Una morte annunciata

Aprile 14th, 2023 by currac

Ha avuto grande risalto la notizia della morte di Andrea Papi ventiseienne di Caldes in val di Sole che, uscito di casa lo scorso 5 aprile per una corsa in montagna, è stato trovato privo di vita con evidenti segni di aggressione e che poi l’autopsia ha confermato essere provocate da un orso.

Un dibattito serrato si è scatenato e tanti sono stati i pensieri e i commenti che ho potuto leggere in questi giorni e con questo scritto ho deciso di mettere nero su bianco, alcuni pensieri che già qualche anno fa avevo scritto ma che purtroppo non avevo reso pubblici.

Facendo un passo indietro l’orso e i grandi carnivori in generale sono stati da sempre un pericolo per le fragili comunità alpine che appena hanno avuto la possibilità, ad esempio con la diffusione delle armi da fuoco, hanno provveduto a mettersi al riparo dalla natura di questi carnivori.

Si stima che nell’intero arco alpino negli anni 60 del ‘900 ci fossero una quindicina di esemplari scesi poi a tre-quattro concentrati nell’area occidentale del trentino ad inizio degli anni 90.

La reintroduzione del più grande plantigrado europeo s’è concretizzata col progetto Life Ursus che tra il 1999-2002 ha permesso il rilascio di una decina di esemplari provenienti dalla Slovenia, sette femmine e tre maschi, con la pretesa di poterli gestire attraverso radio collari, anche negli anni, attestando poi la popolazione vitale tra i 40 e i 60 esemplari.

Esistono delle differenze tra l’orso sloveno e quello “storico” italico sia dal punto di vista fisiologico, il primo presenta dei letarghi più brevi e un tasso di riproduzione leggermente maggiore, che biologico probabilmente spazi maggiori e meno disturbo antropico, anche venatorio, hanno reso l’orso sloveno meno diffidente e più avvezzo al contatto con l’uomo di quello autoctono abituato all’avversione dei montanari.

Oggi l’orso è presente in molte valli della provincia di Trento e in altre delle province confinanti, ufficialmente censito intorno ai cento esemplari, solo qualche decina radiocollarati, ma più verosimilmente vicino ai 150 esemplari; un numero destinato a salire con i piccoli partoriti ad inizio anno e non ancora censiti. Numeri ben diversi da quelli inizialmente auspicati nel progetto.

La reintroduzione dell’orso è stata fin dal primo momento ammantata da una propaganda martellante con al centro le tematiche relative al ripristino di condizioni di naturalità e biodiversità dell’ecosistema montano trentino ma che mai sono riuscite a nascondere le reali intenzioni di sfruttare il volano di questo progetto a livello pubblicitario, turistico e commerciale; molti sono i loghi e i nomi di attività pubbliche e commerciali che si richiamano al progetto.

L’accettazione acritica e passiva del progetto life Ursus ha portato con sé l’esplicita accettazione della trasformazione della montagna in un parco giochi non urbano e l’accettazione che questa e i suoi abitanti siano destinati ad essere spettatori di questo scempio a favore di un turismo colonizzatore, mondano e giornaliero.

In una parola insostenibile, da tutti i punti di vista.

Negli anni purtroppo poche sono state le voci dissenzienti e fa riflettere come esista una spaccatura tra chi la montagna la vive nella quotidianità, per esigenze economiche o di vita e chi la vive nei fine settimana o nelle settimane bianche e nelle escursioni-selfie.

Fa riflettere come contro chi si è permesso di porre solo delle domande, o dei dubbi sul progetto si sia creato negli anni un asse tra la galassia ambientalista (termine a mio avviso vuoto di significato, tra l’altro vorrei vedere chi non si dichiara così) e anticaccia, ovviamente anti-specisti, e la provincia di Trento e gli enti pubblici collegati che nella sua scelta ha mostrato come l’apoteosi specista, con le sue pretese di ripristino di una naturalità artificiale, ha prodotto questo disastro.

L’eterogeneità dei fini si potrebbe dire, ma pure nei mezzi, ossia nell’assoluta e colposa inerzia e immobilità di fronte agli squilibri creati che hanno portato, de facto, alla perdita di controllo sul progetto e sugli animali.

La scelta specista di considerare degli animali selvatici animali da cortile, gestibili e direzionabili, che ha come prezioso alleato l’anti-specismo di pancia, ignorante, nel senso etimologico, dei meccanismi biologici che regolano un ecosistema in buona parte snaturato dall’intervento antropico che ha come unica soluzione, forse un po’ nichilista, il non fare nulla perché la natura si autoregola. Chiaramente anche dopo una tragica fatalità.

Il colpevole della morte di Andrea Papi non è certo l’orso, colpevole solo di essere un orso con la sua natura e i suoi istinti, ma come per tutte le degenerazioni ambientali il colpevole è l’uomo.

Per la verità le responsabilità della morte di Andrea Papi, come di tutti i danni e i ferimenti che hanno sconvolto la vita di numerose persone, sono chiare e sono da ricercare all’interno di quella cerchia politica che ha voluto, sostenuto, attuato e tutt’ora implementato quei folli progetti chiamati life ursus o wolfalps.

Mandanti morali si potrebbe dire, o responsabili come avrebbero detto quando la differenza tra vittime e colpevoli era molto più netta, e quando il concetto di violenza, di vita e di morte nella civiltà contadina che ci ha preceduto era molto più chiaro.

Oggi la violenza quando non diretta e manifesta attraverso delle aggressioni è evidente a scapito degli allevatori spaventati e dagli armenti, sbranati dai grandi carnivori, che stanno irrimediabilmente abbandonando i pascoli alpini, e senza il pascolo scompaiono le condizioni per la nidificazione di alcune specie autoctone come, ad esempio, la coturnice delle alpi, degli apicoltori che per preservare i propri alveari già fiaccati dalle malattie e dalla chimica devono creare dei fortini elettrificati, della fauna ittica distrutta dalla costruzione di laghi artificiali per le neve artificiale, e di tutte quelle specie animali e vegetali che non potendo essere impiegate come volano mediatico e pubblicitario sono sacrificabili e destinate ad una lenta morte.

Sto pensando anche ad una specie alloctona come il muflone, bestia sacrificabile per l’alimentazione dei carnivori immessi, che introdotta con piani provinciali, nel quadriennio 2018-2022 in Trentino ha visto la propria popolazione censita scesa da 720 a 161 esemplari a fronte di un aumento esponenziale dei lupi; lupi che nei vicini appennini, finiti gli animali selvatici, si sono avvicinati ai centri abitati predando senza remore qualsiasi animale domestico, cani in testa.

Se umanamente posso essere dispiaciuto per gli orsi e i lupi, che a mio avviso devono essere comunque eradicati, dall’altra so bene che questa scelta è oggi ancor più necessaria per la folle idea della montagna cartolina, della natura fatta di panorami, di rifugi sempre più resort di lusso, delle foto di lupi ululanti al chiaro di luna sull’Instagram e degli orsi Yoghi e Bubu birbanti rovistatori tra i cestini dei turisti in campeggio.

È una questione di autodifesa.

La natura e la montagna per come le conosco sono ben altro, sono tanto generose quanto spietate e lo sono già abbastanza senza che vengano introdotti elementi come l’orso o il lupo.

La soluzione ad oggi prospettata per dare una risposta alla morte di Andrea è la stessa impiegata per gestire qualsiasi problema, renderla emergenza che giustifica i peggiori divieti e le peggiori scelte.

Da un lato si stanno pensando a delle restrizioni e dei divieti di accesso alle aree di presenza dell’orso, quindi, in sintesi di rinunciare a vivere la montagna nella sua totalità, come già avviene in certe zone dell’Abruzzo che però ha una densità antropica decisamente diversa al trentino (o magari lo si potrà fare attraverso un green pass?), dall’altra giustificando la soppressione di prima 4, poi 3, poi 50 orsi per la loro pericolosità sociale che dal 5 aprile questi hanno acquisito.

Scelte che scatenano così una risposta di pancia da parte di chi non ha ancora compreso dove davvero stia la violenza e che rendono bene l’idea di quanto questi dilettanti allo sbaraglio non vogliano in alcun modo risolvere il problema e di come la loro violenta non violenza, del loro immobilismo, sia più pericolosa del ripristino di quelle condizioni che hanno garantito più serenità a chi di montagna e anche delle sue asperità vive.

In questo nulla resta il dramma di una famiglia, di una madre che in una lettera lucida e toccante, ha definito la morte di suo figlio “una morte annunciata”, una lettera che mi ha colpito e mi ha spinto a scrivere queste righe.

Per Andrea.

Foto: Willy Verginer – Sculture silenziose

Bestiario pandemico per covidioti sintomatici

Marzo 14th, 2023 by currac

Una breve raccolta delle bestialità dette e fatte dai menestrelli della narrazione pandemica che col loro operato hanno garantito l’affermazione di uno stato di eccezione che ha rappresentato il primo passo verso il regime tecno-sanitario che appare all’orizzonte e che sta per travolgere le nostre esistenze.

La raccolta non ha la pretesa di essere esaustiva ma vuole fungere da bestiario a futura memoria.

A questa raccolta non seguirà una riflessione, le parole contenute si commentano da sole.

2020

31 gennaio: Giuseppe Conte nel rassicurare gli italiani con il più trito dei ritornelli: “è tutto sotto controllo”.

