Archive for the ‘Sicurezza e repressione’ Category

Una questione che riguarda tutti/e

lunedì, Marzo 6th, 2023

Una questione fra stato di polizia e nostre vite.

 

PROLOGO

Nel corso degli anni con la giustificazione dell’emergenza gli strumenti repressivi dello stato sono diventati sempre più forti.

All’inizio applica a categorie più marginali per poi piano piano espandersi a tutta la società.

Come, ad esempio, il Daspo: prima applicato agli ultras, e poi usato anche per chi porta avanti lotte sindacali.

Con la stessa logica anche il 41 bis è stato prima pensato per i capi mafiosi e poi applicato a tutte le persone (“pesci piccoli”) sospette di poter avere legami con correnti mafiose ostili allo stato.

Il 41 bis è uno strumento che riduce le persone alla follia creando danni psichiatrici e alienazione totale.

Il silenzio generale ha permesso il radicarsi di questa forma medioevale di privazione sensoriale e della libertà umana, facendola estendere anche a militanti sociali come brigatisti e ora ad anarchici e supposti scafisti. Ma non finirà qui.

 

MA CHE C’ENTRO IO?

Il suo uso si sta espandendo: tecnicamente si può finire sepolti per un contatto sbagliato o per assurdo solo perché ci si distilla la grappa in casa.

Entrando in un mondo senza diritto, per uscirne, la questione diventa complicatissima se non impossibile, nonostante non ci siano prove di alcun tipo.

Invece che essere l’autorità a dimostrare la tua colpevolezza devi essere tu a dimostrare la tua innocenza. In una spirale di discrezionalità che lascia a chi comanda piede libero e libertà intimidatoria degna dei peggiori regimi.

 

CONTESTO STORICO

Stiamo vivendo un periodo di forte recessione dal quale l’Europa non ne uscirà meglio, anzi si è in vista di un costante peggioramento sociale ed economico. L’era del boom economico (finanziato dagli Usa in chiave anticomunista) è definitivamente superata.

Inoltre, come si è visto in epoca Covid, gli strumenti di controllo sono enormemente aumentati. In tutto ciò una piccola fetta di persone, già ricche in precedenza, sta diventando sempre più ricca (Benetton, Agnelli..) a scapito del più rapido impoverimento delle classi sociali medio e basse. La privatizzazione dei sistemi assistenziali e sanitari ne è un chiaro esempio.

 

PROSPETTIVE

Stiamo tutti tranquilli ora. Va tutto bene, finché non ci troveremo con l’acqua alla gola.

A questo punto teoricamente sale l’indignazione sociale e la rabbia, che nella storia ha funzionato sempre da limite a politiche di estrema privazione.

Il problema è che questa possibilità è ciò su cui il “sistema” si sta muovendo. Sta infatti preparando un apparato repressivo e di controllo che, alla minima minaccia, possa immediatamente attivarsi per contrastare ogni opposizione concreta. Svilendo per confondere, minacciando e reprimendo senza limite, ogni contenuto che tratti in maniera autonoma di giustizia e libertà.

Quando non si potrà più protestare, se non nell’urna elettorale o nella sezione commenti di un post, i governanti avranno piede libero e potranno, ad esempio, decidere disgraziatamente di lanciare una leva obbligatoria da mandare al macello. Quindi nessuno avrà più nè spazio nè la forza di opporsi concretamente senza rischiare di venir seppellito in carcere.

 

QUALCHE MEZZA DOMANDA, SPUNTI SUL 41BIS

Il 41 bis ha risolto la mafia? Le stragi in Italia chi le ha compiute? La strategia della tensione dice nulla? I servizi segreti dello stato veramente posso essere deviati? E la P2 dei cari personaggi famosi?

E ogni settimana si legge di infiltrazioni mafiose..

E cos’è la mafia, o meglio dire le mafie? E che rapporti hanno con lo stato?

La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo è slegata dalla mafia?

Istituita da VII governo Andreotti, il famoso Andreotti, che mafioso lo era?

Al di là delle domande è chiaro che la mafia non è una cosa sola (come la massoneria). Ci sono le mafie. Potrebbe essere che quelle in sintonia con il potere non abbiano paura del 41 bis e magari potrebbero addirittura vederlo di buon occhio per mostrare una realtà distorta in cui il sistema è pulito e regolare.

 

CHI SE LO MERITA?

Chi deve scontare le pene dell’inferno fino a morire? Solo i “mafiosi”, gli “scafisti” e chi spara a dirigenti?

Oppure anche chi ha uno stuprato? Chi ha uno schiavizzato o torturato? Chi (come un mandante) ha fatto leggi che hanno avuto come conseguenza diretta numerose morti, sul lavoro, come in mare o in centri di detenzione libici? Chi specula e fa cadere autostrade? Chi ha deciso di mettere ordigni in mezzo alla gente comune e per uccidere il più possibile come Bologna o piazza Fontana?

Beh, in questi casi non c’è nessuno. E non c’è nemmeno mai stato chi ha sciolto famoso bambino, figlio di un mafioso, nell’acido, in quanto collaboratore protetto.

 

CHI C’È AL 41 BIS?

È un dato di fatto riscontrabile.

Persone che non possono o non vogliono collaborare.

I grandi capi di fazioni ostili allo stato (fatta esclusione di Toto Riina, in quanto mediaticamente irrecuperabile) non restano comunque al 41 bis, accettano le richieste e danno la collaborazione facendo qualche nome di basso profilo da mettere al proprio posto. Questi ultimi o non hanno nulla di utile da dire agli inquirenti o tutto da perdere parlando.

Credere all’etica della pena del 41 bis si può, ma è come credere al metodo giustizialista sanguinario di Robespierre, o credere che il Gulag sia stata una forma di difesa della libertà o ancora ritenere i campi di concentramento e di sterminio accettabili come forma emergenziale.

Così, in barba ad ogni supposto principio umano, come per il 41bis: “l’ importante è che ci finiscano le persone giuste”.

Credere che il 41 bis sia etico è credere che il male vada ripagato facendo ancora più male, senza alcun limite: diventa se analizzato bene un vezzo per giustificare il gusto di infierire su gente con già la croce addosso.

Possiamo considerare un mostro questo sistema che continua ad aumentare sanzioni, pene e divieti? Un mostro che farà tabula rasa di tutto ciò che non gradisce continuando a ingurgitare spazi di libertà fra le persone. E’ forse fantascienza?

Dal reprimere ferocemente il conflitto sociale al reprimere il confronto sociale il passo è brevissimo, e ci sono già le avvisaglie.

Pensate se i vostri “nemici” prendessero il potere con un tale sistema cosa potrebbe accadere.

 

MEMORIA

Qualche decennio fa con un sistema infinitamente meno repressivo nella vita reale si viveva peggio o meglio?

Chiedetevelo! E’ importante comprendere se questo continuo aumento di repressione ha migliorato o meno le nostre vite, oppure ci ha fatto diventare solamente più cupi e incattiviti.

Porsi queste domande è uno sforzo fondamentale per capire la direzione in cui stiamo andando.

Non serve richiamarsi a qualche stato scandinavo, che ha praticamente abolito il carcere per iniziare a pensare che bisogna invertire rotta all’interno del nostro modello culturale.

