A tre anni di distanza

A tre anni di distanza dalla comparsa nelle nostre vite della malattia che è passata alla storia come Covid-19 e in proseguimento del lavoro collettivo che ha prodotto la raccolta di scritti dal titolo “Fine emergenza mai” che fin dai primi giorni di marzo 2020 ha raccontato l’affermazione della narrazione pandemica e delle norme repressive e liberticide connesse, con questo scritto inauguriamo una serie di articoli che hanno la pretesa fare un punto della situazione oggi.

Oggi che per certi versi l’effetto lungo della stretta sanitaria pare avere perso il suo volano mediatico, ma non per gli effetti avversi ormai, normalizzati nella neolingua anglicizzata del long Covid, molti sono gli aspetti che ancora ci preoccupano e ci fanno riflettere.

Non certo da un punto di vista sanitario, gli effetti collaterali paiono non colpire chi non si è allineato al motto vaccino e moschetto democratico perfetto, ma in parte per lo stigma sociale che ancora in molti luoghi proprio quelle persone sentono addosso e in parte per la deriva autoritaria che questo regime ha preso.

La realtà dei fatti ha visto e vede pian piano sgretolarsi il muro di menzogne che lo stato ha costruito per mascherare la più grande operazione di maquillage sanitario di questo secolo.

La falsità dolosa del non ti vaccini, ti ammali, muori e fai morire pronunciata a reti unificate dal precedente presidente del consiglio Draghi dovrebbe fare esplodere di rabbia pure quelle persone che in questi anni hanno perso i loro cari; una menzogna accertata oggi da numerosi studi scientifici e supportata dai dati, pure da quelli pubblici.

Pure per la gestione dolosa delle cure, a cui si danno gli ovvi benefici del primo periodo, ma che non può farci dimenticare il mantra della tachipirina e vigile attesa, formula criminogena che è perdurata per oltre due anni e che ha de-facto posto nella scomoda posizione tutte le altre terapie fuori da quel coro. Che poi la tachipirina e l’attesa non sono certo una terapia ma come si è dimostrato anticamera dell’aggravarsi della patologia.

E quando non c’è stata la menzogna c’è stato il trattamento inumano dei più deboli e dei più fragili, costretti tra quattro mura negli ospedali o nelle Rsa, senza la possibilità di un contatto con l’esterno, privati degli affetti, spesso considerati soggetti sacrificabili ma ovviamente per il loro bene.

Queste menzogne accettate come dogmi religiosi da chi ha avuto verso la scienza l’atteggiamento cieco tipico dell’ortodossia militante, sempre pronta ad accettare le più grandi fantasie ammantandole di santa verità.

Se c’è una cosa certa è quella che tutti i progressi scientifici e non, sono avvenuti coltivando il dubbio verso lo status quo, l’esistente e il saputo.

Non dimentichiamo le bugie dietro la narrazione per cui una persona è sana fino a prova contraria e lo strumento per comprovare la non pericolosità sociale dei presunti rei è dimostrato attraverso un tampone. Il tampone strumento che, come sempre accade, sappiamo essere stato spinto per i soliti interessi economici dei pochi, la salute “whatever it takes” a qualsiasi costo, per il paziente. Tamponi che utilizzati a tappeto hanno dato forza e vigore alla narrazione ufficiale, sostenuta e sorretta anche da quelli “venuti dal basso”.

Pure oggi a grande distanza per accedere alle strutture sanitarie pubbliche, si è costretti ad esibire un certificato di buona salute, il green pass, che in fin dei conti corrisponde ad uno di buona condotta, il cui costo sia sociale che economico è sempre in carico del controllato.

Dal canto suo il controllore, investito del potere messianico di scegliere il destino del controllato, fattosi scudo della legge, ha avuto pieni poteri su di lui; non possiamo dimenticare le centinaia di pratiche illogiche e inumane che abbiamo visto e vissuto in questi tre anni.

Per la Treccani il terrorismo è “l’uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine”; se avessimo preso la stessa enciclopedia stampata però almeno 40 anni fa, prima che il concetto di terrorismo mutasse, a fianco della parola violenza non avremmo trovato l’aggettivo illegittima ma indiscriminata, una differenza sostanziale.

Lo è quando la violenza serve a creare la paura nella società per veicolarne le scelte e poterla dirigere facendole prendere scelte irrazionali.

Le misure che in modo indiscriminato ci hanno colpito e che di fatto, dal giorno alla notte, ci hanno costretto in un regime di semilibertà, quando non peggio di carcerazione domiciliare, sono state norme violente, indiscriminate ma legittime perché legittimate dallo stato.

Il monopolio della violenza e del potere ha permesso l’affermarsi del sistema di gestione, controllo sociale e di vaccinazione forzata che però ha fortunatamente trovato persone integre che non si sono piegate di fronte a quelle pratiche illiberali ed estorsive.

A tre anni di distanza le evidenze sono chiare e l’aggettivo attribuibile a questa “strategia della vaccinazione” e dell’obbedienza appare fin troppo chiaro.

L’odio seminato ha fortunatamente fatto aprire a molti gli occhi, e se non sono ancora sbocciati molti fiori di libertà, le radici per una futura r-esistenza sembrano essere attecchite, perché ahinoi non mutando le condizioni sociali, ambientali della vita umana sulla terra questa pandemia non sarà la prima e non sarà l’ultima.

E ieri come oggi non staremo alla finestra.

Al prossimo scritto.

P.N.

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