2 febbraio: Roberto Burioni, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, “in questo momento in Italia il rischio è zero”. A Fazio che gli aveva chiesto perché allora si vedessero in giro così tante mascherine, Burioni replicò ironicamente: “sarà per l’inquinamento”.

24 febbraio, Salvini su Twitter: “non è il momento delle mezze misure: servono provvedimenti serve l’ascolto dei virologi e degli scienziati, servono trasparenza, verità e un’informazione corretta, servono controlli ferrei ai confini su chi entra nel nostro Paese”.

27 febbraio un coerente Salvini in diretta su Facebook: «l’Italia riparte. Alla faccia di chi se la prende con medici, infermieri, governatori e sindaci, saranno ancora una volta cittadini, famiglie e imprese a salvare questo splendido Paese»

27 febbraio: Nicola Zingaretti, segretario del Partito democratico, promuove ai Navigli di Milano l’“aperitivo contro il panico” e sempre nella stessa giornata, Matteo Salvini segretario della Lega esortava a “riaprire tutto”, prodigandosi quindi in un lungo elenco: “fabbriche, negozi, musei, gallerie, palestre, discoteche, bar, ristoranti, centri commerciali

28 febbraio Luca Zaia lodando l’igiene italica afferma che: “la Cina ha pagato un grande conto di questa epidemia perché comunque li abbiamo visti tutti mangiare i topi vivi”.

Nei giorni della “Milano non si ferma”, il sindaco Giuseppe Sala profetizza: “Virus, ora si esagera. Diamoci tutti una calmata” (Libero), “Riapriamo Milano” (Repubblica), “Morti di Coronavirus in Italia? Zero” (Il Giorno).

24 aprile, Donald Trump in visione mistica propone: “Vedo che il disinfettante uccide il virus in un minuto. Un minuto. C’è un modo di fare qualcosa del genere, mediante iniezioni all’interno o una sorta di pulizia? Sarebbe interessante verificarlo”.:

Maria Rita Gismondo direttrice del laboratorio dell’Ospedale Sacco di Milano, definisce la Covid-19 “una problematica appena superiore all’influenza”.

Maggio: Matteo Bassetti, direttore della Clinica malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova dalla sua sfera di cristallo: “ora potrebbe essere diverso: la potenza di fuoco che aveva due mesi fa non è la stessa potenza di fuoco che ha oggi”.

2 maggio Vincenzo De Luca sul futuro della classe dirigente italica: “Mi arrivano notizie che qualcuno vorrebbe preparare la festa di laurea. Mandiamo i carabinieri, ma li mandiamo con i lanciafiamme”.

4 maggio, il quotidiano Libero nel titolo di prima pagina: “Il virus? A giugno sarà morto”.

23 maggio, il contagio secondo Giulio Gallera, assessore al Welfare della giunta lombarda: “per infettare me, bisogna trovare due persone infette nello stesso momento e non è così semplice trovare due persone infette che infettino me”. Dimostra di non aver compreso il significato del fattore più importante per valutare l’andamento dell’epidemia e, di conseguenza, per orientare le politiche di contenimento.

Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele di Milano e medico personale di Silvio Berlusconi: “Il virus è clinicamente morto”.

27 Luglio Vittorio Sgarbi: “Nei nostri ospedali non c’è più Covid“.

Agosto: un ispiratissimo Bassetti: “Chi dice che avremo una seconda ondata come la Spagnola fa terrorismo”.

9 novembre, sempre Bassetti, in piena seconda ondata, afferma che “il Covid è stato ingigantito”.

4 settembre, Burioni: «Devo purtroppo comunicare a tutti che cantare in coro sembra comportare un rischio molto alto di avere un focolaio epidemico».

14 dicembre, Maria Van Kerkhove, capo epidemiologa dell’Oms “Babbo Natale è immune al coronavirus e potrà viaggiare per consegnare i regali a tutti i bambini del mondo

2021

17 luglio: Giorgia Meloni su Instagram: “Il governo chiederà il green pass anche a chi sbarca ogni giorno illegalmente in Italia o le assurde limitazioni che vorrebbero imporre valgono solo per gli italiani?”. Lo sciacallaggio non ha limiti.

22 Luglio Burioni su Twitter: “Idea molto intelligente: tutti insieme a gridare, tutti non vaccinati, vicini e senza mascherina. Non si vogliono vaccinare, ma otterranno l’immunità (e il green pass) attraverso la malattia. Mi spiace per gli innocenti che infetteranno, ma non ci si può fare niente”.

25 luglio Burioni su Twitter: “Propongo una colletta per pagare ai novax gli abbonamenti Netflix per quando dal 5 agosto saranno agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci”

22 luglio: Mario Draghi a reti unificate: “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente: non ti vaccini, ti ammali e muori. Oppure, fai morire: non ti vaccini, contagi, lui o lei muore”.

10 settembre Salvini contro il green pass:”È il mestiere del vaccino: se io provo ad ammazzare il virus, il virus cerca di sopravvivere variando, mutando e reagendo al vaccino”.

14 ottobre: la libertà è sempre un vaccino più in là. Burioni: “In questi giorni la situazione della pandemia Covid-19 in Italia è a un momento della verità”.

17 novembre: un ispiratissimo Deluca, presidente della Campania: “Contro l’irresponsabilità dei no-vax, mi rimane solo il Napalm, il lanciafiamme l’abbiamo introdotto”.

21 dicembre: «Sì sì sì, sì sì vax, vacciniamoci» il coretto delle virostar Crisanti, Burioni e Pregliasco nella trasmissione di Radio1 “Un giorno da pecora”.

27 dicembre: Bassetti: “A breve avremo 100 mila contagi al giorno. Chi ha il raffreddore non può avere le stesse regole di chi ha la polmonite, altrimenti si blocca il Paese; se noi mettiamo in quarantena tutti i contatti potenziali di questi 100 mila positivi blocchiamo il Paese. Le regole sono quelle di due anni fa, andrebbero cambiate””.

2022

15 gennaio: Il Tar del Lazio si è pronunciato su un ricorso promosso da alcuni medici, che contestavano la validità della circolare del Ministero della Salute sulla Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-COV-2, nella parte in cui, nei primi giorni della malattia, prevede una mal intesa “vigilante attesa” e somministrazione di FANS e paracetamolo (principio attivo della Tachipirina) e in particolare nella parte in cui pone delle indicazioni “in negativo”, ossia sconsigliava ai medici di utilizzare determinati farmaci come l’idrossiclorochina. A 2 anni di distanza comincia a crollare il castello di carte della propaganda ufficiale.

Marzo: Bassetti su Rai Tre: “Forse ci siamo preoccupati troppo poco del virus nell’ultimo mese”.

8 luglio Bassetti e la strategia della tensione continua: “La variante indiana è più contagiosa di Omicron 5”

4 agosto: Bassetti  “Questo studio dei Cdc dimostra come la mortalità per Covid negli Usa sia stata importante negli anni 2020 e 2021” diventando “la terza causa di morte dopo malattie cardiovascolari e tumori

15 settembre: Roberto Burioni, insiste con una narrazione tossica su Twitter condividendo uno studio sulle varianti Omicron 4 e 5 che ne confermerebbe «la maggiore contagiosità, la capacità di infettare le persone vaccinate e/o guarita anche da Omicron 1 o 2 e purtroppo è prevedibile anche una maggiore patogenicità». La strategia della paura “whatever it takes”.

10 ottobre: Burioni ad una settimana dalla somministrazione dell’ennesima dose e positivo al Covd: “Il vaccino fa sì che io possa essere qui e non in ospedale, con febbre, tosse, mal di testa e una voce alla Barry White”.

26 settembre Crisanti eletto in Senato nelle file del Partito democratico: “Io eletto, manterrò impegni presi”… “Partito dovrà riflettere”

26 ottobre: Crisanti spiega esattamente la visione unitaria delle politiche di contenimento del Covid: “Sono state le regioni di centrodestra a mettere in campo misure liberticide. Prima hanno negato il virus, poi remato contro le misure per contenerlo”

19 dicembre 2022: Pregliasco all’incasso del lavoro propagandistico fatto: “Ci ho pensato su un po’ di tempo e alla fine ho deciso: mi candido a consigliere regionale della Lombardia nella lista civica con il candidato presidente del centrosinistra” (Pierfrancesco Majorino nda). Per completezza, poi non eletto.

2023

14 febbraio Bassetti pone le basi per la prossima pandemia: “Dopo tre anni abbiamo vinto la guerra”…”Ora preoccupa l’aviaria”

24 febbraio: Bassetti a braccio libero su facebook: “C’è chi spaventa la gente o cerca di consolare famiglie che hanno perso prematuramente i loro figli dicendo che c’è una correlazione tra morti improvvise nei giovani e vaccino per il covid, generando terrore per i vaccini e generando odio nei confronti di noi medici”. Nessuna pietà verso i morti per le numerose relazioni avverse.

2 marzo: La zona rossa avrebbe evitato 4000 morti. Dalla procura di Bergamo parto avvisi per 19 indagati tra cui Conte, Speranza, il governatore della Lombardia Fontana, l’ex assessore Gallera, il presidente dell’Iss Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Locatelli.

 

Lo stato mai si è processato e mai lo farà, non vi sarà mai giustizia senza Lotta.

 

Valsabbin* Refrattar*

 

Tra le varie fonti consultate:

ansa.it

wired.it

ilmanifesto.it

adnkronos.com

travisotoday.it

genovatoday.it

 

 

Continuità emergenziali

Marzo 9th, 2023 by currac

Prosegue con questo terzo scritto l’analisi, a tre anni di distanza dall’avvento della narrazione pandemica, con un prezioso contributo di Winston.