Le condizioni sociali generano la “criminalità” e non il contrario a meno che non giudichiamo criminalità lo stato in quanto tale.

La repressione è la cura dell’oppressore, la cura ai problemi che lui stesso genera. 

Una società senza abissali diseguaglianze, con rapporti comunitari diretti e umani previene la nascita di violenza cieca. Essa deriva solo dalla miseria culturale su cui il governo crea le basi della sua legittimazione.

Vogliamo vedere gente ridotta in miseria e arrestata per un pezzo di pane rubato in un supermercato? Vogliamo accettare in silenzio la nuova totalitaria accusa di terrorismo di piazza per chi protesta in maniera organizzata e risponde alla violenza dei celerini?  E’ questa la strada giusta?

 

COSPITO

Cospito nella sua partita è arrivato ad un punto focale: ha detto no a questa deriva orwelliana, preferendo lasciare la vita che vedersela tolta poco a poco.

Ha segnato, con il clamore della sua azione, che questa deriva esiste e si sta espandendo sempre di più.

Per questo riguarda chiunque. Perché le maglie della repressione e del controllo si stringe nella vita di ognuno, isolandolo. Perché economicamente stiamo sempre peggio e si fa sempre più fatica, e perché sarà sempre più difficile opporsi.

Si è sempre più soli e meno solidali con il prossimo.

 

Prendiamo atto da questa lotta!

 

Recuperiamo capacità di ritrovo non veicolato da strumenti di comunicazione di massa, ritroviamo forme libere di azione e confronto, scordiamoci del teatrino politico e stimoliamo forme di socialità diretta nei nostri contesti di vita.

 

Prima che sia troppo tardi.

 

Respira e cospira.

Atreyu:

Che cos’è questo Nulla?

 

Gmork:

È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il mondo. Ed io ho fatto in modo di aiutarlo!

 

Atreyu:

Ma perché?

 

Gmork:

Perché è più facile dominare chi non crede in niente.

 

La forza ondulatoria della democrazia

mercoledì, Ottobre 20th, 2021

Dallo scorso luglio, ossia dall’adozione del certificato verde o green pass, le piazze centinaia di piazze in Italia sono state animate da numerosissime proteste che hanno trovato spazio in centinaia di città dello stivale.

Due le piazze balzate alle cronache nazionali, Roma dove sabato 9 ottobre un corteo riunitosi per protestare contro la misura del certificato verde, guidato da esponenti dell’estrema destra, ha fatto irruzione dentro una delle sedi della Cgil cittadina e Trieste dove per una decina di giorni il porto e le piazze sono state oggetto di un presidio spazzato via degli idranti e dalle cariche delle forze dell’ordine.

Questi due eventi hanno reso evidente come le infiltrazioni sia per gli ennesimi episodi di cariche a freddo che per le infiltrazioni all’interno dei gruppi manifestanti. L’evidenza, ce ne fosse bisogno, è il filmato che ritrae un fedele servitore mentre scuotere un mezzo della polizia e poi con la stessa disinvoltura prende a pugni e ragazzo inerme fermato.

La ministro degli interni Lamorgese ha riferito al parlamento e durante l’informativa alla camera sui fatti di Roma ha letteralmente detto: ‘In realtà quell’operatore stava verificando anche la forza ondulatoria scaricata sul mezzo e che non riuscisse ad essere effettivamente concluso’.

Se questo aggiungiamo le parole del prefetto di Trieste che riguardo alle proteste della città alabardata si auspica che “Dobbiamo comprimere libertà di manifestare” e per renderla esecutiva “Firmerò ora un provvedimento in cui aggiungeremo piazza Unità d’Italia ai luoghi interdetti alle manifestazioni, almeno fino al 31 dicembre» “Nel bilanciamento degli interessi per me prevale il diritto alla salute sul diritto a manifestare” capiamo come non si possa davvero andare avanti così.

La rabbia monta sempre di più per questi professionisti della repressione e per il loro megafoni, novelli istituiti Lvce di queste menzogne di stato che vengono propagandate incessantemente.

La forza ondulatoria di questa democrazia malata terminale che oscilla tra la più feroce repressione e queste menzogne vergognose che in un paese normale sarebbero rispedite al mittente con altrettanta forza.

Pernice Nera

La strategia della tensione

lunedì, Ottobre 11th, 2021

Una premessa doverosa e probabilmente superflua per chi in questi anni si è approcciato a questo blog: con i fascisti di qualsiasi sorta non abbiamo nulla da condividere e il disprezzo nei loro confronti è grande quanto quello di chi li sta veicolando.

Detto ciò sui fatti di Roma, quando sabato 9 ottobre in occasione della manifestazione nazionale no green pass un gruppo di fascisti si è messo alla testa del corteo e sotto la sede della cgil di Roma ha contribuito a sfondarne il portone, abbiamo una riflessione da fare.

A Roma quell’accozzaglia neo fascista ha fin dai primi presidi spontanei chiamati dopo il decreto del 23 luglio contenente l’obbligatorietà del green pass e la proroga dello stato di emergenza al 31 dicembre 2021, presenziato a questi con l’esplicito intendo di mettere il cappello sulle auto indette manifestazioni. E fin da subito è stato lasciata agire indisturbato se non incentivata e sostenuta anche in considerazione della concessione di piazza del popolo a Roma.

Già assurdo è pensare come queste persone, colpite da una serie lunga di misure restrittive, deprecabili che non intendiamo avallare nemmeno nei confronti dei fascisti, come daspo, fogli di via e libertà vigilata abbiano potuto, lo scorso sabato, mettersi in prima linea in una delle manifestazioni più grosse indette contro il certificato verde e non siano state in alcun modo limitate nel loro agire da parte delle autorità deputate al controllo.

Autorità che, sicuramente informate, hanno attraverso chirurgici lanci di lacrimogeni e infiltrati (già è divenuto virale il video di uno di questi fedeli servitori che prima picchia un manifestante già fermato e poi è colto nello scuotere un furgone della polizia) esacerbato la situazione contribuendo ad orientare la piazza.

E l’utile idiota fascista proprio a questo è servito, delegittimare qualsiasi critica al lasciapassare sanitario agli occhi dei moderati e centristi di sorta e sollevare i sindacati concertativi, di cui la cgil è tra i principali, dalle responsabilità che sui tema narrazione e restrizioni pandemiche hanno.

Sarebbe sufficiente anche un’analisi superficiale per capire che questi provvedimenti (stato d’emergenza e lasciapassare sanitario in primis) non sono un tentativo di mettere un limite alla pandemia, che almeno nei numeri oggi non c’è, ma un regalo ai padroni e al loro potere di ricatto.

Ma questo sindacato che della lotta e della difesa dei lavoratori non ha che l’ ereditá di un tempo che non vuole ritorni (non è una caso che più della metà dei tesserati siano pensionati) e che sul tema specifico Covid ha perso bussola e forse confuso la difesa del posto di lavoro con la difesa dei lavoratori.

Un sindacato collaborazionista con il governo e i suoi provvedimenti (ad esclusione di buona parte della sua componente fiom), che in questi anni di mediazioni ha contribuito a devastare e saccheggiare il futuro di tanti lavoratori che oggi si trovano ulteriormente ricattati in considerazione anche del lasciapassare sanitario.

