui si chiedeva di giurare per il partito fascista, pena la sospensione dal lavoro, solo in 12 rifiutarono. In pochi salvarono etica e principi, ma anche grazie a quello spirito, a distanza di poco più di un decennio, la resistenza italiana cercava di gettare le basi per una repubblica fondata sul lavoro e la dignità. Orwellianamente quei 12 docenti sono ora celebrati pure da una buona fetta della classe politica che in questo momento storico insieme all’abdicazione ai diritti fondamentali dell’individuo vorrebbe strapparci il consenso all’iniezione di una terapia genica sperimentale, che aldilà di non pochi effetti avversi immediati non offre alcuna garanzia sul medio lungo termine. Di fronte a tutto questo, che ognuno di noi resista, e porti avanti la sua battaglia sui luoghi di lavoro e nella società nei modi che ritiene più opportuni.

Siamo molti più di quanti ci vogliono far credere, e soprattutto siamo la parte migliore dell’umanità. La storia ci darà ragione.

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