Rileggendo, a distanza di oramai tre anni, i testi da noi stilati ed editi nel pamphlet “Fine emergenza mai” abbiamo considerato l’opportunità di rilanciare e attualizzare alcune delle analisi allora formulate a caldo durante i primi mesi del periodo emergenziale pandemico.

Non senza una punta di vanagloria intellettuale, abbiamo infatti ritrovato nei nostri scritti dell’epoca chiavi di lettura rivelatesi più che valide alla prova degli eventi che si sono poi manifestati.

La principale tesi di fondo da noi proposta, invitava a trattare l’emergenza covid non come un oggettivo fenomeno transitorio, ma piuttosto come un grande esperimento di ingegneria sociale, politicamente gestito al fine di scatenare nella società mutamenti radicali nei rapporti fra potere e cittadino, aprendo la strada ad accentuatissime  forme di controllo e alla negazione generalizzata di diritti fondamentali.

Buona parte delle discriminazioni e delle prevaricazioni allora imposte, non sarebbero infatti state applicabili in assenza di un particolare clima di paura e senza una emergenzialità che le potesse in qualche modo rendere plausibili agli occhi di buona parte  dell’opinione pubblica.

Pur dando il giusto peso all’abominio concernente l’imposizione di pseudo vaccini che, oltre ad essersi dimostrati incapaci di fermare l’infezione, stanno manifestando un incidenza inaudita di effetti collaterali non raramente  gravi o mortali, ritenevamo e continuiamo a ritenere che il vero principale obbiettivo politico dell’intera vicenda pandemica fosse l’introduzione di ciò che abbiamo imparato a conoscere come green pass. Lo sdoganamento di tale certificato governativo di buona condotta, in assenza del quale nel nostro paese si è arrivati a spogliare gli individui persino del diritto al lavoro, crea un precedente che sarà senz’altro capitalizzato dal potere neoliberista. Per intenderci, riteniamo che il vero fulcro di tale potere non sia da ricercare nelle aule parlamentari delle nostre sempre incomplete democrazie, ma bensì nei consigli di amministrazione di corporazioni multinazionali, ormai capaci di sviluppare introiti superiori ai prodotti interni lordi delle nazioni che ne dovrebbero controllare l’operato.

Lo strumento che ci hanno voluto vendere, senza pudore e vergogna, come viatico di libertà, dopo averci previamente rinchiusi, si presta ad essere applicato per regolamentare in futuro numerosi altri ambiti della vita sociale; ciò prefigura la facoltà per il potere  di  controllare in forma totalitaria  il dissenso, rendendo accessibili diritti, che erroneamente ritenevamo intangibili, unicamente a coloro i quali supinamente seguono gli ordini che arrivano dall’alto.

Senza soluzione di continuità si è passati dall’emergenza sanitaria alla propaganda bellica, utilizzando gli stessi parametri di criminalizzazione dei divergenti, la stessa stigmatizzazione di chiunque sia ancora in grado di coltivare il dubbio, il medesimo tentativo a reti unificate di creare un monolitico pensiero unico, capace di imporre una sola fideistica verità. Ben prima che sotto i riflettori si portasse lo scontro aperto sui campi di battaglia (realmente il conflitto in Ucraina è da far risalire almeno al 2014) avevamo imparato a riconoscere nella gestione della psicopandemia l’utilizzo di termini e pratiche da periodo bellico, con tanto di coprifuoco, muscolari dispiegamenti di forze, creazione di pseudo eroi e pseudo disertori.

Non troppo in sordina avanza nel frattempo il cavallo dell’emergenza climatica, lo schema è sempre certamente  il medesimo , in nome di un bene superiore (la salute collettiva per il covid, la salvaguardia della democrazia per la guerra, la salvezza del pianeta per l’emergenza climatica) chi ci governa si arroga il diritto  di decidere come dobbiamo vivere e pensare, arrivando ad imporre scelte e sacrifici, penalizzando pesantemente i non allineati. Chiunque ancora abbia facoltà di analisi critica può facilmente cogliere l’ossimoro fra l’azione di un sistema di interessi   che tutto subordina alla ricerca del più spasmodico  profitto privato  e  la salvaguardia  di un superiore bene comune.

La cupola di potere che ci tiranneggia senza un tiranno, sta capitalizzando i vantaggi acquisiti in mezzo secolo di neoliberismo senza freni, per catapultarci in una sorta di tecno-feudalesimo, dove  solo i buoni sudditi potranno godere della magnanimità della nuova aristocrazia . Come apertamente ci dicono il nuovo suddito non possederà più nulla e sarà felice. Sotto attacco sono e sempre più lo saranno tutte le attività che permettono in qualche modo ad un individuo di salvaguardare anche solo in parte la propria indipendenza.

Chi, per cercare scudo da questa evoluzione del potere, semplicemente si appella allo stato di diritto non coglie fino in fondo che sono i rapporti di forza in una società a modellarne il campo.

Dopo che la pressione sui non allineati ha raggiunto picchi vertiginosi nella primavera dello scorso anno, ora la fiamma sotto le nostre chiappe si è fatta più tenue, ma noi non ci facciamo illusioni, non dimentichiamo e non perdoniamo le vessazioni subite restando in massima allerta. Realisticamente crediamo che quel distopico periodo non sia vicenda archiviata, ma aperto tentativo nella creazione di un percorso atto a sdoganare un nuovo metodo  di governo.

Mentre torniamo fisiologicamente ad assaporare aspetti della vita dei quali ci volevano privati, i nostri alti porporati, sulla carta garanti delle libertà costituzionali, certificano con motivazioni a dir poco risibili l’avvenuta violazione dell’inviolabile, spianando la strada a futuri attacchi alle libertà naturali.

Chi tace ora acconsente per sempre, solo una forte e attenta resistenza, individuale e collettiva, potrà sperare di garantire una vita degna di essere vissuta alle nuove generazioni.

Winston, febbraio 2023

 

Una questione che riguarda tutti/e

Marzo 6th, 2023 by currac

Una questione fra stato di polizia e nostre vite.

 

PROLOGO

Nel corso degli anni con la giustificazione dell’emergenza gli strumenti repressivi dello stato sono diventati sempre più forti.

All’inizio applica a categorie più marginali per poi piano piano espandersi a tutta la società.

Come, ad esempio, il Daspo: prima applicato agli ultras, e poi usato anche per chi porta avanti lotte sindacali.

Con la stessa logica anche il 41 bis è stato prima pensato per i capi mafiosi e poi applicato a tutte le persone (“pesci piccoli”) sospette di poter avere legami con correnti mafiose ostili allo stato.

Il 41 bis è uno strumento che riduce le persone alla follia creando danni psichiatrici e alienazione totale.

Il silenzio generale ha permesso il radicarsi di questa forma medioevale di privazione sensoriale e della libertà umana, facendola estendere anche a militanti sociali come brigatisti e ora ad anarchici e supposti scafisti. Ma non finirà qui.

 

MA CHE C’ENTRO IO?

Il suo uso si sta espandendo: tecnicamente si può finire sepolti per un contatto sbagliato o per assurdo solo perché ci si distilla la grappa in casa.

Entrando in un mondo senza diritto, per uscirne, la questione diventa complicatissima se non impossibile, nonostante non ci siano prove di alcun tipo.

Invece che essere l’autorità a dimostrare la tua colpevolezza devi essere tu a dimostrare la tua innocenza. In una spirale di discrezionalità che lascia a chi comanda piede libero e libertà intimidatoria degna dei peggiori regimi.

 

CONTESTO STORICO

Stiamo vivendo un periodo di forte recessione dal quale l’Europa non ne uscirà meglio, anzi si è in vista di un costante peggioramento sociale ed economico. L’era del boom economico (finanziato dagli Usa in chiave anticomunista) è definitivamente superata.

Inoltre, come si è visto in epoca Covid, gli strumenti di controllo sono enormemente aumentati. In tutto ciò una piccola fetta di persone, già ricche in precedenza, sta diventando sempre più ricca (Benetton, Agnelli..) a scapito del più rapido impoverimento delle classi sociali medio e basse. La privatizzazione dei sistemi assistenziali e sanitari ne è un chiaro esempio.

 

PROSPETTIVE

Stiamo tutti tranquilli ora. Va tutto bene, finché non ci troveremo con l’acqua alla gola.

A questo punto teoricamente sale l’indignazione sociale e la rabbia, che nella storia ha funzionato sempre da limite a politiche di estrema privazione.

Il problema è che questa possibilità è ciò su cui il “sistema” si sta muovendo. Sta infatti preparando un apparato repressivo e di controllo che, alla minima minaccia, possa immediatamente attivarsi per contrastare ogni opposizione concreta. Svilendo per confondere, minacciando e reprimendo senza limite, ogni contenuto che tratti in maniera autonoma di giustizia e libertà.

Quando non si potrà più protestare, se non nell’urna elettorale o nella sezione commenti di un post, i governanti avranno piede libero e potranno, ad esempio, decidere disgraziatamente di lanciare una leva obbligatoria da mandare al macello. Quindi nessuno avrà più nè spazio nè la forza di opporsi concretamente senza rischiare di venir seppellito in carcere.

 

QUALCHE MEZZA DOMANDA, SPUNTI SUL 41BIS

Il 41 bis ha risolto la mafia? Le stragi in Italia chi le ha compiute? La strategia della tensione dice nulla? I servizi segreti dello stato veramente posso essere deviati? E la P2 dei cari personaggi famosi?