Chi ha vissuto in questi mesi di mobilitazioni spontanee ha potuto constatare la variegata composizione dei partecipanti e delle idee e delle motivazioni che li hanno spinti a protestare. Tante diversità accomunate dalla contrarietà all’obbligo di esibizione della certificazione verde e alle dinamiche decisionali parlamentari.

La retorica dei media di regime, strepitosi trombettieri del re Draghi, oggi strilla alla criminalizzazione di decine di migliaia di persone che in centinaia di piazze italiane sono scese pacificamente per protestare paragonandoli ai fascisti di forza nuova; ora che hanno trovato l’utile idiota e la pistola fumante, rappresentata dall’ ”assalto” alla sede della cgil potranno così dare il giro di vite che tanto serve per allineare anche gli altri pericolosi eversivi al nuovo pensiero unico del credere, obbedire, vaccinare.

Qualche anno fa questa situazione l’avrebbero chiamata con un nome specifico: la strategia della tensione che se da un lato serve per delegittimare qualsiasi forma di dissenso dall’altro sdogana una gestione della cosa pubblica illiberale, autoreferenziale e contro qualsiasi dinamica democratica.

In una parola: fascista.

Valsabbin* Refrattar*

Il nuovo decreto sicurezza 2: la questione migrante

martedì, Gennaio 5th, 2021

Prosegue con questo secondo scritto l’analisi del decreto legislativo 130/2020 dal titolo “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione e sicurezza” approvato al senato lo scorso 18 dicembre dopo un lungo dibattimento che ha visto anche le classiche sceneggiate parlamentari tipiche del teatrino della politica e passato sotto il nome di nuovo decreto sicurezza.

In questo articolo concentreremo le valutazioni sulle norme riguardanti il tema immigrazione.

La loro analisi non può prescindere da una considerazione di fondo, fondamentale, che abbiamo già accennato nel precedente articolo. Questo nuovo decreto non va a scardinare l’impostazione voluta dalla destra che lega il tema immigrazione al tema sicurezza sdoganando così il legame migrante-criminale, ma la recepisce e la modifica in funzione della necessaria propaganda del momento.

Il tutto nel vacuo tentativo di rendere illegale e inumano ciò che è umano e naturale, migrare; nel 2019 dall’Italia sono emigrate 131mila persone, il 40% sotto i 35 anni. Numeri non confermati nel 2020, anno in cui gli spostamenti sono stati bloccati a causa del virus, ma che pensiamo possano riallinearsi appena ci si potrà nuovamente muovere, essendo presumibilmente mutate in peggio le cause che hanno portato a questo esodo.

Cosa differenzia questa umanità migrante da quella che proviene da altri paesi o che sta seguendo la rotta balcanica o cercando di attraversare il Mediterraneo?

Tanti aspetti differenziano questa umanità, ma uno è sostanziale: la prima si può spostare liberamente la seconda no, perché è priva o privata dei documenti, passaporti, visti e carte bollate, ed è su questo principio di legalità e su questa impalcatura burocratica che si fondano questi decreti e si formano le barriere impenetrabili e i drammi di chi, per necessità, si sposta. Non è difficile constatare come imprenditori pakistani, libici, afgani e provenienti dall’Africa possano tranquillamente arrivare in Europa su un comodo volo charter.

Analizzando gli articoli del decreto riscontriamo aspetti conflittuali con il precedente, per esempio è stato previsto il ripristino del rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, cancellato col precedente, che amplia la platea di chi potrà richiederlo e che assieme agli altri permessi previsti potrà essere convertito in permesso di lavoro subordinato. Toglie dalle mani del questore il potere di discrezionalità nella valutazione dei “seri motivi” che possono portare al rifiuto o revoca del permesso di soggiorno, fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano, indicando così che le questure non stessero seguendo questi obblighi?

Introduce inoltre la figura dei migranti climatici, importante valutazione concettuale, ma che denota una dissociazione dalla realtà che vuole l’emergenza climatica globale e non localizzata in determinate aree, generalmente a sud.

Viene ampliata la possibilità di vietare l’espulsione dal territorio italiano per quei migranti che rischiano di essere sottoposti a tortura o trattamento inumano e degradante nel proprio Paese, ed è un cortocircuito normativo che venga previsto questo divieto proprio in Italia dove, anche in mancanza di una legislazione sulla tortura o che ne limiti l’impunità, gli stessi trattamenti sono stati e vengano quotidianamente applicati dalle forze dell’ordine. Sarebbe interessante che ci spiegassero quale trattamento “umano” viene applicato in carcere.

Per quanto riguarda l’azione delle ong sono state cancellate le sanzioni amministrative e la confisca delle imbarcazioni previste dal precedente decreto, ma sono stati aggiunti dei paletti sulla possibilità di movimento in mare e sull’obbligo di concordare le operazioni di recupero con le autorità italiane, nel tentativo di riportare sotto un controllo stringente e sotto le logiche utilitaristiche l’azione di queste realtà che perseguono fini diversi.

Quindi analizzando gli articoli possiamo dire che le modifiche contenute nel testo, seppur agli occhi dei più parrebbero più umane, nella realtà risultano miopi e perfettamente nel solco tracciato da anni di politiche vergognose, non ci possiamo dimenticare i lager di Minniti in Libia. Uno specchietto per allodole per questi sinceri democratici che presi dalla frega per avere cancellato i decreti della destra (schizofrenia al pari dell’abolizione della povertà dei loro attuali alleati di governo) voltano lo sguardo a ciò che le loro politiche criminali hanno fatto.

Uno stillicidio di scempi e crimini, di violenze contro l’indole umana migrante, mai accettata come fatto naturale ma semplicemente ri-normata da questo decreto sicurezza.

Valsabbin* Refrattr*

Il nuovo decreto insicurezza

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

Il nuovo decreto sicurezza e l’alienazione del sincero democratico.

Con questo articolo prosegue l’analisi delle politiche securitarie che in questi anni stanno segnando la vita legislativa italiana e in particolare con questo scritto ci vogliamo concentrare sul D.L. 130/2020 dal titolo “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione e sicurezza”, il nuovo decreto “sicurezza” approvato in senato lo scorso 18 dicembre e pubblicato in gazzetta ufficiale il giorno successivo.

“I decreti propaganda/Salvini non ci sono più” ha postato sui suoi social il segretario del partito democratico che così ha dato eco all’approvazione del testo; l’ennesima fake news in linea con la gattopardiana massima del “cambiare tutto per non cambiare niente”. Il testo è perfettamente allineato e schierato con quello precedente, non scardinando e non mettendo in discussione l’impostazione che vuole due temi diversi, sicurezza e immigrazione collegati nell’ abbraccio mortale concepito dalle menti razziste del precedente governo (per dovere di cronaca almeno per metà presente in questo).

In questo cortocircuito che ben rappresenta la pochezza di questa classe politica, interessante è l’analisi comunicativa conseguente la promulgazione; grande risalto mediatico è stato dato alla questione migrazioni per cui non sono mancati articoli, servizi tv e post, non un cenno però è stato fatto alla stretta repressiva in atto, in perfetta continuità con i precedenti decreti, perché è ciò che non dicono che deve preoccuparci non solo quello che passa sui media, sempre più e solo megafoni del regime democratico.