E ogni settimana si legge di infiltrazioni mafiose..

E cos’è la mafia, o meglio dire le mafie? E che rapporti hanno con lo stato?

La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo è slegata dalla mafia?

Istituita da VII governo Andreotti, il famoso Andreotti, che mafioso lo era?

Al di là delle domande è chiaro che la mafia non è una cosa sola (come la massoneria). Ci sono le mafie. Potrebbe essere che quelle in sintonia con il potere non abbiano paura del 41 bis e magari potrebbero addirittura vederlo di buon occhio per mostrare una realtà distorta in cui il sistema è pulito e regolare.

 

CHI SE LO MERITA?

Chi deve scontare le pene dell’inferno fino a morire? Solo i “mafiosi”, gli “scafisti” e chi spara a dirigenti?

Oppure anche chi ha uno stuprato? Chi ha uno schiavizzato o torturato? Chi (come un mandante) ha fatto leggi che hanno avuto come conseguenza diretta numerose morti, sul lavoro, come in mare o in centri di detenzione libici? Chi specula e fa cadere autostrade? Chi ha deciso di mettere ordigni in mezzo alla gente comune e per uccidere il più possibile come Bologna o piazza Fontana?

Beh, in questi casi non c’è nessuno. E non c’è nemmeno mai stato chi ha sciolto famoso bambino, figlio di un mafioso, nell’acido, in quanto collaboratore protetto.

 

CHI C’È AL 41 BIS?

È un dato di fatto riscontrabile.

Persone che non possono o non vogliono collaborare.

I grandi capi di fazioni ostili allo stato (fatta esclusione di Toto Riina, in quanto mediaticamente irrecuperabile) non restano comunque al 41 bis, accettano le richieste e danno la collaborazione facendo qualche nome di basso profilo da mettere al proprio posto. Questi ultimi o non hanno nulla di utile da dire agli inquirenti o tutto da perdere parlando.

Credere all’etica della pena del 41 bis si può, ma è come credere al metodo giustizialista sanguinario di Robespierre, o credere che il Gulag sia stata una forma di difesa della libertà o ancora ritenere i campi di concentramento e di sterminio accettabili come forma emergenziale.

Così, in barba ad ogni supposto principio umano, come per il 41bis: “l’ importante è che ci finiscano le persone giuste”.

Credere che il 41 bis sia etico è credere che il male vada ripagato facendo ancora più male, senza alcun limite: diventa se analizzato bene un vezzo per giustificare il gusto di infierire su gente con già la croce addosso.

Possiamo considerare un mostro questo sistema che continua ad aumentare sanzioni, pene e divieti? Un mostro che farà tabula rasa di tutto ciò che non gradisce continuando a ingurgitare spazi di libertà fra le persone. E’ forse fantascienza?

Dal reprimere ferocemente il conflitto sociale al reprimere il confronto sociale il passo è brevissimo, e ci sono già le avvisaglie.

Pensate se i vostri “nemici” prendessero il potere con un tale sistema cosa potrebbe accadere.

 

MEMORIA

Qualche decennio fa con un sistema infinitamente meno repressivo nella vita reale si viveva peggio o meglio?

Chiedetevelo! E’ importante comprendere se questo continuo aumento di repressione ha migliorato o meno le nostre vite, oppure ci ha fatto diventare solamente più cupi e incattiviti.

Porsi queste domande è uno sforzo fondamentale per capire la direzione in cui stiamo andando.

Non serve richiamarsi a qualche stato scandinavo, che ha praticamente abolito il carcere per iniziare a pensare che bisogna invertire rotta all’interno del nostro modello culturale.

Le condizioni sociali generano la “criminalità” e non il contrario a meno che non giudichiamo criminalità lo stato in quanto tale.

La repressione è la cura dell’oppressore, la cura ai problemi che lui stesso genera. 

Una società senza abissali diseguaglianze, con rapporti comunitari diretti e umani previene la nascita di violenza cieca. Essa deriva solo dalla miseria culturale su cui il governo crea le basi della sua legittimazione.

Vogliamo vedere gente ridotta in miseria e arrestata per un pezzo di pane rubato in un supermercato? Vogliamo accettare in silenzio la nuova totalitaria accusa di terrorismo di piazza per chi protesta in maniera organizzata e risponde alla violenza dei celerini?  E’ questa la strada giusta?

 

COSPITO

Cospito nella sua partita è arrivato ad un punto focale: ha detto no a questa deriva orwelliana, preferendo lasciare la vita che vedersela tolta poco a poco.

Ha segnato, con il clamore della sua azione, che questa deriva esiste e si sta espandendo sempre di più.

Per questo riguarda chiunque. Perché le maglie della repressione e del controllo si stringe nella vita di ognuno, isolandolo. Perché economicamente stiamo sempre peggio e si fa sempre più fatica, e perché sarà sempre più difficile opporsi.

Si è sempre più soli e meno solidali con il prossimo.

 

Prendiamo atto da questa lotta!

 

Recuperiamo capacità di ritrovo non veicolato da strumenti di comunicazione di massa, ritroviamo forme libere di azione e confronto, scordiamoci del teatrino politico e stimoliamo forme di socialità diretta nei nostri contesti di vita.

 

Prima che sia troppo tardi.

 

Respira e cospira.

Atreyu:

Che cos’è questo Nulla?

 

Gmork:

È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il mondo. Ed io ho fatto in modo di aiutarlo!

 

Atreyu:

Ma perché?

 

Gmork:

Perché è più facile dominare chi non crede in niente.

 

LA LETTERA DI ALFREDO

Marzo 4th, 2023 by currac

LA LETTERA DI ALFREDO
La mia lotta contro il 41 bis è una lotta individuale da anarchico, non faccio e non ricevo ricatti. Semplicemente non posso vivere in un regime disumano come quello del 41 bis, dove non posso leggere liberamente quello che voglio, libri, giornali, periodici anarchici, riviste d’arte, scientifiche e di letteratura e storia.
L’unica possibilità che ho di uscire di qua è quella di rinnegare la mia anarchia e vendermi qualcuno da mettere al posto mio. Un regime dove non posso avere alcun contatto umano, dove non posso più vedere o accarezzare un filo d’erba o abbracciare una persona cara. Un regime dove lo foto dei tuoi genitori vengono sequestrate. Seppellito vivo in una tomba, in un luogo di morte. Porterò avanti la mia lotta fino alle estreme conseguenze, non per un “ricatto”, ma perché questa non è vita. Se l’obiettivo dello Stato italiano è quello di farmi “dissociare” dalle azioni degli/e anarchici/e fuori, sappia che io ricatti non ne subisco. Da buon anarchico credo che ognuno è responsabile delle proprie azioni, e da appartenente alla corrente anti-organizzazione, non mi sono mai “associato” ad alcuno e quindi non posso “dissociarmi” da alcuno. L’affinità è un’altra cosa.
Un anarchico/a coerente non prende le distanza da altri anarchici/e per opportunismo o convenienza. Ho sempre rivendicato con orgoglio le mie azioni (anche nei tribunali, per questo mi ritrovo qui) e mai criticato quelle degli altri compagni/e, tanto meno quindi in una situazione come quella in cui mi ritrovo.
Il più grande insulto per un anarchico/a è quello di essere accusato di dare o ricevere ordini. Quando ero al regime di alta sorveglianza avevo comunque la censura, e non ho mai spedito “pizzini”, ma articoli per giornali e riviste anarchiche. E soprattutto ero libero di ricevere libri e riviste e scrivere libri, leggere quello che volevo, insomma mi era permesso di evolvere, vivere.
Oggi sono pronto a morire per far conoscere al mondo cosa è veramente il 41 bis, 750 persone lo subiscono senza fiatare, mostrificati di continuo dai massmedia.
Ora tocca a me, mi avete prima mostrificato come il terrorista sanguinario, poi mi avete santificato come l’anarchico martire che si sacrifica per gli altri, adesso mostrificato di nuovo come capo della terribile “spectra”. Quando tutto sarà finito, non ho dubbi, portato sugli altari del martirio. Grazie, no, non ci sto, ai vostri sporchi giochetti politici non mi presto.
In realtà il vero problema dello Stato italiano è quello che non si venga a sapere tutti i diritti umani che vengono violati in questo regime, il 41 bis, in nome di una “sicurezza” per la quale sacrificare tutto.
Be’! Ci dovevate pensare prima di mettere un anarchico qui dentro, non so le reali motivazioni o le manovre politiche che ci sono dietro.
Il perché qualcuno mi abbia usato come “polpetta avvelenata” in questo regime.
Era abbastanza difficile non prevedere quali sarebbero state le mie reazioni davanti a questa “non vita”. Uno Stato quello italiano degno rappresentante di un’ipocrisia di un occidente che dà continue lezioni di “moralità” al resto del mondo. Il 41 bis ha dato lezioni repressive ben accolte da stati “democratici” come quello turco (i compagni/e curdi ne sanno qualcosa) e quello polacco.
Sono convinto che la mia morte porrà un intoppo a questo regime e che i 750 che lo subiscono da decenni possano vivere una vita degna di essere vissuta, qualunque cosa abbiano fatto.
Amo la vita, sono un uomo felice, non vorrei scambiare la mia vita con quella di un altro. E proprio perché la amo, non posso accettare questa non vita senza speranza.
Grazie compagni/e del vostro amore
Sempre per l’anarchia
Mai piegato
Alfredo Cospito

 

La resistenza di un professore “disobbediente”.

Marzo 4th, 2023 by currac

Ora che penso che i tempi siano maturi, per trarre spunti di ragionamento mi sono risolto a esternare alcune riflessioni e raccontare la mia esperienza umana e lavorativa nell’ambito del trascorso triennio pandemico.

La mia primissima reazione, come penso sia stata quella di molti di fronte ad una malattia sconosciuta e potenzialmente letale, è stata la paura, unita alla totale mancanza di fiducia nella capacità delle istituzioni di far fronte comune e di mettere in atto interventi pronti ed efficaci, conformi all’entità e alla gravità della situazione. Ho adottato dunque una mia personale linea di condotta volta all’autoisolamento, ancora prima che venissero imposte le chiusure, al fine di preservare la mia salute, quella dei miei familiari e dei miei amici, la cui frequentazione è stata da me interrotta spontaneamente in modo deciso. Ho aderito coerentemente alla scelta dei primissimi lockdown, utili a limitare il più possibile i danni nei confronti di un virus che nel breve periodo si era già rivelato devastante con gli ospedali al collasso. La situazione è degenerata con la chiusura progressiva delle scuole e l’adozione della didattica a distanza alla quale nessuno era realmente preparato. In un primo momento ho tentato di garantire una parvenza di continuità assegnando elaborati e disegni via mail, che dovevano essere consegnati con scadenze elastiche al fine di venire incontro alle difficoltà degli alunni, mentre per la parte teorica della mia materia, mi era impossibile sondare la reale preparazione dei ragazzi a causa della mancanza degli strumenti indispensabili per affrontare le lezioni online, in una materia come arte che richiede forse più delle altre la lezione in presenza.

Nella maggior parte del tempo libero ho studiato, letto e scritto molto per approfondire gli argomenti relativi alla mia materia, ho sperimentato nuove tecniche artistiche, convinto sin da subito che la pandemia sarebbe durata a lungo e che il tempo prezioso doveva essere fatto fruttare.

Conclusa la scuola, molto dubbioso se ascoltare le rassicurazioni relative al calo dei contagi, nonostante le aperture, forte del legame che mi lega al territorio, quasi giornalmente ho iniziato ad esplorare la rete di antichi sentieri perlopiù abbandonati, immerso nel silenzio e nell’isolamento totale. Raccogliendo frutti, erbe, funghi di cui sono a conoscenza, ho sconfinato in territori poco o mai praticati, convinto che la Montagna non dovesse essere solo vista come unica fuga dalla pandemia, ma anche come necessario e prezioso recupero di un sapere perduto, ricca di componenti mistiche intrise di una religione antica, amplificata dalla mia passione per il mondo contadino.

Con la fine di agosto, pur nella convinzione dell’opinione pubblica di un ritorno alla “normalità”, ero sicuro che sarebbe ricominciato tutto con l’arrivo del freddo ed era dunque indispensabile prepararsi per tempo alla clausura dell’inverno: così unitamente ai materiali per la pittura ho predisposto webcam e microfono per sostenere al meglio le lezioni online. Infatti, come previsto, con l’inizio della scuola e cambiata sede, si sono alternati i periodi di DAD alle chiusure per l’elevato numero di contagi. Con i permessi ci si poteva recare dal lavoro alla montagna vicina e questo mi dava la possibilità di continuare le uscite non solo sui monti di casa ma anche in quelli dell’alta valle, nel fitto di boschi immersi nelle brume autunnali o coperti dalla neve dell’inverno.

La difficoltà maggiore era rappresentata dalla scuola, unico ambiente a rischio nei periodi di lezione in presenza, problema aggirato adottando scrupolosamente mascherina, disinfettanti sempre a portata di mano e svolgendo lezione dalla cattedra praticamente incollata alla parete di fondo, accanto alla finestra aperta. Facevo volentieri ogni mattina il tampone prescritto, da me ritenuto sempre unico modo possibile e sicuro per tutelare la salute di chi mi stava vicino. Nel corso dell’anno scolastico, con le scuole nuovamente chiuse per la pandemia, ho organizzato un metodo di lavoro attraverso le lezioni online per cercare di operare al meglio e formulare dei voti attendibili e reali: facevo lezione nelle ore curricolari e con la disponibilità degli alunni, dedicavo gratuitamente interi pomeriggi alle interrogazioni a coppie, in tempi scanditi di mezzora ciascuno fino a sera. Un lavoro immane e faticoso del quale vado particolarmente fiero e del quale non sono mai stato riconosciuto. Intanto si iniziava a vociferare della scoperta di un vaccino, considerato già da molti speranzosi la soluzione definitiva alla pandemia. Dopo tante parole da parte di istituzioni e media fatte di incoerenza e cambi di rotta improvvisi, la ritenevo una soluzione molto fantasiosa e un gran poco credibile, consapevole che per la scienza, ci sarebbero voluti anni per conoscere ed elaborare una soluzione sicura, senza effetti collaterali, atta a contrastare efficacemente il covid. Eppure l’entusiasmo crescente e la propaganda mediatica martellante e violenta, seguita presto da decisioni politiche impositive, hanno scelto il vaccino come unica e sola strategia in grado di eliminare il virus, scartando a priori e mettendo al bando qualsiasi altra soluzione.

Dapprima consigliato è diventato presto obbligatorio prima per i sanitari, poi anche per gli insegnanti. Restando coerente alla mia scelta, che mi aveva già comportato numerosi sacrifici dal punto di vista lavorativo e sociale, sono rimasto fermo sulla mia posizione mentre tra i colleghi c’era chi sosteneva a spada tratta i provvedimenti dell’obbligo e altri, dapprima fermamente convinti nel contrastarli, vi si sono immediatamente sottomessi per i più svariati motivi. Questa mia decisione personale è stata sostenuta anche dalla convinzione che il ruolo di insegnante imponga l’educazione al pensiero autonomo e alla libera scelta. La fortissima chiusura mentale e propaganda mediatica non ha fatto altro che amplificare l’odio sociale e lo scontro tra le due parti, “provax” e “novax”. Da un lato la scienza, vista ora non più come ricerca e sperimentazione ma come fede incrollabile nel vaccino come unico dogma e dall’altra quelli contro, a prescindere dalla scelta: tutti “novax”, uniformati al pubblico più negazionista ed estremista che, sin dalle prime chiusure, manifestavano in massa senza alcuna sensibilità, rispetto o riguardo per la salute altrui. Inizialmente le spese sempre più alte per pagare i tamponi ogni mattina, successivamente anche il ricatto lavorativo, talmente ingiusto rispetto al tanto lavoro e sacrificio non ripagati, mi ha reso ancor più ostinato, intransigente e determinato a mantenere la mia posizione, ora per una questione di principio.

Riconosco di essere stato più fortunato di altri nel prendere le mie decisioni perché la mia famiglia mi ha sostenuto economicamente, ma conoscendo il mio carattere avrei adottato la stessa linea di condotta anche se mi fossi trovato in grave stato di indigenza. Le reazioni all’interno della scuola sono state le più diverse, dai pochissimi che comprendevano la situazione complessa, tra cui alcuni genitori che mi hanno manifestato la loro più genuina solidarietà e che ricorderò per sempre e ai quali va la mia più profonda riconoscenza, al silenzio e all’indifferenza della quasi totalità dell’organico scolastico fino ai più astiosi e inflessibili, che a stento tolleravano la mia presenza e “disobbedienza”, togliendomi il saluto e guardandomi entrare a scuola quasi schifati. Dopo il difficile abbandono delle mie classi, ho approfittato dei tre mesi di sospensione per continuare nello studio e nella ricerca.

Sono stato successivamente reintegrato a scuola e impiegato, come prevedeva il decreto, in mansioni diverse dall’insegnamento, con il divieto categorico di entrare in classe e addirittura di vedere i ragazzi, nella discriminazione e nell’indifferenza quasi totali. Questo nonostante fossi l’unico a garantire la sicurezza con il tampone effettuato d’obbligo, risultato in due anni di pandemia sempre negativo, mentre la quasi totalità dei colleghi vaccinati era a casa più volte contagiata e la scuola tentava di far fronte alla complicata situazione delle assenze in classe assumendo supplenti disponibili oltre le graduatorie esaurite. Essendo stato privato della mia qualità di insegnante, ho cercato tuttavia di mostrare la massima disponibilità e collaborazione nell’ambiente della segreteria, anche se assegnato alle mansioni più monotone.

Tornato quest’anno scolastico alla serenità di un ambiente lavorativo “normale”, auspico che questa mia esperienza, insieme a tante altre, forse più devastanti della mia, possa far capire quanto siano sbagliate e controproducenti le derive autoritarie, imposizioni e obblighi, che non hanno portato a nulla di buono se non alla conseguenza di amplificare odio e divisioni fra la gente e sono stati la negazione delle libertà e delle scelte personali, che dovrebbero essere perseguite sempre nel rispetto dell’altro ma anche con maggiore coraggio, determinazione e coerenza.

Baronchelli Giovanni

A tre anni di distanza

Febbraio 27th, 2023 by currac

A tre anni di distanza dalla comparsa nelle nostre vite della malattia che è passata alla storia come Covid-19 e in proseguimento del lavoro collettivo che ha prodotto la raccolta di scritti dal titolo “Fine emergenza mai” che fin dai primi giorni di marzo 2020 ha raccontato l’affermazione della narrazione pandemica e delle norme repressive e liberticide connesse, con questo scritto inauguriamo una serie di articoli che hanno la pretesa fare un punto della situazione oggi.