Sono sedici gli articoli di questo decreto che seguono il solco sempre più profondo tracciato dal precedente testo e che possiamo racchiudere in tre capitoli: sicurezza urbana, controllo carcerario e immigrazione. In questo articolo analizzeremo solo il primo.

La pubblica sicurezza, perfetto acronimo del controllo totale, viene allargata sempre più alle fasce povere e al dissenso, in particolare a quelle fasce che potenzialmente esasperate dalla crisi, ormai strutturale in questa economia malata terminale, potrebbero alzare o stanno alzando la testa.

Viene ampliato il daspo urbano, misura sperimentata nel mondo ultras e poi allargata e utilizzata per regolare ogni forma di attività non controllabile, che consiste nel divieto di accedere a locali o eventi pubblici o a manifestazioni sportive per un determinato periodo, anni solitamente. Questo decreto allarga l’azione del daspo anche a coloro che hanno riportato, negli ultimi 3 anni, denunce o condanne non definitive per questioni di spaccio effettuato in prossimità di punti “sensibili”, scuole, università o locali pubblici aperti al pubblico, praticamente ovunque. Una presunta pericolosità che può così essere definita arbitrariamente dalla questura o dalla prefettura di turno, elemento a nostro avviso direttamente collegabile all’impalcatura del codice Rocco approvato in piena epoca fascista e della strategia della prevenzione del dissenso, alla faccia del principio di innocenza fino a condanna definitiva.

E in attesa che l’Italia adotti una legislazione sulla tortura e sull’identificazione delle forze dell’ordine, oggi troppo spesso impunite per i loro innumerevoli soprusi, vengono inasprite le pene per coloro che risultano coinvolti in risse prevedendo che, nei casi di morte o lesioni personali, il solo fatto della partecipazione alla medesima risulti punibile con la reclusione da 6 mesi a 6 anni.

Nemmeno questa crisi ha portato ad una cancellazione del piano nazionale sgomberi o del reato di invasione di edifici ennesima riprova di quanto la povertà a loro faccia schifo; stessa cosa per il reato di blocco stradale, balzato alle cronache perché immediatamente applicato per le proteste dei pastori sardi e degli operatori della logistica, a significare da un lato che quel tipo di protesta fa davvero male a chi la subisce, forti sono i contraccolpi economici soprattutto delle aziende del comparto logistica sempre più attive in questo mondo sempre più tecnologico e orientato agli acquisti sulle piattaforme di e-commerce e dall’altro rende evidente il tentativo di riportare, attraverso questa spada di Damocle fatta di anni di galera e sanzioni pesantissime, sotto il controllo dei partiti o dei sindacati padronali quelle proteste spontanee.

E se nemmeno il daspo urbano, le multe e le varie forme di controllo preventivo riescono a fermare il dissenso ci penseranno i taser, la cui sperimentazione pare non avere un limite essendo estesa alla polizia locale delle città con più di 100mila abitanti. Una sperimentazione, neologismo che indica la quotidiana goccia di stricnina, attivata in poche città e che sarà destinata a essere strutturale nel distopico futuro, e forse presente, che pare profilarsi all’orizzonte.

Distratti dal tema migranti, stiamo assistendo ad un continuo assalto con armi convenzionali e non alla povertà, alle nostre libertà e al dissenso, l’ennesimo smacco di questa classe politica che ha completamente svenduto tutti i valori, tra cui l’umanità e la dignità.

Per questi sinceri democratici la sicurezza è fatta di polizia, impunità, controlli preventivi, repressione e taser e la nostra?

La nostra è fatta di libertà e per essere liberi è necessario dissentire e disobbedire.

Valsabbin* Refrattar*

 

 

Decreto insicurezza bis

giovedì, Agosto 15th, 2019

Con il presente scritto vogliamo proseguire l’analisi delle politiche securitarie approvate dal governo giallo verde in perfetta continuità con i precedenti governi, analisi trattata in questi quattro articoli pubblicati su questo giornale negli scorsi mesi.

Lo scorso cinque agosto il senato, con votazione compatta della maggioranza (movimento 5 stelle e lega) e voto contrario dell’opposizione, dato più da posizioni politiche che di reale opposizione nel merito, ha approvato il decreto sicurezza bis.
Lo stesso è stato immediatamente firmato dal presidente della repubblica Mattarella, che, subito dopo averlo firmato ne ha espresso particolari rilievi, chiedendo al parlamento di apportarvi alcune modifiche.
Analisi svolte da enti terzi hanno riscontrato evidenti violazioni della Costituzione e, come se non bastasse, hanno riscontrato violazioni anche di una decina di accordi e trattati internazionali, tra cui la Dichiarazione universale dei diritti umani (1948), la Convenzione europea sui diritti dell’uomo (1950), la Convenzione sullo Statuto dei rifugiati o Convenzione di Ginevra (1951), la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966), la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo (1979), la Convenzione Onu sul diritto del mare (1982), la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2000).
Il contenuto del decreto e le sue criticità erano ben note, la firma del presidente della repubblica poteva e doveva essere evitata, a maggior ragione quando queste politiche vanno a influire sulla vita o sulla morte di uomini e donne. La più alta carica dello stato questa attenzione la doveva avere.
Ma queste forse non sono valutazioni di nostra competenza quindi vediamo nel dettaglio cosa è il decreto sicurezza bis.
Il testo è composto da diciotto articoli che vanno a normare le due tematiche a cuore di questo governo, l’emigrazione e la repressione del dissenso nelle sue diverse forme di espressione.
Sul tema emigrazione sono state inasprite le sanzioni per chi offre solidarietà, con pene assolutamente sproporzionate.
E’ prevista una sanzione va da 150 mila euro fino a un milione per il comandante della nave “in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane” con l’aggiunta del sequestro della nave.
Non deve essere dimenticato che in gioco ci sia sempre la vita di qualche disperato.
Sono inoltre stati stanziati 500 mila euro per il 2019, un milione di euro per il 2020 e un milione e mezzo per il 2021 per il contrasto al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per operazioni di polizia sotto copertura.
Ma la cosa forse più vergognosa è che questo decreto abbia dato proprio al ministro dell’Interno (con un piccolissimo conflitto di interessi) il potere di applicazione di queste norme; testualmente, il ministro dell’interno “può limitare o vietare l’ingresso il transito o la sosta di navi nel mare territoriale” per motivi di sicurezza, quando si pensa che sia stato violato il testo unico sull’immigrazione e sia stato compiuto il reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
I dati dello stesso ministero, dipartimento di pubblica sicurezza, pubblicati il quattordici agosto certificano che dal primo gennaio siano sbarcate in Italia 4269 persone.
Che questi decreti, queste politiche, siano fatti per puri interessi elettorali è alquanto palese.
Per quanto riguarda la repressione del dissenso sono state praticamente raddoppiate tutte le pene per chi, durante manifestazioni pubbliche, compie atti che potrebbero comportare un pericolo della sicurezza dei partecipanti come il travisamento, l’utilizzo di petardi o fuochi e ed è stata aggravata la posizione per i condannati per devastazione e saccheggio.
Devastazione sono le grandi opere come il tav o il disastro del ponte Morandi, e saccheggio è l’ilva di Taranto o le tangenti legate alle grandi opere.
Il decreto sicurezza bis ha inoltre introdotto l’obbligo di comunicare all’autorità di pubblica sicurezza entro le ventiquattro ore, le generalità delle persone ospitate negli alberghi o in altre strutture recettive. Un passo avanti verso il grande fratello.
Sul tema repressione vogliamo ricordare che è dai fatti di Genova del 2001, dove lo stato italiano è stato condannato dai tribunali internazionali per tortura per i fatti della scuola Diaz o della caserma di Bolzaneto che si è più volte chiesto, oltre ad un’assunzione di responsabilità, una legge che la rendesse illegale e parallelamente è da molto che si chiede che le forze dell’ordine siano dotate dei numeri identificativi, come tra l’altra accade in quasi tutti i paesi europei.
Ma la risposta è che la sicurezza è un fatto unidirezionale.
Significativa è la storia di Paolo Scaroni che nel 2005 è stato macellato dalle fdo in stazione a Verona dopo la partita Verona Brescia e reso invalido al cento per cento e che, dopo quattordici anni non abbia visto alcuna condanna per i suoi carnefici. A luglio sono stati assolti per insufficienza di prove ed ha avuto un risarcimento di più di un milione di euro.

Lo stato che si assolve e che è pronto a pagare un rimborso, perché la vita delle persone, siano esse migranti, solidali o vittime di soprusi per lo stato è una mera questione economica.

La solidarietà espressa e praticata da chi lotta per un futuro migliore, non può essere monetizzata, troppo alti sono quei sentimenti di libertà e solidarietà, troppa è l’umanità per questa classe politica ben rappresentata da chi, con la bava alla bocca, brama sicurezza trovando sempre nel più povero il nemico da combattere.

Un pensiero per tante e tante riflessioni.

Valsabbin* Refrattar*

Decreto insicurezza: Pronti via!

giovedì, Febbraio 28th, 2019

Neanche il tempo di terminare le riflessioni sul tema e sono subito arrivati i primi effetti nefasti del decreto n°113 il cosiddetto “decreto sicurezza” approvato lo scorso 5 ottobre e analizzato in 3 articoli su questo giornale.

Due i fatti che abbiamo voluto collegare in questo articolo, la rivolta dei pastori sardi e il recente arresto di 2 imprenditori bresciani accusati di caporalato.

In questi giorni abbiamo assistito alle manifestazioni dei pastori sardi che si sono mobilitati e hanno bloccato l’intera isola, articolate attraverso pratiche diverse sempre non violente, che hanno visto blocchi stradali, blocchi dei tir carichi di merci estere e le eclatanti scene del latte gettato in strada.

Nell’immaginario più romantico il pastore è la raffigurazione della sacra tradizione ancestrale, del sacrificio, del lavoro, della famiglia. Ma attenzione. Un insieme di valori su cui è facile edificare l’ “italianità”. A pensarci bene non si tratta di valori italiani, ma di valori universali, riconducibili a donne e uomini di qualsiasi colore o provenienza, accomunati dal solo desiderio di provvedere al futuro dei propri figli e della propria casa, radicati nella propria terra (fino a quando non gli viene espropriata). Non credete?

Lavoro e sacrificio. Se non ci sono bandiere, ci si sente solidali con chi si rivolta in preda alla disperazione di non arrivare a fine mese.

Purtroppo, questo vale maggiormente se chi si rivolta è bianco ed è un lavoratore. Come è valso per i gillet gialli in francia (tutt’ora proseguono le manifestazioni), la cui protesta è dal primo momento parsa legittima al giudizio dell’opinione pubblica che ormai si misura facilmente sui social. E’ iniziata con il pretesto del prezzo della benzina, ma ha visto estendere le proprie rivendicazioni in termini di salari, tasse e diritti assistenziali ed è fortemente intenzionata a far cadere il governo Macron.

Ebbene, da noi la sommossa riguarda i pastori sardi e le proteste sono scoppiate per la richiesta dei pastori di reddito e dignità, chiedendo un prezzo del latte in linea con una vita dignitosa e un blocco dell’importazione di alimenti esteri che, costando meno, provocano il crollo dell’economia dell’isola.

Protesta cavalcata da chi è sempre in prima linea e a cavallo dell’opinione pubblica, ed è bravo a prendersi la parte. “Nessun manganello contro ai sardi”.

In realtà quella che si sta compiendo è una trattativa economica sui prezzi basata su vendita-acquisto. E’ bene non farsi prendere troppo dall’immagine bucolica del contadino contro i poteri politici (in questo caso, cosa mai dovrebbe rappresentare chi ha vinto le elezioni?). Si tratta di uno scontro legato a problemi di mercato, che vede i pastori come l’ultimo anello della catena di produzione per cui producono solamente la materia prima.

Questo trae origine dal fenomeno di colonnizazione della Sardegna, quando le industrie del nord italia operarono una privatizzazione crescente del territorio distruggendo quell’economia di sussistenza che integrava diverse attività agro-pastorali in un sistema comunitario.

Insomma erano sì poveri ma, si può dire, autosufficienti.

Si è poi affermata o meglio dire imposta, la produzione del pecorino romano la quale è destinata per la maggior parte a coprire i grossi consumi americani e che rende l’economia della Sardegna in stato di dipendenza.
Questo fenomeno è per intenderci lo stesso per cui in Africa le multinazionali impongono monocolture di cacao soppiantando foreste, boschi, villaggi, famiglie. E’ una tra le principali cause dell’emigrazione e quindi dell’impossibilità di sviluppo indipendente di paesi economicamente sottomessi. (Si digiti “land grabbling” per approfondire).


Le motivazioni di questa protesta non possono essere limitate alle seppur giuste rivendicazioni economiche; dietro a queste proteste c’è anche la forte critica all’occupazione militare della Sardegna, occupazione che vede i pastori dovere chiedere permesso ai militari per pascolare le greggi in terreni inquinati dal materiale bellico e che non possono neppure denunciare gli effetti catastrofici di questo inquinamento in primis agli animali e poi ai pastori stessi per non rischiare di vedere il prezzo di latte, formaggi e agnelli crollare. Alla faccia dei padroni a casa nostra.

La protesta dei pastori sardi ha suscitato sentimenti di empatia e solidarietà certamente anche da parte di noi valsabbin*.

 

Ma arriviamo al punto. Grazie al decreto Sicurezza, finito il clamore della protesta e passato il gran circo mediatico delle elezioni sono immediatamente scattate le denuncie per blocco stradale, reato depenalizzato nel 1999, ripristinato col decreto sicurezza e che prevede pene fino ad un massimo di 12 anni.
Effetto esattamente contrario di chi a parole mette prima la sicurezza o prima gli italiani e nella realtà è sempre stato dalla parte di chi mette prima il guadagno alla dignità.

Di chi non usa i manganelli sui sardi ma passa direttamente alle manette.

 

Veniamo ora all’altra notizia, proprio fresca fresca di questi giorni, che è l’arresto di 2 imprenditori brescianissimi accusati di caporalato.

Senza voler essere giustizialisti con la bava alla bocca, pare che i 2 titolari della società Demetra, supportati da novelli capò indiani, reclutassero operai da impiegare nelle imprese agricole conniventi tra la franciacorta e la bassa bresciana. Imprese agricole ovviamente italianissime.