Oggi che per certi versi l’effetto lungo della stretta sanitaria pare avere perso il suo volano mediatico, ma non per gli effetti avversi ormai, normalizzati nella neolingua anglicizzata del long Covid, molti sono gli aspetti che ancora ci preoccupano e ci fanno riflettere.

Non certo da un punto di vista sanitario, gli effetti collaterali paiono non colpire chi non si è allineato al motto vaccino e moschetto democratico perfetto, ma in parte per lo stigma sociale che ancora in molti luoghi proprio quelle persone sentono addosso e in parte per la deriva autoritaria che questo regime ha preso.

La realtà dei fatti ha visto e vede pian piano sgretolarsi il muro di menzogne che lo stato ha costruito per mascherare la più grande operazione di maquillage sanitario di questo secolo.

La falsità dolosa del non ti vaccini, ti ammali, muori e fai morire pronunciata a reti unificate dal precedente presidente del consiglio Draghi dovrebbe fare esplodere di rabbia pure quelle persone che in questi anni hanno perso i loro cari; una menzogna accertata oggi da numerosi studi scientifici e supportata dai dati, pure da quelli pubblici.

Pure per la gestione dolosa delle cure, a cui si danno gli ovvi benefici del primo periodo, ma che non può farci dimenticare il mantra della tachipirina e vigile attesa, formula criminogena che è perdurata per oltre due anni e che ha de-facto posto nella scomoda posizione tutte le altre terapie fuori da quel coro. Che poi la tachipirina e l’attesa non sono certo una terapia ma come si è dimostrato anticamera dell’aggravarsi della patologia.

E quando non c’è stata la menzogna c’è stato il trattamento inumano dei più deboli e dei più fragili, costretti tra quattro mura negli ospedali o nelle Rsa, senza la possibilità di un contatto con l’esterno, privati degli affetti, spesso considerati soggetti sacrificabili ma ovviamente per il loro bene.

Queste menzogne accettate come dogmi religiosi da chi ha avuto verso la scienza l’atteggiamento cieco tipico dell’ortodossia militante, sempre pronta ad accettare le più grandi fantasie ammantandole di santa verità.

Se c’è una cosa certa è quella che tutti i progressi scientifici e non, sono avvenuti coltivando il dubbio verso lo status quo, l’esistente e il saputo.

Non dimentichiamo le bugie dietro la narrazione per cui una persona è sana fino a prova contraria e lo strumento per comprovare la non pericolosità sociale dei presunti rei è dimostrato attraverso un tampone. Il tampone strumento che, come sempre accade, sappiamo essere stato spinto per i soliti interessi economici dei pochi, la salute “whatever it takes” a qualsiasi costo, per il paziente. Tamponi che utilizzati a tappeto hanno dato forza e vigore alla narrazione ufficiale, sostenuta e sorretta anche da quelli “venuti dal basso”.

Pure oggi a grande distanza per accedere alle strutture sanitarie pubbliche, si è costretti ad esibire un certificato di buona salute, il green pass, che in fin dei conti corrisponde ad uno di buona condotta, il cui costo sia sociale che economico è sempre in carico del controllato.

Dal canto suo il controllore, investito del potere messianico di scegliere il destino del controllato, fattosi scudo della legge, ha avuto pieni poteri su di lui; non possiamo dimenticare le centinaia di pratiche illogiche e inumane che abbiamo visto e vissuto in questi tre anni.

Per la Treccani il terrorismo è “l’uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine”; se avessimo preso la stessa enciclopedia stampata però almeno 40 anni fa, prima che il concetto di terrorismo mutasse, a fianco della parola violenza non avremmo trovato l’aggettivo illegittima ma indiscriminata, una differenza sostanziale.

Lo è quando la violenza serve a creare la paura nella società per veicolarne le scelte e poterla dirigere facendole prendere scelte irrazionali.

Le misure che in modo indiscriminato ci hanno colpito e che di fatto, dal giorno alla notte, ci hanno costretto in un regime di semilibertà, quando non peggio di carcerazione domiciliare, sono state norme violente, indiscriminate ma legittime perché legittimate dallo stato.

Il monopolio della violenza e del potere ha permesso l’affermarsi del sistema di gestione, controllo sociale e di vaccinazione forzata che però ha fortunatamente trovato persone integre che non si sono piegate di fronte a quelle pratiche illiberali ed estorsive.

A tre anni di distanza le evidenze sono chiare e l’aggettivo attribuibile a questa “strategia della vaccinazione” e dell’obbedienza appare fin troppo chiaro.

L’odio seminato ha fortunatamente fatto aprire a molti gli occhi, e se non sono ancora sbocciati molti fiori di libertà, le radici per una futura r-esistenza sembrano essere attecchite, perché ahinoi non mutando le condizioni sociali, ambientali della vita umana sulla terra questa pandemia non sarà la prima e non sarà l’ultima.

E ieri come oggi non staremo alla finestra.

Al prossimo scritto.

P.N.

Legalità e Legittimità, il sinistro lato della sinistra

Gennaio 31st, 2023 by currac

Questo scritto vuole fornire un’analisi su quel pensiero di sinistra legato alla retorica costituzionalista e incarnato perfettamente dal Pd. Un percorso che dalle origini all’attualità è sempre più cambiato, diventando a tratti più conservatore della destra. Ora con l’emergere della critica, sollevata da Cospito, al 41bis nel discorso pubblico, questa degenerazione si vede sempre più chiaramente.

A fronte della sproporzione della pena, che nemmeno per gli autori materiali dell’attentato di Capaci è stato formulato questo capo d’accusa, pochissime sono state le voci critiche che si sono levate, al di fuori della galassia anarchica.

Ed è nell’assenza totale di critica da parte della sinistra istituzionale che si è evidenziata questa deriva.

Le origini della sinistra erano radicate nelle lotte sociali che vedevano nella legalità del tempo una fonte di ingiustizia e quindi non la ritenevano legittima, quantomeno in alcuni aspetti; basti pensare alle lotte per la casa e la terra, al concetto di potere oppressione e libertà e a tutti quei temi sociali che hanno alimentato diverse lotte a partire dalle origini dell’era moderna e contemporanea. Quello di sinistra era un pensiero critico caratterizzato da una tensione verso l’ordine stabilito legalmente.

Col tempo questo approccio è cambiato, man mano che da lotta diretta si è trasformata in ricerca del potere istituzionale tramite le delega. La difesa dello stato (prima visto con sospetto in odore di fascio) si è fatta lampante già nel caso di Tangentopoli e da Berlusconi in poi si è visto anche con l’emergenza Covid, nell’invocare repressione per chi non seguiva i dettami statali.

Si è iniziato da lì ad invocare le manette per gli avversari politici anziché la libertà per i “compagni”.

Unico argomento della sinistra istituzionale: difendere le leggi e chi le applica, con l’ipocrita benedizione della frase: “nate dalla resistenza”.

Quindi quello che è successo negli anni è che il focus della sinistra, che prima era centrato sulle condizioni sociali che stanno all’origine di certi comportamenti, è passato ad essere quello del rispetto assoluto dell’ordine stabilito, riconoscendo come legittima solo l’azione prevista dalla legge.

Che cos’è il dissenso se non si può separare il concetto di legalità da quello di legittimità? Quanta forza toglie alla possibilità di opporsi nelle lotte sociali questo pensiero?

Il cambiamento sociale ridotto ai modi previsti dalla legge, lo insegna la storia, svuota di legittimità l’azione e i movimenti, portando come conseguenza il mantenimento dello status quo e l’affermazione dell’autoritarismo nella società. Lo stato diventa autoreferenziale.

Ieri come oggi i ricchi hanno in mano il potere politico e statale, mentre le genti la capacità di opporsi inceppando il normale scorrere del tempo riappropriandosi della spontanea capacità di agire e organizzarsi. se questa possibilità viene tolta, con l’aumento della repressione e la retorica della fiducia totale nello stato, la tirannide ne è il risultato.

I rappresentati delle classi subalterne sono piacevolmente incastrati nel meccanismo lobbistico democratico e le loro genti, votando, credono di essere esse stesse attrici del potere politico statale. Senza vedersi in contrapposizione al potere perdono ogni “possibilità contrattuale” perché si credono fautori dello stesso.

Questa sinistra si aggrappa alla costituzione, rivendicandola come Stalin fece con la Rivoluzione d’ottobre, per poter alzarsi moralmente sulla sua controparte di destra, in una sfida a chi è più ligio all’ordine dell’altro. Trasformando il “giogo democratico” in una corsa verso lo stato di polizia.

E se una azienda fa migliaia di vittime queste poco valgono se era tutto a norma di legge, mentre se uno gambizza un lobbista responsabile di un possibile ritorno del nucleare dopo l’ennesima catastrofe nucleare (vedi Fukushima) è un abominio per cui la motivazione non merita nemmeno di essere presa in considerazione. Sale un atteggiamento di indignazione compiacente del sistema repressivo, democratico, che trasforma la sinistra nel primo giudice, di ciò che lei stessa era.

Forse manca il coraggio di capire da che parte stare, aldilà dell’ordine costituito. Manca forse quella lucidità nell’opinione pubblica democratica, come nei loro rappresentanti, che permette di capire cosa significhi il monopolio della violenza e riconoscere e dove sta la violenza nella società.

Se in un fiume in piena o negli argini che lo costringono.