La notizia di per sé non ci stupisce molto, la stagionalità e la durezza di certi lavori agricoli è stata spesso terreno fertile per queste forme di sfruttamento anche se il fenomeno è sempre stato più diffuso al sud che al nord.

Quello che ci deve fare riflettere è che, i luoghi di reclutamento di questi nuovi schiavi sono diventati i centri di accoglienza, e questi nuovi schiavi sono diventati questi emigranti che, peggio di prima, col taglio della formazione, dell’inserimento lavorativo e la trasformazione di permessi di soggiorno umanitari in lavorativi si trovano in balia del padronato sfruttatore.

Lavoratori privi di qualsiasi forma di sostegno e sostentamento costretti a lavorare per meno di 5€ all’ora in lavori stagionali, quindi concentrati in pochi giorni o poche settimane  che non garantisce la possibilità di avere un alloggio e che successivamente li costringe ad andare in mezzo ad una strada aumentando così la percezione dell’insicurezza.

Per capire quanto possano essere pagati, pensate che nella piana di Rosarno dove vengono sfruttati gli immigrati, un kg di arance destinate alla produzione delle lattine di aranciata viene acquistato dalla Coca Cola a meno di 7 cent.

Due eventi diversi tra di loro ma legati dalla volontà dello stato che, con la scusa della sicurezza, reprime qualsiasi manifestazione di dissenso, anche quelle mosse dal desiderio di una vita dignitosa e

della difesa del “made in Italy”,repressione che ha come fine la restaurazione di vecchie e nuove forme di schiavitù sempre a favore del potere economico.

Una vergogna verso cui non abbassiamo la guardia!

Alla prossima.

Valsabbin* Refrattar*

Decreto insicurezza: la questione migrante

martedì, Febbraio 5th, 2019

Con questo articolo continuiamo l’analisi delle norme contenute nel decreto sicurezza, approvato lo scorso dicembre, soffermandoci su quell’aspetto di “lotta all’immigrazione” in esso contenuto.

Le norme prese in considerazione in questo articolo sono quelle contenute nel titolo I: “Disposizioni in materia di rilascio di speciali permessi di soggiorno temporanei”.  Questa sezione si sviluppa in una ventina di capitoli, con l’intento di normare l’accesso, il concentramento, la selezione, e la messa a lavoro della manodopera migrante sul territorio nazionale.

L’analisi è assai complessa e richiederebbe molto spazio, cercheremo quindi di analizzare le situazioni dove è più evidente la contraddizione tra la propaganda con cui è ammantato questo decreto e la realtà normativa e sociale.

Lo facciamo partendo dall’articolo 2 “Prolungamento della durata massima del trattenimento dello straniero nei centri di permanenza per il rimpatrio e disposizioni per la realizzazione dei medesimi centri” dove vengono definite le modalità per la costruzione di quelli che possono essere definiti campi di concentramento, non meno brutali di quelli costruiti in Libia conseguenti agli accordi tra l’allora ministro degli esteri Minniti (Pd) e i vari clan libici.

 

In questi campi verranno rinchiusi i migranti al fine di selezionarli come forza-lavoro, o di espellerli incrementando così anche i profitti della macchina delle espulsioni. Citiamo testualmente: “Al fine di assicurare la tempestiva esecuzione dei lavori per la costruzione, il completamento, l’adeguamento e la ristrutturazione dei centri (…), per un periodo non superiore a tre anni (…) è autorizzato il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara”.

La solita Italia del malaffare dell’emergenza utile solo per fare profitto.

Viene inoltre prolungata la detenzione delle persone in attesa di espulsione, da 90 a 180 giorni, gran bel regalo per le cooperative ed i consorzi che si sono o che si aggiudicheranno gli appalti, ed ennesima menzogna di chi millanta di volere espellere tutti gli “irregolari” in tempi brevissimi.

Continuiamo poi con l’articolo 6, che tratta l’incremento dei fondi per finanziare il giro d’affari dei rimpatri. Anche qui citiamo testualmente: “Al fine di potenziare le misure di rimpatrio, il Fondo (…) è incrementato di 500000 euro per il 2018, di 1500000 euro per il 2019, e di 1500000 euro per il 2020”.

Senza entrare nel merito del concetto di rimpatrio ricordiamo solo che chi con una mano utilizza soldi pubblici per rimpatriare persone è lo stesso che con l’altra si è intascato 49 milioni di euro illecitamente e non si è nemmeno costituito parte civile nel processo ai ladroni, rendendosi così corresponsabile del furto. Quantomeno dubbia la sua posizione.

Da bambini ci hanno insegnato che è ladro chi ruba o tiene il sacco aperto ma anche chi si gira dall’altra parte per non vedere.

Se analizziamo l’affare che sta dietro al meccanismo delle espulsioni, i rimpatri prevedono costi e procedure onerosi il cui costo medio si aggira attorno ai 6000 euro a persona e rileviamo che, nel 2017, lo Stato ha realizzato 7000 rimpatri a fronte dei 32000 previsti. Dopo il “decreto sicurezza”, 40000 persone verranno espulse dai centri di “accoglienza” senza essere rimpatriati e senza documenti per lavorare entrando di fatto in una situazione di “clandestinità” (cifra che sarà destinata ad aumentare con il ridimensionamento della “seconda accoglienza”). Ci rendiamo così conto di quanta ipocrisia ci sia dietro ai discorsi della propaganda ufficiale e di come i problemi non vengano risolti e di come queste norme andranno solo ad aumentare il disagio sociale.

A partire dal capitolo 18, vengono articolati i nuovi permessi di soggiorno, con l’introduzione di cinque nuovi tipi: per protezione speciale, per calamità, per cure mediche, per atti di particolare valore civile e per casi speciali.

Tutti questi permessi sono caratterizzati dalla revoca di alcune misere tutele che erano garantite in precedenza, come l’impossibilità di accedere al servizio sanitario o alla difesa legale gratuita, fino ad arrivare alla riduzione del tempo di permanenza sul territorio nazionale.

L’intento è quello di trasformare il “profugo umanitario” in un migrante economico e come tale sfruttabile, con permessi di soggiorno sempre più precari e con tempistiche di permanenza legate alle esigenze dell’economia nazionale.

I cosiddetti “centri di seconda accoglienza” (SPRAR) ora potranno “accogliere” o solo minori non accompagnati (quindi le famiglie saranno deportate nei CPR centri di permanenza per il rimpatrio) o chi ha già ricevuto una delle tipologie di permesso di soggiorno temporaneo.

I cosiddetti “richiedenti asilo” verranno concentrati nei vecchi e nei nuovi CPR diffusi su tutto il territorio nazionale, un vero e proprio arcipelago di lager dove concentrare manodopera a disposizione di Stato ed imprenditori che lucrano sull’accoglienza, togliendoli dalla vista. Lo stato spenderà quindi soldi per la loro detezione anziché investirli in progetti di inserimento in cui lavorerebbe la gioventù formata italiana.

Alla faccia dei modelli virtuosi di accoglienza diffusa.

Ciò che è sicuro e che balza immediatamente all’occhio, è il regalo ulteriore fatto agli imprenditori italiani per avere a disposizione subito una grande massa di potenziali schiavi iper-ricattabili e che si dibattono in condizioni di sopravvivenza disumane. La classe imprenditoriale e terra tenente ricava profitto dallo sfruttamento della manodopera “clandestina” una media di 12,7 miliardi all’anno; nel mezzogiorno d’Italia “clandestino” è un lavoratore straniero su tre.

 

Negli ultimi anni, a causa degli accordi stipulati dall’UE con i governi di paesi che si affacciano sul Mediterraneo (Libia, Tunisia, Marocco, Egitto e Algeria e paesi di transito come il Niger), oltre che attraverso protocolli d’intesa tra le polizie, il controllo delle frontiere esterne funziona sempre meglio, con un calo degli sbarchi pari a -87,12% rispetto al 2016 e -80,42% rispetto al 2017 (dati del ministero dell’interno dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018 al 31/12/2018).

Guardando alla stretta sull’accoglienza, vediamo la diminuzione del finanziamento pro capite che passa dal tetto massimo dei 35€ a cifre che vanno dai 19 ai 26 € (il coupon giornaliero che arriva al migrante è di 2,50€, quando le cooperative rispettano le regole) e che comporta sempre meno servizi formativi ai migranti.

Con le nuove regole di accesso alle strutture d’accoglienza, si prediligeranno i grossi centri (Cas centri accoglienza straordinaria e Cara centri accoglienza per i richiedenti asilo) con una rimessa in discussione del (comunque poco utilizzato) sistema Sprar.

Vediamo come sia chiaro l’intento di non mettere “in sicurezza” la questione immigrazione ma anzi l’intento è quello di sregolare la gestione creando un migrante non istruito, a cui non viene insegnata una lingua, che non viene inserito in alcun percorso lavorativo, sempre più precario, insicuro e ricattabile. Spinto a delinquere per sopravvivere tornerà così utile al gioco politico messo in piedi

Abbiamo voluto chiamare questo articolo “questione migrante” con un chiaro riferimento alla tristemente nota questione ebraica.

Allora gli ebrei furono additati come anti patrioti, ladri e accusati di qualsiasi problema; per loro la propaganda portò all’approvazione delle norme che dapprima li isolarono e poi li eliminarono, norme speciali che furono pensate anche per le altre fasce o segmenti della società come per gli asociali, gli oppositori politici, i portatori di handicap, gli omosessuali insomma a tutti i “diversi“.

Oggi sappiamo come è andata, sappiamo quanta sofferenza c’è stata e sappiamo chi è stato sconfitto e come è stato sconfitto.

Sappiamo quanto disprezzo prova il potere per i poveri e come se ne serve per dividere la società potendo prosperare e fare affari impunemente.

Oggi le nostre armi vogliono essere una penna, una tastiera e un cervello pensante.

Non spegnete il cervello, non fatevi fregare dalla sicurezza, perché la storia ci insegna che le prime vittime della sicurezza sono i poveri e le nostre libertà.

 

Valsabbin* Refrattar*

Decreto insicurezza: caccia al povero

mercoledì, Gennaio 30th, 2019

Con questo secondo articolo continuiamo l’analisi delle norme contenute nel decreto sicurezza, approvato lo scorso dicembre, soffermandoci su quell’aspetto propagandistico di “lotta alla povertà” con cui si giustificano alcune di esse, e smascherando quella che nella realtà rappresenta un’ulteriore percossa ai poveri e alle loro manifestazioni di dissenso.

Parte di queste norme sono contenute nel Titolo III: “Disposizioni in materia di occupazione di immobili”, che verranno analizzate nel dettaglio; altre ne troviamo nella struttura con cui è stato pensato questo decreto, scritto nel solco di quelli approvati dagli ultimi governi.

Altro che “eliminazione della povertà”. Con il decreto Sicurezza e le modifiche che questo impone in materia di controllo sociale e gestione migranti quello che si profila è a tutti gli effetti ciò che senza imbarazzi possiamo definire una guerra dichiarata ai subalterni, volta a peggiorare le condizioni e le opportunità di vita dei meno abbienti – italiani e stranieri allo stesso modo – e a colpire chiunque alzi la testa.

Evitando fraintendimenti del tipo “e allora il PD?” precisiamo che l’acclamato decreto si va ad inserire in perfetta continuità con le politiche dei governi precedenti, condito solamente da una propaganda di diverso colore.

Dietro le quinte continua la costante riduzione dei diritti dei lavoratori e le manovre penali che vanno a colpire, come abbiamo visto nel primo articolo, le forme che si sono date maggiormente le lotte sociali nell’ultimo decennio, dal blocco stradale al corteo spontaneo, dal picchetto all’occupazione di immobili per far fronte all’emergenza abitativa.

 

A tal proposito il “Piano casa” del governo Renzi nel 2014 introdusse “Norme specifiche per la lotta all’occupazione abusiva di immobili”, bloccando la possibilità di richiedere la residenza e l’allacciamento a pubblici servizi di luce, acqua e gas a chi occupava una casa abusivamente.

Oggi col decreto viene colpita la possibilità di avere un alloggio per i poveri, aumentando considerevolmente le pene per gli occupanti, e prevede dei censimenti (di cui se ne occupano anche aziende a partecipazione privata) sulle occupazioni di immobili e dei piani provinciali per meglio eseguire i provvedimenti di sgombero.

Facile immaginare che al posto di ottimizzare, migliorare e meglio gestire le pubbliche assegnazioni di un alloggio, vengono sempre più colpite le lotte sociali.

Come abbiamo visto anche nel primo articolo, il disegno è chiaro ed è diretto a penalizzare pesantemente tutte le forme di dissenso.

 

Insomma, con il decreto Sicurezza il governo intensifica il controllo sociale e lascia sempre meno spazio di libertà e opposizione. Incappare in contravvenzioni o peggio in sanzioni penali è molto più facile per chi non ha niente dal momento in cui nessun diritto è garantito e il costo sempre più alto della quotidianità impone la necessità perlomeno di un lavoro stabile. Il prezzo della “sicurezza”, è accettare la precarietà.

 

A proposito di precarietà, sempre in linea con i governi precedenti, vogliamo aprire una parentesi sul reddito di cittadinanza, introdotto come una svolta sul piano sociale, ma che possiamo considerare come parte di un sistema di sfruttamento.

Basti pensare che per mantenere l’assegno è necessario accettare lavori proposti sempre più lontano dalla propria residenza accettando quindi la prima proposta dell’agenzia interinale di turno.

Questo inoltre, data la maggior incidenza della povertà nel Sud Italia, vede in maggior ragione la necessità di migrare al Nord, dove il costo di vita ha una soglia più alta rispetto alla somma erogata, inizialmente prospettata ad un massimo di 780 euro e ritoccata al ribasso con gli ultimi sviluppi.

Reddito di “cittadinanza” (che ricordiamo non è concesso agli stranieri con meno di dieci anni di residenza) che non concede, casomai fosse possibile, la possibilità di accumulo (risparmio mensile) ma deve essere interamente consumato.

 

Col decreto sicurezza la precarizzazione e la ricattabilità la troviamo applicata anche ai migranti che dopo il lungo iter hanno acquisito il permesso di soggiorno e per i “casi speciali” di rilascio del permesso di soggiorno che sono vincolati ad un contratto a tempo indeterminato per mantenerlo; cosa che ha una sua logica ma che ovviamente li rende soggetti a qualsiasi tipo di intimidazione, per la felicità di cooperative e consorzi che si aggiudicano i grossi appalti e lucrano sullo sfruttamento utilizzando il ricatto come arma contrattuale.