Non stupisce quindi che un regime carcerario finalizzato a annichilire qualsiasi pulsione umana, considerato tortura anche da organismi internazionali, venga considerato democraticamente valido se non addirittura un pilastro della società dell’ordine democratico appunto, pilastro della destra ma anche della sinistra che lega legalità e legittimità in un abbraccio mortale.

“Nessuno” sente la puzza di un sistema marcio con “l’arresto” di Messina Denaro, “tutti” credono alla poetica e fantomatica della riabilitazione del carcerato, “nessuno” si sente preso per il culo, “nessuno” crede che il 41 bis sia una vendetta, una vigliaccata senza utilità.

L’importante è difendere le istituzioni che ci garantiscono la democrazia a costo di sacrificare qualsiasi libertà.

Traghettaci oh sinistra verso la nuova campagna di Russia!

“Compagni”! A noi!

 

Un uomo sepolto-Vivo

Gennaio 21st, 2023 by currac

Ha suscitato grande clamore l’arresto di Matteo Messina Denaro capo dei capi della Cosa Nostra siciliana che avrebbe preso le redini dell’organizzazione dopo la cattura di Provenzano e Riina.

Sotto falso nome in cura per un tumore è stato sorpreso e fermato in una clinica palermitana e subito trasferito al carcere dell’Aquila, dove, nonostante le sue condizioni di salute forse la sua storia ha prevalso, è stato considerato idoneo al regime carcerario più duro, il famigerato 41 bis.

Il 41 bis è una disposizione dell’ordinamento penitenziario introdotta nel 1986 durante la “guerra alla mafia”, ed è stata istituita con molteplici finalità tra cui limitare le manifestazioni di dissenso all’interno delle carceri e favorire il sistema premiante di delazione, dissociazione e pentimento dei mafiosi.

È doveroso constatare che in quasi 40 anni dalla sua istituzione non ha certamente contenuto i fenomeni per cui è stata propagandata, diversamente forse non si parlerebbe con così tanta enfasi dell’arresto di Messina Denaro, ma anzi come tutte le misure repressive introdotte con carattere temporaneo è finita per diventare strutturale e ha trovato negli anni un’applicazione maggiore.

Per la prima volta dalla sua istituzione, lo scorso ottobre, è stata affibbiata ad un anarchico, Alfredo Cospito già da 10 anni in carcere (di cui sei trascorsi in massima sicurezza) per avere gambizzato nel 2012 Roberto Adinolfi lobbista e amministratore di Ansaldo nucleare che da anni, in barba ai numerosi referendum sul tema, portava avanti l’agenda nucleare in Italia.

Durante la carcerazione Cospito è stato dapprima accusato di avere piazzato due ordigni esplosivi fuori da una caserma dei carabinieri a Fossano (Cuneo) nel 2006 e di essere “capo e organizzatore di un’associazione con finalità di terrorismo” (parlare di capo in un’organizzazione anarchica fa già ridere se non fosse tragico per le sue conseguenze) e poi condannato nei primi due gradi di giudizio per strage, che non ha provocato né morti né feriti ma solo dei danneggiamenti.

Lo scorso mese di luglio la Cassazione ha modificato il capo di imputazione condannandolo a strage contro la sicurezza dello Stato, che prevede tra l’altro il 41 bis e l’ergastolo ostativo il “fine pena mai” trattato anche in altri nostri scritti https://lavallerefrattaria.noblogs.org/post/category/gabbie-e-liberta/ .

Davanti a questa sproporzione, nemmeno per l’attentato di Capaci è stato ipotizzato questo reato, Alfredo Cospito e Anna Beniamino dal carcere di Rebibbia (coimputata e che come Cospito mai ha rivendicato l’azione di Fossano) hanno intrapreso uno sciopero della fame contro questa violenza.

Cospito è da dieci anni nelle mani dello stato, e da ottobre è sottoposto al carcere duro (come se ne esistesse uno morbido) senza potere beneficiare in alcun modo dei benefici penitenziari previsti per gli altri regimi detentivi.

Egli è senza legami con l’esterno, la posta è sottoposta a censura (quando arriva), d’altronde un capo degli anarchici non ravveduto è un problema, con l’ora d’aria limitata in un cubicolo di cemento e pure con restrizioni riguardanti la socialità con gli altri detenuti; immagino che il suo esterno sia nella mente, nel cuore e nei ricordi e a volte negli incontri col proprio avvocato.

Nemmeno le foto dei genitori morti può tenere nella sua cella, la burocrazia da questo punto di vista è tremenda e le vieta in quanto non è stato richiesto il riconoscimento formale dell’identità dei genitori da parte del sindaco del paese d’origine.

Di fronte a questa assenza di umanità viene da pensare quale sia l’intento di chi ha scritto certe norme..

Alfredo da quasi 100 giorni sta portando avanti una battaglia che sarà a suo dire “fino all’ultimo respiro” che pare purtroppo ogni giorno sempre più vicino, o almeno lo desumiamo dalle parole dell’avvocato che, riferendosi alle sue condizioni di salute, pochi giorni fa affermava: “siamo sull’orlo del precipizio”.

In questa società benaltrista, dove pur di non affrontare un problema si fa un continuo richiamo ad altri problemi sempre ben più pressanti del primo e che puntualmente non vengono mai trattati, un uomo, con la sua storia, è rinchiuso tra 4 mura.

Un uomo tombato che si vorrebbe morto, almeno dal punto di vista intellettuale, ma vivo, sottoposto ad un trattamento ingiusto e inumano, pensato per annichilire e svilire e per svuotare l’uomo di qualsiasi pulsione di libertà.

Un uomo vivo che sta mettendo la sua vita in pericolo, per ricordarci tra le tante cose quanto il regime democratico sia nella sua struttura fragile, ipocrita, violento e sottomesso ai più bassi istinti umani e quanto sia compito di tutti mantenere viva l’idea innata di giustizia e libertà che non troviamo espresse nelle carte costituzionali.

Un uomo vivo che col suo esempio, col suo sacrificio, sta mandando in soffitta qualsiasi idea di finalità rieducativa della pena mettendo in discussione l’esistenza stessa del sistema detentivo con tutte le sue insopportabili falsità.

Un uomo vivo, sepolto è ben altro.

In continuità

Dicembre 6th, 2022 by currac

Dopo lo stucchevole e vuoto teatrino della campagna elettorale, che ha visto i diversi schieramenti impegnati in un simulato scontro, si è arrivati all’insediamento del primo governo con le più profonde radici nell’estrema destra italiana, definito dai più sovranista e composto dall’unica opposizione e da due partiti che in questi anni sono sempre stati filogovernativi.

Sulle prime lo spauracchio fascista è stato agitato proprio da quei partiti, Pd in testa, che negli esecutivi “dei migliori” e di unità nazionale hanno voluto, sostenuto e approvato le peggiori leggi incentrate sulla discriminazione, sulla segregazione e sull’obbedienza premiante proprio analoghe a quelle dei più noti anni del primo novecento.

Proseguendo, ciò che viene definito centro-sinistra, ossimoro nel merito ma perfetta etimologia dell’incesto ideale, si è arroccato sulle solite posizioni autoreferenziali mostrando il trofeo delle “battaglie” sui diritti sociali e lasciando il corpo del morto fatto di lavoro, salute e libertà ben nascosto.

Analizzando quelle che possono essere considerate le diversità tra un prima e il dopo al di là di un linguaggio di cortesia, per rispettare la forma non certo i contenuti, i due periodi appaiono in assoluta continuità.

Il disprezzo della vita umana oggi è caratterizzato dal lessico della prima nota ministeriale che parla di “carico residuale” riferito alle persone migranti trattenute sulla nave e ieri è stato rappresentato dall’accordo siglato tra il ministro dell’interno italiano Minniti (Pd) e il Primo ministro libico Fayez al-Sarraj per la gestione dei flussi migratori e che già nel 2017 l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani lo ha giudicato “disumano”, avendo accertato che nei centri di detenzione per i migranti presenti in Libia (leggasi lager) si commettono ordinariamente atti di tortura e altre atrocità.

La continuità la possiamo udire nei venti di guerra provenienti da est, e la riscontriamo negli atteggiamenti di chi, ieri come oggi, sempre tenendo in alto il vessillo della difesa della democrazia e senza alcun passaggio parlamentare approva l’invio di armi e munizionamenti ai nazionalisti ucraini.

È l’emergenza dicono, è la guerra, nulla di nuovo si dirà se non che questa pietas esplode di incoerenza e di ipocrisia nei confronti di chi le bombe in testa le prende dal 2014 senza avere alcun appoggio internazionale e con la sola colpa di essere nel posto sbagliato e di chi oggi le prende meglio le riceve e che rischia nella quotidianità di essere vittima di questo fuoco “amico”.

Per questi pochi esempi, e se ne potrebbero fare molti di più, le ricette di questo governo cosiddetto di destra appaiono in perfetta continuità con i precedenti, pure per quelle misure emergenziali adottate durante il periodo pandemico, e che oggi lentamente vediamo assimilate dalla società.

Misure che oggi sono state completate con delle leggi ad-hoc per i renitenti e i resistenti, applicandole con la solita assenza di discrimine prima affibbiando reati associativi al sindacalismo di base e in ultimo, sulla base di un processo farsa, destinando al regime del 41bis l’anarchico Cospito colpevole di coerenza e dallo scorso ottobre in sciopero della fame per protestare contro quel regime volto all’annientamento delle più alte pulsioni umane.