 

Veri e propri regali alle imprese che da parte loro ricevono invece finanziamenti dallo stato e quelle che sembrano norme anti-divano sono in realtà una spinta verso le grinfie delle agenzie per l’impiego e un affarone per i soliti noti.

 

Poveri italiani e poveri migranti che condividono lo stesso destino fatto di precarietà e sfruttamento, alla faccia di chi utilizza slogan come “prima gli italiani”. Ci si dovrebbe chiedere quali…

 

La propaganda a cui siamo abituati e sulla quale innegabilmente l’attuale governo ha costruito la propria politica non può che precipitare di fronte ai fatti: la sicurezza che vogliamo è fatta di casa, sanità, lavoro e dignità e la lotta di cui necessita è quella allo sfruttamento e alla precarietà che ci vogliono imporre.

Non di leggi che si accaniscono sul migrante, di polizia e telecamere, pistole

elettriche e sanzioni per chi manifesta un’idea diversa o chiede diritti.

Invitiamo a riflettere su come queste mosse di governo stiano fortificando un sistema di gerarchizzazione e sorveglianza, riducendo la possibilità di esprimere dissenso. E a pensare, perché un giorno potreste trovarvi a dissentire e scoprirete che sarà troppo tardi.

 

Arrivederci al prossimo articolo

 

Valsabbin* Refrattar*

Decreto insicurezza

giovedì, Gennaio 24th, 2019

Il 5 ottobre 2018 è entrato in vigore il decreto di legge n. 113 il cosiddetto decreto sicurezza, incluso tra i punti del “contratto di governo” stipulato dal Movimento 5 Stelle (che per semplicità nell’articolo abbrevieremo in m5s) e dalla Lega successivamente alla formazione del governo.
Il decreto, che incorpora misure sull’immigrazione, cosa alquanto strana e che già di per sé rende evidente l’intento propagandistico legando la sicurezza all’immigrazione, pone tra la sicurezza come punto fondamentale, con una serie di norme liberticide.
Questo è il primo articolo di tre che vogliono avere la presunzione di analizzare e criticare nella sostanza questo decreto, smontando pezzo pezzo l’alone propagandistico che lo circonda parlando nel dettaglio delle norme in esso contenute.
I 3 articoli tratteranno in ordine della lotta alla repressione e al dissenso, della non gestione della questione migrante e della lotta che da anni continua contro i poveri e non certo contro la povertà.
In questo primo articolo affronteremo quindi le norme che riguardano la lotta alla repressione e al dissenso contenute nel Titolo II del decreto, che riporta l’altisonante nome “disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa”.
Lo vogliamo fare partendo dalle norme repressive che estendono il campo di applicazione del daspo anche alle persone semplicemente indagate.
Il daspo (acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive) per chi non lo sapesse, è un provvedimento adottato per contenere e limitare l’accesso alle manifestazioni sportive degli ultras ed è stato esteso nel 2017 a molte categorie, categorie considerate socialmente pericolose come spacciatori o parcheggiatori abusivi ma anche a chi partecipa a manifestazioni pubbliche.
Con l’articolo 20 del decreto sicurezza si estende l’ambito di applicazione del divieto ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, fiere, mercati, spettacoli pubblici, e forse anche presidi sanitari anche a chi è solo indagato e considerando che il daspo è un provvedimento poliziesco emanato dal questore, dal sindaco o dal prefetto senza passare dal potere giudiziario, ci deve fare riflettere sull’intento che muove il suo utilizzo.
Fatto degli ultimi giorni è l’approvazione da parte del consiglio comunale di Lonato del daspo urbano a 13 persone che hanno avuto solo la colpa di presentarsi muniti di uno striscione ad un’assemblea indetta dalla Coldiretti sul tema della Tav.
In questo link trovate le motivazioni che hanno spinto il consiglio comunale ad approvare il daspo. Se questa non è repressione di una forma pacifica del dissenso non sappiamo cosa sia.
https://www.comune.lonato.bs.it/comunicato_stampa/applicato-il-%E2%80%9Cdaspo-urbano%E2%80%9D-ai-disturbatori-del-convegno-coldiretti
Il primo daspo urbano in provincia di Brescia è stato dato proprio nella nostra valle ad uno spacciatore di Idro. Riscontriamo che il suo temporaneo allontanamento non ha certo risolto il problema della droga in valle, ma questo aspetto forse ci fa balzare agli occhi che la repressione senza prevenzione non potrà mai risolvere un problema così, ma forse questo è un altro discorso
Continuiamo parlando delle norme che autorizzano la sperimentazione del taser per i comuni con più di 100000 abitanti. Il taser è una pistola che lancia una scossa elettrica che vogliono far passare come strumento contenitivo. In realtà è un’arma offensiva a tutti gli effetti e questo aspetto lo riscontriamo nelle ricerche effettuate nei paesi che già lo utilizzano. Negli stati uniti d’America si contano più di 1000 morti dalla sua introduzione e il 90% delle persone uccise con questa arma risultavano disarmate (dati Amnesty international). Al di là della sua mortalità, chi lo utilizza è consapevole e formato sulla sua pericolosità? Non ci è dato sapere.
Assurdo è poi l’innalzamento delle pene da 2 ad un massimo di 12 anni per chi effettua un blocco stradale, blocco stradale che è tra i principali metodi di manifestazione pacifica del dissenso.
Fa veramente ridere ed è dimostrazione di una pochezza politica che rasenta la malfidenza, la proposta del m5s che, per voce di Di Maio, elogia e offre la piattaforma Rousseau ai gilet gialli francesi che hanno fatto dei blocchi stradali fondamento della loro protesta. Protesta tra l’altro iniziata per l’aumento del prezzo dei carburanti, argomento trattato in campagna elettorale sia dalla lega che dal m5s e che una volta saliti al potere non ha avuto alcun seguito.
O come l’aumento dello stanziamento per più di 49 milioni di euro all’anno dal 2019 al 2025 per le forze di polizia e dei vigili del fuoco, aumento non giustificabile vista la diminuzione dei reati su scala nazionale.
Nel 2018 il dossier del Viminale sulla criminalità conferma il trend in negativo dei reati quali furti, rapine e omicidi (tranne gli omicidi di genere i cosiddetti femminicidi) quindi ci chiediamo, a cosa serva questo inasprirsi delle pene e questo aumento dei fondi agli organi di controllo e repressione?.
Sicuramente una stretta autoritaria è in atto e storicamente le restrizioni delle libertà personali sono state anticipatorie delle peggiori dittature.
Concludiamo questo articolo con questa frase di Benjamin Franklin, scienziato e politico americano vissuto nel 1700 ” Chi rinuncia alla libertà per raggiungere la sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza.”
Il disprezzo della classe politica, di chi possiede o vuole possedere il potere, oggi come allora risulta evidente e deve essere compito nostro fiutare gli imbrogli e opporci con qualsiasi mezzo a questi continui soprusi.
Arrivederci al prossimo articolo.

Valsabbin* Refrattar*