Il tintinnio della campanella della finta alternanza che riempie le orecchie, gli occhi, il cuore e la mente dell’homo democraticvs, soddisfatto nel voto avendo così svolto il proprio dovere di buon cittadino, non potrà mai essere la musica che accompagna la vita di chi in quell’ora d’aria concessa fatica a trovare la propria boccata d’ossigeno.

La reazione lavora unita e compatta per annichilire qualsiasi forma di dissenso.

Loro in continuità con la repressione, noi come sempre per la Libertà.

41 Bis e la “Bara Bianca”

Dicembre 3rd, 2022 by currac

Nel democratico ordinamento italiano ci sono, oltre a retaggi della dittatura fascista (vedi codice Rocco), una serie di attrezzi liberticidi, inizialmente pensati come provvisori ed emergenziali, ma che sono rimasti, accumulandosi e sovrapponendosi col passare del tempo. In barba ad ogni supposto principio etico.

I più cruenti sono l’ergastolo ostativo, l’ostatività e la 41 bis.

L’ergastolo dura tecnicamente massimo 30 anni. Esiste però l’ergastolo ostativo che diventa un fine pena mai. Esci da morto, nel terribile burocratese fine pena il 99/99/9999.

L’ostatività non si applica solo all’ergastolo ma anche a altre sentenze minori. Fondamentalmente anche per un reato banale, una condanna a breve termine, l’autorità può decidere discrezionalmente di non farti più accedere ad alcun “beneficio” penitenziario in barba ad ogni supposto diritto.

Nel carcere ostativo ci sono persone che per raggiungere l’Europa in barca si son trovate per sbaglio al timone (qualcuno doveva pur farlo) e sono state accusate di tratta e rinchiuse con l’ostativo e qualcuno addirittura al 41bis. Un abominio ingiustificabile.

Nell’ostatività generalmente vale il principio che bisogna dare informazioni e queste devono essere ritenute utili per uscire dal vortice. Se una persona, o perché non ne ha o perché non ne vuole dare (per non mettere qualcun altro al suo posto o in pericolo gli affetti) rischia di non uscire più.

Con l’infamia si può uscire. Sappiamo appunto che è fuori chi ha sciolto il famoso bambino nell’acido.

Il 41 bis invece è una manovra che sempre si basa sul principio ostativo: per interromperlo devi fare ammenda riconosciuta o una delazione utile. Questo inizia con 4 anni e ogni 2 viene valutato.

E’ pura ritorsione.

Si è sottoterra in una piccola stanza senza più informazioni dal mondo esterno, ne tue notizie usciranno più, tutto è al minimo e fatto per opprimere.

Se l’avvocato trasmette informazioni su di lui in pubblico è radiato dall’albo. Si vive in una stanza angusta, non si può leggere quel che vuole e non si può comunicare con nessuno. Si ha un ora d’aria in un buco profondo 7 metri, con una rete che copre il cielo.

Viene impedito il suicidio, ed essendo costantemente controllati, i rinchiusi sono privati di ogni strumento per tentarlo. La luce del sole non la vedono più e il senso del passare del tempo si perde. Si è come chiusi in una bara aspettando la morte.

Da chi l’ha conosciuto appunto si mostra chiara l’ipocrisia di questo trattamento, che è peggiore della pena di morte.

Chi ha sparato sulla folla a Macerata, tra non molto uscirà e mai gli è stato applicato il 41bis. Questo perché comunque se l’è presa coi più deboli e non ha minacciato le istituzioni.

Alfredo Cospito invece ha sparato nelle gambe a un delegato di una società che, nonostante il disastro di Fukushima, fa lobbying per tornare al nucleare.

A lui nessuna pietà, un eretico che non segue le gerarchie imposte, tramite un processo “farsa” gli hanno attribuito un’altra azione, un petardo che senza fare male a nessuno, è stato messo, contro una scuola di carabinieri.

Lui rivendica i suoi atti, e questa oltre all’assenza di prove non l’ha mai rivendicata. Ma è stato comunque condannato su pressione della D.N.A.A.*. Chi difenderà mai pubblicamente un simile eretico?

15 anni per il primo processo e poi ergastolo, forse fine pena mai. Ed ora visto che nel carcere speciale, comunque, esprimeva il suo pensiero, un pensiero comunque integro, hanno deciso di azzittirlo spedendolo alla 41bis.

A lui è rimasto solo il suo corpo per portare avanti una lotta, ed ora è in sciopero della fame contro questa barbarità. Deciso ad arrivare fino alla fine.

Che la libertà torni ad essere un faro e che giustizialismo e legalitarismo smettano di traghettare la società verso antri sempre più bui.

41 bis è TORTURA

 

*La D.N.A.A. è una specie di super polizia dal giudizio sacro. Chi ci finisce nel mirino ha poche possibilità. Bastano piccoli reati o amicizie “sbagliate” per essere accusarti di collusione con relativa ostatività. Il suo giudizio influenza i processi.

È stata pensata per contrastare la mafia, ma poi estesa a qualsiasi cosa possa essere suppostamente ritenuta una minaccia allo stato. Per capire quanto è pulita questa organizzazione basta capire chi l’ha istituita: Andreotti.

 

Un sistema che fa acqua

Luglio 16th, 2022 by currac

San Nicolò Po (MN), il fiume Po in secca per la grave  siccità 2022-03-28

Sta destando preoccupazione la situazione idrica nel nord Italia, da settimane si rincorrono notizie sempre più catastrofiche legate alla siccità, ai record di temperature e alle conseguenze sull’agricoltura.

Dalla Marmolada, alle immagini del Po in secca e dei campi della pianura padana resi desertici fino al lago d’Idro considerato bacino artificiale da chi l’arsura di acqua l’ha nel dna una riflessione è indispensabile per uscire dalla retorica vittimistica imposta dal mainstream.

E la facciamo partendo da uno studio internazionale volto al calcolo di quella che è definita impronta idrica, ossia il consumo di acqua dolce da parte di una popolazione per produrre beni specifici, che attesta tra gli 11 e 15mila i litri di acqua necessari per produrre 1 Kg di carne contro i circa 360 Lt per produrre l’equivalente peso di verdure.

Un’enormità che ci deve far riflettere e prendere coscienza dell’assoluta insostenibilità del sistema, non solo perché a parità di consumi garantirebbe una produzione vegetale in grado di soddisfare il fabbisogno di una popolazione prossima a 8 miliardi (togliendo così la famigerata fame nel mondo), ma anche perché i costi non in etichetta li paghiamo comunque da un lato con i finanziamenti pubblici che sostengono e drogano il sistema e dall’altro dai costi che oggi sta pagando l’ambiente dove viviamo.

A fronte di una richiesta di acqua folle e non più supportata dalle precipitazioni la ricetta del mondo agricolo, per bocca del presidente nazionale Coldiretti, è fatta di nuove opere, di tanti invasi artificiali che garantirebbero riserve per i mesi più critici, sommando così al problema idrico quello della devastazione delle opere fatte su spinta emergenziale che andranno così ad aggravare piccole porzioni di un territorio già allo stremo delle forze.

Una visione, quella del mondo agricolo, miope sicuramente inficiata dalla ricerca del profitto e della massimizzazione della produzione, whatever it takes (ad ogni costo), in primis sulla pelle di animali costretti a vite violente, ma conformi alle norme europee sul benessere animale e in seconda battuta sulle nostre vite.

Piccolo inciso, si deve pensare che le norme sul “malessere animale” prevedono per gli allevamenti di polli da carne un massimo di 33 kg di animali per metro quadro (pochi cm quadri a capo) e per i suini di 160 Kg, prossimi alla macellazione, di condurre le loro esistenze in un metro quadro di spazio, mangiando e defecando praticamente uno contro l’altro; e la cosa che fa più arrabbiare è che gli allevatori nostrani le vorrebbero ancora meno stringenti.

Non una parola dal mondo agricolo riguardante lo spreco delle acque e della rete idrica che letteralmente fa acqua; l’Italia è tra le prime in Europa per lo spreco della risorsa, e si badi non si auspica la totale revisione di un sistema distributivo ormai privatizzato ma la blanda richiesta di ottimizzazione della risorsa acqua.

La quasi totalità delle coltivazioni cerealicole lombarde e in genere della totalità della pianura padana, è utilizzata per l’alimentazione animale, vacche da latte, bovini da ingrasso, suini e avicoli. In aggiunta ai diserbi, ai concimi chimici, alla meccanizzazione e alla quasi totale dipendenza da produzioni cerealicole e di soia estere che di fatto hanno mostrato quanta ipocrisia e falsità ci sia dietro al fantomatico “made in Italy”, abbiamo sempre più la convinzione che se venisse considerato l’impronta idrica e in generale l’impatto ecologico di questo sistema nella sua interezza dovrebbe essere fermato domani mattina, per la nostra salute e la salute dei nostri paesi.

Il sistema non fa acqua, ne richiede con sempre maggiore quantità per abbeverarsi con una voracità seconda solo a quella della guerra, i cui collegamenti magari li approfondiremo in un prossimo scritto.

È chiaro ed evidente, e pure auspicabile, che l’allevamento intensivo come lo conosciamo oggi debba finire e finirà, al pari di quelle professioni come il carbonaio o il lustrascarpe o marginali come il calzolaio o l’arrotino, e che oggi troviamo raccontate nei musei etnografici, grande lascito dei saperi e degli errori da non ripetere del passato.

Pernice Nera